Da sinistra a destra, cinque anni dopo il successo del 2017, Emmanuel Macron cerca il bis alla presidenza francese spostando il suo baricentro nel campo avversario. Se la prima volta poté contare soprattutto su una base elettorale socialdemocratica, adesso Macron potrebbe risultare il candidato favorito da chi nel 2017 votò per il suo avversario della destra repubblicana, François Fillon.
Macron arrivò al potere facendo esplodere i socialisti. Portò con sé i più pragmatici di loro. Costruì la sua ascesa grazie a una ristretta cerchia di fedeli della prima ora, cresciuti tutti o quasi all’ombra di Dominique Strauss-Kahn, gigante socialista caduto in disgrazia. A inizio mandato Macron sembrò proprio incarnare una continuazione del pensiero strauss-kahniano, l’idea di una sinistra riconciliata con la globalizzazione. Col tempo però, i protagonisti dell’azione di governo sono cambiati, così come gli obiettivi, in quella che è una virata a destra.
Dei consiglieri iniziali mutuati da Strauss-Kahn, alcuni hanno abbandonato la politica, come Ismaël Emelien, Sibeth Ndiaye e Benjamin Griveaux. Altri, come Stanislas Guerini, Cédric O e Adrien Taquet, sono ancora là, nella stanza dei bottoni, ma sono stati affiancati da una serie di personaggi provenienti da una tradizione chiaramente di destra.
Anche il messaggio è cambiato. A due settimane dal voto, le proposte più roboanti del presidente-candidato non sono tanto diverse da quelle de Les Républicains (LR), la destra erede di Sarkozy e Chirac. La prima è posticipare l’età legale per andare in pensione a sessantacinque anni (oggi è a sessantadue). La seconda: condizionare la percezione del reddito di solidarietà attiva (l’importo garantito a tutte le persone che non hanno uno stipendio) “all’obbligo di dedicare quindici/venti ore alla settimana a un’attività che consenta di andare verso l’inserimento professionale”. Una misura quest’ultima che seduce i nemici dell’“assistanat”, coloro che credono che lo stato francese sia troppo generoso con chi non ha un lavoro.
Valérie Pécresse, la candidata alla presidenza dei Républicains, è furiosa. Dopo la presentazione del programma di Macron, ha lamentato:
Macron è un uomo con la fotocopiatrice, ci ha copiato!
Pécresse sa che la sua famiglia politica rischia di farsi cannibalizzare dal presidente in carica. Secondo uno studio Ipsos-Sopra Steria per Le Monde, l’elettorato della candidata repubblicana è quello che più di tutti gli altri potrebbe migrare verso Macron. Quest’ultimo rappresenterebbe la seconda scelta del 40 per cento degli elettori de Les Républicains. E la prima scelta per sempre più esponenti di una destra che teme per la propria sopravvivenza.

La migrazione dei quadri dirigenti è cominciata cinque anni fa. Dopo il flop alle presidenziali di François Fillon, vari pezzi da novanta abbandonarono il partito. Molti di loro appartenevano alla corrente di Alain Juppé, che proprio contro Fillon aveva perso le primarie della “destra e del centro” nel 2016. Primo tra tutti, il delfino di Juppé, Edouard Philippe, sindaco di Le Havre, che accettò la proposta di Macron di ricoprire la carica di primo ministro. Lo fece fino al luglio 2020, quando tornò al governo della sua città. Philippe portò con sé a Matignon un altro fedele juppeista, Gilles Boyer, divenuto suo consigliere speciale e successivamente europarlamentare. La campagna acquisti tra gli esponenti LR incluse molte personalità che hanno in seguito marcato l’azione del quinquennio: Bruno Le Maire, ministro dell’economia, Gérald Darmanin, ministro dei conti pubblici e poi dell’interno, Franck Riester, ministro della cultura e Sébastien Lecornu, ministro d’oltremare.
I Républicains esclusero qualche mese dopo questi disertori, con l’eccezione di Le Maire, già passato spontaneamente a En Marche. Ciò non ha impedito un progressivo e costante avvicinamento con La République en marche (LaREM), il soggetto politico di Macron. Lo si è visto alle municipali del 2020, quando in molte città, i candidati macronisti cercano di spuntarla alleandosi al secondo turno con la destra gollista. È successo a Strasburgo, Lione e Tours e in tutti i casi non è servito ad evitare la sconfitta.
Subito dopo questa tornata elettorale, il 3 luglio 2020, Macron procedette a un rimpasto di governo e andò ancora a pescare il suo primo ministro tra le file dei repubblicani. Scelse come nuovo inquilino di Matignon Jean Castex, sindaco LR di Prades (nel dipartimento dei Pirenei orientali), già vice-segretario generale all’Eliseo durante la presidenza di Nicolas Sarkozy. Per relativizzare il “tradimento”, Castex disse di non essere mai stato “un militante molto molto attivo”.
La corte spietata di Macron nei confronti della dirigenza e dell’elettorato LR ha toccato una nuova punta nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Qui l’estrema destra di Marine Le Pen è particolarmente forte, cosa che ha spinto la destra di governo locale ad accettare la mano tesa del presidente. Ne è però venuto fuori uno psicodramma.
Nel 2021, alla vigilia del primo turno delle regionali, il primo ministro Jean Castex ha annunciato il ritiro della lista LaREM nella regione, a favore di quella guidata da Renaud Muselier, il governatore LR della Provenza-Alpi-Costra Azzurra, in corsa per un secondo mandato. Di tutta risposta, i Républicains hanno tolto e poi a stretto giro restituito l’investitura a Muselier, ma vari quadri avevano ormai scelto di non fare campagna per lui. Egli alla fine è stato rieletto e ha affidato posti chiave nella sua amministrazione a figure vicine a Emmanuel Macron. Qualche mese dopo, in novembre, Muselier ha lasciato i repubblicani, denunciando una “prossimità con le posizioni di estrema destra”. Stesso destino per il sindaco di Nizza Christian Estrosi, gollista di lungo corso, che ora fa apertamente campagna per il presidente in carica.

L’ultima defezione di peso tra i Républicains è quella di Eric Woerth, presidente della commissione finanze all’Assemblea nazionale, già ministro con Sarkozy, che a inizio febbraio ha annunciato il suo sostegno a Emmanuel Macron. Sarkozy, poi, dal canto suo, si è finora rifiutato di appoggiare pubblicamente la campagna di Valérie Pécresse. Un quasi disconoscimento per Pécrésse, a cui si aggiunge il timore che Sarkozy possa a breve esprimersi a favore di Macron. Una mossa che farebbe perdere la bussola a un partito già profondamente disorientato, spaccato tra un approccio filogovernativo e le sirene dell’estrema destra.
Ancora più delle presidenziali di aprile, le elezioni legislative di giugno saranno un banco di prova per la tenuta della compagine repubblicana. C’è chi tra gli LR, temendo di essere spazzato via dall’onda macronista, invoca l’alleanza. Come il deputato repubblicano de l’Yonne, Guillaume Larrivé, che auspica un ingresso dei Républicains nella maggioranza di Macron:
Che i repubblicani partecipino all’Assemblea nazionale, a costruire una nuova maggioranza per la Francia… È ormai evidente che ci sono forti convergenze tra il progetto presentato da Les Républicains e quello portato da Emmanuel Macron.
Mentre la corsa di Pécresse somiglia sempre più a una via crucis e le sue chance di arrivare al secondo turno si fanno risicate, i deputati LR riflettono quindi a come salvare la poltrona. È tuttavia difficile che la formazione del presidente accetti un’alleanza organica con la destra gollista. Per almeno due motivi. Da un lato, così facendo La République en marche verrebbe palesemente meno al tanto sbandierato superamento della divisione tra destra e sinistra, essenziale alla sopravvivenza del macronismo. Dall’altro, ci sono già fin troppi alleati che reclamano spazio per le loro truppe. I centristi del MoDem – partner storico de LaREM, Edouard Philippe con il suo Horizons, l’autoproclamata “destra costruttiva” del micropartito Agir, a sinistra Territoires de progès e En commun, e ancora il Partito radicale. A ciò si aggiunge il desiderio di buona parte dei dei 347 deputati della maggioranza di cercare un altro mandato. Tutto può però ancora cambiare. LaREM accorderà le investiture solo dopo il secondo turno della presidenziale.

Immagine di copertina: Emmanuel Macron con la sfidante Valérie Pécresse, candidata alla presidenza de Les Républicains e presidente della regione Île-de-France

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1 commento
Interessante, merita più di un approfondimento. Leggerò il libro così potrò verificare se la recensione è verità o meno.