Mentre scrivo quest’articolo, i media occidentali riferiscono con entusiasmo del coraggio di un’annunciatrice televisiva russa che è riuscita a esporre un cartello in cui denuncia, definendoli “bugie”, i resoconti russi del conflitto in Ucraina e sollecita la fine della “guerra”. Non può certo essere negato, il suo coraggio, soprattutto di fronte alla punizione draconiana che l’attende per aver contraddetto la posizione del governo russo sul conflitto. Il suo atto, tuttavia, porta alla nostra attenzione qualcosa che abbiamo conosciuto ma non riconosciuto apertamente riguardo ai media: in tempi di grandi conflitti, non diventano semplicemente una forza che diffonde informazioni ma diventano uno strumento attivo del conflitto.
È un’arma importante, quanto i carri armati, i razzi e i fucili. L’opinione pubblica è una forza vitale in ogni grande conflitto, determinando la posizione del governo e persino i finanziamenti militari, e i media, naturalmente, giocano un ruolo decisivo nel formare quell’opinione. Non importa da che parte si stia in un conflitto, l’importante è che si capisca quello che si legge, o che si sente e si vede in televisione, tenendo a mente il ruolo strategico dei media.
Il regime di Putin, chiudendo le fonti dei media a lui contrari ed emanando leggi che contemplano punizioni estreme per qualsiasi forma d’opposizione o contraddizione alla sua posizione sul conflitto in Ucraina, ha saputo porsi abbastanza in anticipo nel controllo di ciò che al pubblico russo è detto ed è portato a credere riguardo alla situazione in corso.
L’Occidente, con la sua solida tradizione di libertà di stampa, non ha certo risposto apertamente con misure esplicite di controllo dell’informazione. Ciononostante, i media occidentali hanno sostenuto in modo soverchiante la parte ucraina del conflitto, descrivendo frequentemente Putin e le sue coorti come persone in preda a disturbi mentali se non con limiti intellettuali, come avessero totalmente sottovalutato la resistenza e la coraggiosa determinazione degli ucraini, e presentando i dirigenti russi alla stregua di strateghi incompetenti. Ma c’è un lato ironico nell’evidente tentativo dei media occidentali di coprisi le spalle, quando suggeriscono che, se si consente al conflitto di svolgersi soltanto sul piano militare, i russi, a dispetto della loro incompetenza, del morale a picco delle truppe e di una strategia caotica, probabilmente finiranno per vincere.
Non fraintendetemi. Quest’articolo non riguarda chi sia da giustificare nel conflitto ucraino. L’indipendenza dell’Ucraina è stata riconosciuta ufficialmente dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale, compresa, con la fine dell’Unione Sovietica, la Federazione Russa. Con la sua incursione militare in Ucraina, la Russia ha violato il diritto internazionale. Non ci possono essere dubbi su quale parte di questo conflitto sia nel giusto. Non ci può essere discussione giustificabile su questo punto. Tale affermazione di carattere giuridico non significa necessariamente, d’altra parte, che i media occidentali siano stati arbitri equilibrati della situazione. Hanno rinunciato, in una certa misura, al loro ruolo di fonte di informazione per essere parte attiva nel conflitto.

Fino al giorno stesso dell’incursione dell’esercito russo in Ucraina, i media occidentali, nel loro complesso, in sintonia di fatto con le fonti ucraine, si chiedevano apertamente cosa ci fosse nella testa di Putin, e in gran parte sostenevano che non avrebbe invaso l’Ucraina. Si ammetteva apertamente che le informazioni riguardanti i piani e le strategie di Putin erano estremamente carenti, e che l’Occidente aveva poche idee di cosa aspettarsi. Poi, improvvisamente, solo pochi giorni dopo che le truppe russe avevano attraversato il confine con l’Ucraina, il pubblico occidentale è stato informato dai media occidentali che i russi avevano calcolato male la loro strategia. Che le truppe russe non stessero attaccando direttamente Kiev, significava che erano “impantanate” o bloccate dalla coraggiosa resistenza ucraina.
Come hanno fatto i media occidentali a passare dal non sapere, il 23 febbraio, il giorno prima dell’invasione, cosa Putin intendesse fare a, pochi giorni dopo, avere un’idea chiara della sua strategia e affermare che è fallita? Putin non ha mai dato una chiara indicazione della sua strategia. Non ha mai detto che l’invasione dell’Ucraina sarebbe stata una passeggiata. I media occidentali non hanno dato alcuna informazione per corroborare le loro attuali ipotesi sulla strategia russa.
I russi, per inciso, hanno controbattuto dicendo che l’incursione in Ucraina sta andando esattamente come previsto, ma questo tipo di dichiarazioni, di segno contrario, pur occasionalmente menzionate, non è stato messo in evidenza dai media occidentali. È tutto sommato plausibile che la strategia russa non fosse quella di attaccare immediatamente la capitale ucraina, e che ci sia una strategia che l’Occidente ancora non capisce, o che i media, almeno, non riportano. È ovviamente la posizione dei media occidentali perché il suo pubblico continui a percepire i leader russi come incompetenti, maniaci squilibrati e le truppe giù di morale, militari patetici buoni a nulla. Ma per evitare che il pubblico occidentale perda interesse nel conflitto, si avverte che i russi probabilmente vinceranno comunque, il che pone seri pericoli all’Occidente stesso. Sembra che i media occidentali siano intenzionati a far sì che il pubblico sostenga lo sforzo bellico ucraino, per quanto l’informazione possa essere manipolata.
Inoltre, sembra che i media occidentali non solo non abbiano dato alcuna indicazione su cosa si fondi la loro interpretazione della strategia russa, quando potrebbero addirittura non averne comprensione alcuna. Molto chiaramente, la Russia ha sia la potenza di fuoco sia gli uomini per prendere e occupare Kharkiv, Kiev e anche Odessa e Leopoli. Al pubblico occidentale è stato detto che la ragione per cui questo non è successo è che i russi hanno calcolato male l’eroica resistenza ucraina e che l’esercito russo è in qualche modo impantanato, incompetente ed è giù di morale. Certamente, parte di ciò che i media occidentali suppongono, anche se senza informazioni dirette, è probabilmente corretto. Ma va anche detto, di converso, che se i russi avessero davvero dato priorità alla rapida conquista di importanti centri abitati ucraini, data la loro potenza di uomini e di fuoco, avrebbero potuto farlo. Ancora una volta, c’è qualcosa qui che il pubblico occidentale non capisce, e i media non riescono a essere d’aiuto per capire.
Per quanto riguarda il modo in cui è trattato dai media occidentali lo stesso Putin, senza in alcun modo esprimere sostegno alla sua invasione dell’Ucraina, si dovrebbe notare che il suo ben pubblicizzato divieto, con tanto di punizioni draconiane, di riferirsi all’incursione ucraina usando il termine “guerra”, non è così squilibrato come sembra. I media occidentali hanno uniformemente omesso di menzionare che né la guerra di Corea né quella del Vietnam erano, tecnicamente, guerre; erano, come l’incursione di Putin in Ucraina, tecnicamente “azioni di polizia”. In generale, per dichiarare guerra, il capo dell’esecutivo ha bisogno dell’approvazione del congresso o del parlamento, cosa che è mancata con le operazioni statunitensi in Corea e Vietnam, ed è molto probabilmente il caso della Russia con l’attuale conflitto. In assenza di questa approvazione, l’incursione è una “azione di polizia”. Naturalmente, nessuno è stato perseguito negli Stati Uniti per aver definito il conflitto coreano una “guerra”.
La reazione estrema di Putin può trovare un’ulteriore spiegazione nel fatto che la definizione internazionalmente accettata di una guerra implica un conflitto “tra stati sovrani”. Quindi, chiamando il conflitto ucraino una “guerra”, si implica tacitamente l’indipendenza dell’Ucraina, in diretta opposizione alla posizione di Putin. Le leggi di Putin, tra cui quelle che contemplano la condanna fino a quindici anni di carcere per questo slittamento linguistico, sono di estrema severità, ma sembrano un po’ meno squilibrate se si prendono in considerazione le sue implicazioni. Certo, in Russia non se la cava bene chi si oppone a Putin, ma in effetti chiamare il conflitto ucraino “guerra” implica un’opposizione diretta e importante alla sua politica, al di là di un vezzo linguistico.
I media occidentali hanno distorto non solo la percezione del pubblico del conflitto in Ucraina, ma anche la percezione dell’atteggiamento della popolazione russa. Un recente articolo del New York Times sull’esodo di un gran numero di russi dall’inizio del conflitto dà l’impressione di una sostanziale obiezione all’interno della Russia alla posizione del governo Putin, nonostante il controllo dell’informazione nei media russi. Tuttavia, se si esaminano le varie motivazioni degli esuli, non emerge una univoca versione dell’opposizione a Putin o al suo governo.
Un numero considerevole di esuli, anche se lontano dalla maggioranza, è fuggito temendo persecuzioni o punizioni a causa dell’opposizione esplicita al governo Putin e, più in particolare, al conflitto in Ucraina. Avrebbero buoni motivi per chiedere asilo ai sensi della convenzione di Ginevra del 1951. E invece sembra che pochissimi di loro abbiano fatto domanda di asilo. Un dato particolarmente degno di nota, dal momento che al tempo stesso lamentano estreme difficoltà economiche, e una richiesta di asilo, nella maggior parte dei casi, farebbe scattare nei loro confronti l’obbligo di sostegno, alloggio e servizi sociali. Tale situazione fa pensare che un certo numero di questi esuli abbia intenzione di tornare in Russia, alcuni per continuare la protesta, ma altri anche dopo la fine del conflitto. Una richiesta di asilo probabilmente complicherebbe il rientro. Se l’erano già vista brutta con Putin prima di essere costretti a fuggire, e sperano di riacquistare la loro sicurezza una volta rientrati, quando sarà finita. Difficile considerarli una significativa forza anti Putin all’interno della Russia.
Questo è ancora più vero per la grande maggioranza degli esiliati, che hanno lasciato la Russia perché le sanzioni li hanno messi in condizioni economiche difficili, hanno perso il lavoro o hanno risentito di altre difficoltà economiche. Come migranti economici, non hanno diritto all’asilo, anche se possono sperare di aver accesso al proprio denaro fuori dalla Russia o di trovare altri mezzi di sostentamento. Anche in casi del genere, sono russi che si erano riconciliati con il regime di Putin molto prima del conflitto in Ucraina. Le loro ragioni per andare in esilio sono del tutto personali e di ordine pratico, difficili da assumerle come sintomo generale di grave insoddisfazione nei confronti del regime di Mosca.

Cambiando argomento, andrebbe anche presa in esame la rappresentazione dell’Ucraina e del governo ucraino proposta dai media occidentali. Se hanno fatto del loro meglio per demonizzare il governo russo, in compenso hanno sorvolato sui seri problemi dell’Ucraina. Ancora una volta, se ci si concentra su quest’ordine di problemi, non è per ridurre il sostegno che si deve all’Ucraina nel conflitto in corso, ma perché è bene capire chi sosteniamo, compresi i brufoli e le rughe che ha. Contrariamente a quanto propongono i media occidentali, al loro pubblico dovrebbe essere permesso di capire che chi merita i nostri sforzi potrebbe non essere in tutto e per tutto encomiabile.
I media occidentali si riferiscono ripetutamente all’Ucraina come a una democrazia o anche, con tenerezza, a una democrazia nascente. Ma l’Ucraina è anche una delle società più corrotte al mondo. Transparency International la colloca nella sua classifica al 122° posto su 180 paesi presi in esame e la seconda più corrotta in Europa, davanti solo alla Russia, che è classificata al 136° posto. Quando si considerano seriamente gli effetti della corruzione in una società, con tutte le sue ripercussioni, è difficile vedere come una società pervasivamente corrotta possa davvero essere considerata una democrazia. Il denaro e l’influenza comprano tutto, comprese le elezioni. Sì, Zelensky è stato eletto democraticamente, molto probabilmente con i voti liberi dei cittadini ucraini, ma questo dato può essere preso per buono solo sulla base dell’enorme maggioranza con cui ha vinto. Ma c’è il resto del suo governo, le rappresentanze parlamentari, la magistratura, gli enti locali, tutti soggetti a una corruzione dilagante. Sì, l’Ucraina è un po’ più democratica della Russia, ma di quanto? Se l’Occidente difende l’Ucraina solo sulla base della difesa di una democrazia, forse dovremmo pensarci due volte.
Se l’Ucraina sia veramente una democrazia può essere una questione opinabile, invece la violazione del diritto internazionale riguardo ai principi dei diritti umani è totalmente trascurata dai media occidentali, e non è questione opinabile. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 garantisce il diritto di lasciare e tornare nel proprio paese di cui si ha la cittadinanza o la residenza. Il divieto dell’Ucraina per gli uomini tra i diciotto e i sessant’anni di lasciare il paese, che è applicato rigorosamente, è in chiara violazione di questo principio. Storicamente, anche il trasferimento altrove, per evitare la coscrizione, su cui sembra basarsi la logica dietro il regolamento ucraino, non era proibito. Gli Stati Uniti, che hanno perseguito al loro rientro cittadini che avevano lasciato il paese per evitare la coscrizione nel conflitto del Vietnam, non impedirono certo loro di andarsene. Nemmeno Assad in Siria impedisce ai giovani di fuggire dal paese per evitare la coscrizione. L’unico paese a memoria recente che abbia impedito ai suoi cittadini di partire è stata l’Unione Sovietica. Forse, nonostante tutta l’opinione storicamente negativa che l’Ucraina ha dell’Unione Sovietica, non è totalmente uscita dal suo passato sovietico.
Oltre alla violazione dei diritti umani che comporta, un simile divieto ha come conseguenza un estremo disagio personale e un irragionevole onere economico per i paesi europei di asilo temporaneo. Solo le donne, i bambini e gli anziani sono autorizzati a partire, il che significa che anche molte donne, che partono con bambini piccoli, non saranno in grado di lavorare e avranno bisogno di un sostegno governativo a lungo termine. Quando si parla di milioni di ucraini con asilo temporaneo in Europa, i media non menzionano che tutti questi milioni avranno bisogno di tale sostegno. Il governo ucraino sembra interessato solo al suo conflitto con la Russia, non al benessere dei suoi cittadini né al peso che sta mettendo sui paesi vicini. Questi paesi non se ne stanno ancora lamentando, ma è solo questione di tempo.

A onor del vero, va notato che i media occidentali sono stati neutrali o addirittura freddi rispetto alle ripetute richieste di Zelensky di imporre una no fly zone sull’Ucraina. Una simile richiesta, che rispecchia una visione con i paraocchi da parte del presidente dell’Ucraina, non prende in considerazione la probabilità che una no fly zone si traduca in un confronto militare diretto tra la Nato e la Russia. Le conseguenze di una misura del genere sarebbero incalcolabili, terribili. Può essere confortante vedere che ci possono essere limiti al sostegno dei media occidentali all’Ucraina.
Ma ancora una volta, nonostante l’indubbio eroismo di Zelensky con cui sa ispirare i suoi compatrioti nella resistenza all’invasione russa, la sua insistenza su una no fly zone conferma la stessa prospettiva ristretta, orientata unicamente all’Ucraina, che mostra inviando milioni di donne e bambini del tutto prive di sostegno verso i paesi della Ue. Nel momento stesso in cui afferma che la sicurezza dell’Europa e della stessa democrazia occidentale dipende dal destino dell’Ucraina in questa lotta con la Russia, sembra stranamente insensibile agli effetti che il conflitto del suo paese possa avere su di noi. Lo ripeto, questa non è una ragione per allentare in alcun modo il sostegno da parte del pubblico occidentale che si deve a lui e ai suoi coraggiosi connazionali. Va solo regolata bene la nostra osservazione di quanto accade e vanno filtrati i media. Per non demonizzare i nostri avversari ma anche per non santificare i nostri alleati.

Traduzione di Marco Michieli

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