#Ucraina. Putin prevarrà, probabilmente, ma non vincerà

Il conflitto gli darà, alla fine, ciò che vuole, a breve termine; ma l’isolamento culturale e persino fisico della Russia, e la durezza delle sanzioni, anche se mitigate dall’aiuto della Cina, mineranno la sua credibilità nel paese.
BRUCE LEIMSIDOR
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Come docente di relazioni internazionali a Ca’ Foscari a Venezia, e avendo molto spesso soggiornato, come visiting professor, sia in Ucraina sia in Russia, mi è stato chiesto dagli studenti il mio punto di vista sull’attuale conflitto tra Russia e Ucraina e le mie previsioni sull’esito del conflitto. Devo dire, per cominciare, che le mie opinioni, su questo tema, potrebbero risultare non del tutto obiettive. 

Sostengo fortemente l’Ucraina in questo conflitto, condanno l’invasione di Putin e aborro la tragedia della guerra in generale. Ho anche amici e colleghi in entrambi i paesi coinvolti. I miei contatti in Ucraina sono tutti con maschi adulti, ed è loro vietato lasciare il paese e sono soggetti a una forma o l’altra di coscrizione. C’è chi vuole unirsi alla lotta, mantenendo la professione o imbracciando le armi; c’è chi preferirebbe andarsene. Indipendentemente dalla loro posizione, e dalle mie particolari simpatie, temo sinceramente per la loro sicurezza. 

Amici russi mi hanno coraggiosamente fatto sapere la loro opposizione a Putin e alla sua guerra, a rischio di essere perseguiti da una nuova legge che condanna chi si esprime contro il conflitto, o addirittura lo chiama “guerra”. Altri sono rimasti in silenzio, ma spero che almeno la maggior parte di loro si opponga all’invasione di Putin in Ucraina. Ma dopo tutto, i miei colleghi e amici in Russia sono tutti accademici o intellettuali con un alto livello di istruzione; non gente comune. I miei coraggiosi amici russi hanno sostenuto inequivocabilmente che la popolazione russa è contro l’invasione dell’Ucraina, ma va detto che forse vivono in un’opposizione dentro una “bolla” intellettuale. Io, naturalmente, spero che la loro valutazione sia fondata.

Comprendere il conflitto russo-ucraino implica la comprensione del conflitto tra diritto internazionale, da un lato, e argomentazioni culturali e storiche, dall’altro. Putin ha sottolineato i legami storici, etnici e linguistici tra Ucraina e Russia, sostenendo che questi elementi li rendono un paese unico. I media occidentali, sbagliando, hanno erroneamente controbattuto che ce ne è abbastanza, di differenza culturale, tra Russia e Ucraina per giustificare l’indipendenza di quest’ultima. Anche i dirigenti ucraini hanno preso questa strada, sostenendo che Putin sta commettendo un genocidio contro la cultura del loro paese.

Se però si sostiene, come ha fatto Putin, che queste somiglianze culturali e le connessioni storiche sono sostanzialmente più forti delle differenze, è senza dubbio vero. Ci sono fatti come la storica Rus’ di Kiev e la reciproca comprensione delle lingue ucraina e russa (ci sono dialetti italiani e tedeschi che sono più distanti dalla lingua standard che non il russo e l’ucraino). La cucina ucraina e russa sono molto, molto simili (anche se personalmente preferisco la versione ucraina!). Il punto è che tali questioni semplicemente non hanno importanza. Almeno dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, e forse anche dalla Prima guerra mondiale in poi, sono i trattati concordati a livello internazionale, il diritto internazionale, a definire una nazione e i suoi confini. La cultura e la storia sono, a tutti gli effetti, irrilevanti. L’Ucraina ha dichiarato ufficialmente la sua indipendenza nel 1991, e questa mossa ha ricevuto il riconoscimento internazionale, anche da Boris Eltsin, per la Russia e l’Unione Sovietica, in pochi mesi. 

I confini di una nazione e la sua stessa definizione come tale sono stabiliti dal diritto internazionale, spesso anche senza particolare riguardo per i fattori etnici, culturali, linguistici o storici. I confini di gran parte dell’Africa sub-sahariana sono stati tracciati dalle potenze coloniali praticamente in totale disprezzo delle secolari divisioni etniche, tribali, religiose o culturali. Dopo l’ondata di indipendenza africana negli anni Sessanta, sono scoppiate guerre proprio a causa di confini indifferenti alle culture, ma, alla fine, i confini fissati dai colonialisti hanno prevalso, o, si può dire, il diritto internazionale ha prevalso sulle divisioni culturali.

Gli italiani non dovrebbero avere tanti problemi a capire la natura a ben vedere arbitraria dei confini nazionali, per cui le divisioni culturali hanno importanza molto minore. I progetti separatisti, motivati culturalmente, della Lega Nord di qualche decennio fa sono praticamente dimenticati nell’Italia contemporanea; i suoi sostenitori attuali, ironicamente, sono a favore di un nazionalismo radicale tricolore, e la xenofobia è ora rivolta all’immigrazione africana e asiatica. 

A livello puramente emotivo, pochi italiani, anche i più nazionalisti, sosterrebbero che le differenze culturali regionali non sono importanti. Ci sono probabilmente più forti somiglianze culturali tra paesi separati, tra Germania e Austria, o Belgio e Francia, che tra Lombardia, Sicilia e Venezia. Quasi tutti gli italiani parlano l’italiano standard, a casa, o anche al lavoro, ma quando si eccitano per qualcosa, ricorrono spesso al loro dialetto locale. I genitori dei miei amici milanesi non mangiavano nemmeno gli spaghetti (un tipo di pasta diffuso in meridione, e la pasta stessa non era tanto presente nelle tavole in Lombardia) fino a dopo la Seconda guerra mondiale e la migrazione dei meridionali al nord. Ma pochi italiani, forse nessun italiano considererebbe queste differenze culturali o linguistiche regionali determinanti per l’identità nazionale. Quell’identità nazionale si è formata attraverso un processo legale e politico che è iniziato nel 1861 e si è concluso nel 1918. Nonostante differenze culturali considerevoli, pochi italiani, direi nessuno, mettono seriamente in discussione la propria identità nazionale da allora. Gli italiani comprendono, che ne siano consapevoli o meno, l’importante differenza tra identità nazionale e cultura.

Va notato, tra parentesi, che nei pochi casi nel mondo contemporaneo in cui si è data prevalenza alla cultura rispetto al diritto internazionale, ne è derivato un conflitto interminabile, o almeno una tensione seria e permanente: per esempio Israele/Palestina; India/Pakistan; Armenia/Azerbaijan; Cina/Taiwan.

Manifestazione a sostegno dell’Ucraina a Lisbona, Portogallo

A parte i vincoli imposti dal diritto internazionale, gli argomenti di Putin sono persino irrilevanti e incoerenti da un punto di vista culturale. Nel corso del Ventesimo e del Ventunesimo secolo, in virtù dell’immigrazione che è andata intensificandosi e di intricati processi politici, molte nazioni sono diventate sempre più “plurali” culturalmente. La venerazione dell’Unione Sovietica, intensamente multiculturale, da parte di Putin, la sua insistenza sull’essere un’unica cultura e nazione russa unificata, incorporando l’Ucraina e forse anche altre repubbliche ex sovietiche, è in definitiva contraddittoria. Niente di tutto ciò ha coerenza intellettuale.

Ma, purtroppo, l’incoerenza intellettuale e le violazioni del diritto internazionale non significano che Putin non prevarrà in questo conflitto. In poche parole, a questo punto, Putin non ha via d’uscita. Diplomaticamente, politicamente, non può permettersi di ritirarsi. Allo stesso modo, l’Ue, la Nato e gli Stati Uniti non hanno modo di entrare. A meno che Putin non attacchi direttamente un paese della Nato, l’Occidente può e vuole farsi da parte e non rischiare un confronto militare diretto con una grande potenza atomica. Non importa quanto coraggiosamente gli ucraini resistano, non importa quanto siano gravi le perdite russe, o quanto siano gravi gli errori militari di Putin, la potenza militare della Russia, o meglio, di Putin è più che forte abbastanza per prevalere. L’Occidente non avrà altra scelta che accettarlo.

Naturalmente, l’Occidente continuerà ad applicare sanzioni alla Russia e, personalmente, a Putin e alle sue coorti. La partecipazione della Nato e dell’Ue alle sanzioni, anche se dopo, ricordiamolo, lunghi negoziati, è probabile che s’indeboliscano quando le sanzioni inizieranno a riverberare sulle loro economie. L’euro, dall’applicazione di nuove e maggiori sanzioni, ha già perso un valore apprezzabile rispetto al dollaro americano. E poi c’è la Cina.

Il cinese Xi è stato vistosamente ambivalente riguardo al sostegno diplomatico alla Russia in questo conflitto. Molto probabilmente, va detto, è poco più che una posa. Xi ovviamente non ha una posizione etica o morale su questo tema, poiché la moralità è stata raramente, se mai, un fattore determinante nella politica estera cinese. Sarà difficile resistere al sostegno economico e commerciale alla Russia da parte della Cina, via via che diminuirà il pungolo delle sanzioni occidentali, e aumentando la dipendenza della Russia dalla Cina. Anche mettendo da parte la questione di Taiwan, che ha certi parallelismi con il conflitto Russia-Ucraina, è senza dubbio nell’interesse di Pechino ridurre la Russia di Putin a vassallo economico e politico. 

Ciò che sembra quasi certo è che il popolo russo, non solo gli oligarchi presi di mira, soffrirà acutamente a causa del considerevole acuirsi delle difficoltà economiche causate dalle sanzioni. Inoltre, le relazioni delle istituzioni culturali ed educative russe con le loro omologhe occidentali saranno con ogni probabilità tagliate dalle sanzioni o anche da boicottaggi volontari. Gli accademici ucraini hanno già sostenuto con urgenza un boicottaggio delle università russe da parte delle istituzioni educative occidentali. Quanto questo sia saggio, o intellettualmente giustificabile, è discutibile; bloccare l’interscambio intellettuale è difficilmente una strada efficace per la pace. Ma molto probabilmente avrà effetto. Non tutti gli sforzi da parte ucraina sono lodevoli, ma le sfumature sono difficili in tempo di guerra.

I media occidentali continuano a mettere in evidenza il coraggio degli ucraini e le voci di malcontento nei confronti di Putin in Russia. Hanno evitato di dedicare la dovuta attenzione a ciò che significherebbe un’alleanza economica e politica molto più forte tra Russia e Cina. In breve, pur evitando forme di diretta falsificazione, i media occidentali hanno fatto tutto il possibile per affermare con forza uno scenario a lieto fine di questo conflitto. Evidente l’intenzione di incoraggiare il sostegno dell’opinione pubblica occidentale alla parte ucraina nello scontro. Nessuno ha voglia di sostenere chi è praticamente destinato a essere sconfitto. Ho la netta sensazione che i media occidentali stiano dicendo al loro pubblico quello che sanno che quel pubblico vuole sentire, e poco più di questo.

Ma, ricordate, ho detto che Putin molto probabilmente “prevarrà”; non ho detto che vincerà. Il suo prevalere nel conflitto ucraino gli darà ciò che vuole a breve termine; ma l’isolamento culturale e persino fisico della Russia, e l’amarezza delle sanzioni, seppure mitigate dall’aiuto della Cina, senza dubbio minerà la sua credibilità nel paese. Nel migliore dei casi, non riceverà il sostegno che ha ricevuto con l’annessione della Crimea nel 2014.
Prevarrà, ma non vincerà.

Manifestazione a sostegno dell’Ucraina a Lisbona, Portogallo

Foto di copertina: Manifestazione a sostegno dell’Ucraina a Londra, Ehimetalor Akhere Unuabona (Unsplash). Le altre foto sono di Samuel Jerónimo (Unsplash).

Traduzione di Marco Michieli

#Ucraina. Putin prevarrà, probabilmente, ma non vincerà ultima modifica: 2022-03-06T21:24:03+01:00 da BRUCE LEIMSIDOR
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