Che cosa è successo sull’aborto degli Stati Uniti? E perché le conseguenze potrebbe essere ancora maggiori e non interessare solo l’accesso all’aborto? Un quotidiano online, Politico, ha pubblicato una bozza di un’opinione di maggioranza della Corte Suprema, il massimo organo giuridico degli Stati Uniti, scritta dal giudice conservatore Samuel Alito. Questa opinione ribalterebbe la sentenza Roe v. Wade, la storica decisione del 1973 che ha garantito il diritto costituzionale all’aborto in determinate circostanze, e ha limitato la capacità degli stati di vietare le procedure di aborto.
Alito scrive che la Costituzione non fa
[…] alcun riferimento all’aborto, e nessun diritto del genere è implicitamente protetto da alcuna disposizione costituzionale. La conclusione inevitabile è che un diritto all’aborto non è profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni della nazione.
Secondo quanto scritto da Alito stesso, i giudici Clarence Thomas, Brett Kavanaugh, Neil Gorsuch e Amy Coney Barrett sarebbero schierati al suo fianco. Sono tutti giudici di nomina repubblicana.

La sentenza è certa?
Bisognerà attendere giugno per la sentenza. L’opinione è una bozza e i voti della Corte non sono definitivi fino a quando le opinioni formali non vengono ufficialmente rilasciate. Le bozze sono spesso modificate e cambiate sulla base degli input degli altri giudici. In alcuni casi, i giudici hanno cambiato posizione. Non sappiamo quindi se questa bozza avrà qualche somiglianza con la decisione finale che la Corte dovrebbe rilasciare entro la fine di giugno. Sappiamo però che la bozza è vera, come confermato dallo stesso presidente della Corte John G. Roberts. Alito nella bozza scrive che altri quattro giudici sono d’accordo con lui. Quindi è possibile che sia molto simile alla decisione finale, anche se non sappiamo dai diretti interessati come la pensano sul punto.
Perché adesso?
La decisione della Corte con la sentenza Roe v. Wade del 1973 affermava il diritto a ricevere un aborto – secondo il 14° emendamento, aspetto importante ci torniamo più avanti – stabilendo che gli aborti erano costituzionalmente protetti fino a circa 23 settimane, quando un feto poteva essere in grado di vivere fuori dall’utero. Per lungo tempo la sentenza Roe è stata spesso considerata un “super precedente”, con ancora più forza di altre decisioni di lunga data. Così ha sempre pensato il presidente della Corte John Roberts. Alcuni dei giudici più conservatori come Samuel Alito e Clarence Thomas invece hanno sempre sostenuto che il precedente non sia una ragione per prolungare quello che credono essere un errore. Nel 2018 però lo stato del Mississippi aveva approvato una legge – bloccata poi da due tribunali federali – che permetteva l’aborto dopo le 15 settimane “solo per emergenze mediche o per gravi anomalie fetali”, senza le eccezioni per lo stupro o l’incesto previste dalla sentenza Roe v Wade. Contro la legge, una clinica del Mississippi ha fatto causa contro lo stato del Sud. Una corte distrettuale ha bloccato la legge in una decisione confermata poi da una corte d’appello federale. Lo stato del Mississippi ha quindi portato la questione di fronte alla Corte Suprema. I giudici della Corte Suprema non hanno l’obbligo di considerare ogni caso che viene portato di fronte alla Corte. Quando lo fa è perché ritiene ci siano aspetti importanti da sottolineare. I giudici hanno discusso per mesi se accettare la controversia e infine hanno annunciato la loro decisione favorevole la scorsa primavera. Una scelta che aveva già fatto preoccupare. La Corte infatti ha una maggioranza conservatrice: dei nove giudici, sono sei quelli nominati da presidenti repubblicani (uno di questi, il presidente della corte, ha una posizione più “centrista”). Sono tre quelli nominati dell’ex presidente Donald Trump.

Cosa potrebbe accadere all’accesso all’aborto se la corte annullasse Roe v Wade?
In breve l’accesso all’aborto dipenderebbe da dove si vive. Nella bozza di opinione, Alito scrive che “è tempo di ascoltare la Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentanti del popolo”. Ciò significherebbe che gli stati potrebbero scegliere da soli quanto limitare l’accesso all’aborto. L’attività legislativa però su leggi restrittive dell’aborto negli stati governati dai repubblicani è già aumentata dopo che il caso del Mississippi è stato preso in esame. Se il parere, o qualcosa di simile, diventasse in effetti la sentenza finale, l’aborto diventerebbe immediatamente o molto rapidamente inaccessibile in almeno 22 stati. Nove stati hanno divieti precedenti il 1973 che potrebbero potenzialmente essere applicati se la sentenza venisse ribaltata, e 13 stati hanno “divieti di attivazione” in atto. Queste cosiddette “trigger laws” attiverebbero il divieto di aborto se Roe non fosse più in vigore. In breve negli stati repubblicani non sarebbe possibile accedere all’aborto, mentre in quelli governati dai democratici sì.
Che cosa può fare Biden?
Non molto. Il senatore Bernie Sanders ha dichiarato che “il Congresso deve approvare una legislazione che codifichi Roe v. Wade come legge federale” e, “se non ci sono 60 voti in Senato per farlo, e non ci sono, dobbiamo porre fine all’ostruzionismo per farlo passare con 50 voti”. In effetti la sola possibilità che ha l’amministrazione Biden per poter consentire l’accesso all’aborto in tutto il paese è quello di far passare una legge federale. Il problema è che al Senato – dove c’è una sostanziale parità, anche se la vicepresidente Harris garantisce con il suo voto la maggioranza democratica al Senato – per far passare la legge servono i famosi 60 voti necessari per aggirare l’ostruzionismo. Questi 60 voti non ci sono: i democratici dovrebbero essere compatti – e non lo sono – e convincere almeno dieci repubblicani. Impossibile. Sanders chiede quindi di abolire l’ostruzionismo, una battaglia che i democratici conducono dall’inizio dell’amministrazione Biden. Senza successo. Per modificare l’ostruzionismo serve la maggioranza dei voti al Senato ma l’opposizione di due senatori democratici – Sinema e Manchin – non consente di adottare la modifica (che potrebbe anche torcersi contro in caso di vittoria a novembre dei repubblicani alle elezioni di metà mandato). Il senatore democratico dello stato di West Virginia Joe Manchin ha già ribadito la sua posizione anti-aborto, il che significa che ai democratici mancano persino 50 voti in Senato per adottare protezioni dei diritti di aborto. Un’idea della “compattezza” del gruppo democratico al Senato la fornisce anche il tentativo dello scorso febbraio sull’approvazione del Women’s Health Protection Act, una legge che impedirebbe agli stati di emanare nuove restrizioni sull’aborto. Allora il provvedimento ottenne solo 46 voti.
Ci sono altre soluzioni? Sì, il cosiddetto “Court packing” cioè l’aumento del numero dei giudici della Corte Suprema, una minaccia che durante l’era di Franklin D. Roosevelt aveva funzionato contro la Corte suprema che aveva bloccato molti dei provvedimenti del New Deal. Il numero dei giudici non è infatti fissato dalla Costituzione. Quindi un cambiamento non richiede un emendamento costituzionale. La questione spetterebbe però ancora una volta al Congresso. E al Senato i democratici non hanno i numeri.
Queste sono alcune delle ragioni che hanno spinto alcuni stati governati dai democratici a emanare leggi a tutela dell’accesso all’aborto a livello statale. La California per esempio ha approvato una serie di leggi per estendere le protezioni legali sia ai residenti dello stato che ai pazienti che arrivano da altre parti del paese, estendendo l’assistenza finanziaria alle persone che cercano di abortire e i finanziamenti alle cliniche e al personale che esegue la procedura. I democratici dello stato di New York stanno invece spingendo per l’approvazione di un disegno di legge per stabilire un fondo per l’accesso all’aborto, che sarebbe pagato dai contribuenti statali attraverso un contributo volontario sulle loro dichiarazioni dei redditi personali. L’Oregon ha istituito un fondo di 15 milioni di dollari per l’equità della salute riproduttiva, il Maryland e il Connecticut hanno approvato una legge che permette agli infermieri e agli assistenti medici di praticare aborti e il Colorado ha approvato una legge sull’equità della salute riproduttiva che assicura alle donne nello stato il diritto di scegliere l’esito della gravidanza.

Che cosa comporta per gli altri diritti?
Questo è l’altro aspetto importante della vicenda. Il ragionamento giuridico del progetto, se adottato dalla Corte quando emetterà la sentenza entro la fine di giugno, potrebbe minacciare altri diritti che gli americani ritengono scontati nelle loro vite personali. La sentenza Roe ha infatti riconosciuto che il diritto alla privacy personale secondo la Costituzione degli Stati Uniti protegge la capacità di una donna di interrompere la gravidanza. Questo diritto alla privacy nasce dal 14° emendamento, che ha ampliato le protezioni dei diritti dei cittadini a livello statale e fu adottato nel 1868 durante l’Era della Ricostruzione dopo la Guerra Civile, allo scopo di proteggere i diritti delle persone precedentemente rese in schiavitù nel Sud e che erano soggette a nuove leggi statali discriminatorie. La prima sezione dell’emendamento contiene la clausola conosciuta come la clausola dell'”uguale protezione”, che richiede che tutti devono essere ugualmente protetti e trattati allo stesso modo dalla legge. La seconda sezione contiene invece la clausola del giusto processo che vieta agli stati di togliere “la vita, la libertà o la proprietà senza il dovuto processo”. Questo significava che i governi statali non possono privare le persone dell’accesso ai diritti legali di base, e fornisce un mezzo per contestare le leggi statali che privano gli individui dei loro diritti costituzionali.
Questa clausola è stata al centro di molte importanti decisioni della Corte Suprema del Ventesimo secolo, come Loving v. Virginia (1967), che ha ritenuto incostituzionali le leggi contro il matrimonio interrazziale in parte perché negavano la libertà senza un giusto processo, e appunto Roe v. Wade, che sosteneva il diritto di una donna ad abortire in base al diritto alla privacy incluso nella clausola del giusto processo. Anche il matrimonio omosessuale nel 2015 è stato riconosciuto sulla base di questa clausola. La Corte infatti ha ritenuto da più di cinquant’anni che, anche se questi diritti non sono esplicitamente menzionati nella Costituzione, sono legati alla privacy personale, all’autonomia, alla dignità e all’uguaglianza.
I critici conservatori hanno sempre detto che questa interpretazione permette impropriamente a giudici non eletti di fare scelte politiche che sarebbe meglio lasciare ai legislatori. Alito sostiene nella bozza che i diritti sostanziali del giusto processo devono essere “profondamente radicati” nella storia e nella tradizione degli Stati Uniti ed essenziali allo “schema di libertà ordinata” della nazione. L’aborto, ha detto, non lo è. Secondo alcuni esperti quindi, come l’aborto, altri diritti personali tra cui la contraccezione e il matrimonio omosessuale potrebbero essere ritenuti dai giudici conservatori al di fuori di questo quadro che coinvolge diritti “profondamente radicati” nella storia americana.
Chi potrebbe essere colpito dalla sentenza?
Ci sarebbero diseguaglianze geografiche, economiche e razziali. Chi vive in stati democratici manterrebbe l’accesso all’aborto che non vi sarebbe negli stati repubblicani. Con implicazioni politiche notevoli. Se Roe sarà effettivamente ribaltata, gli stati determineranno in definitiva il futuro dell’aborto in America. Questo significa che le elezioni dei governatori, dei legislatori e dei procuratori generali in tutto il paese, ma specialmente negli stati in bilico – i Swing States come Michigan, Pennsylvania e Wisconsin – diventeranno un terreno di scontro sempre più duro.
Inoltre, il 75 per cento delle donne negli Stati Uniti che abortiscono sono classificate come a basso reddito o povere. Quindi colpirebbe in maniera discriminatoria le persone più povere. Infine le donne Afro-americane ricevono più di un terzo degli aborti segnalati nel paese, pur essendo il 13 per cento della popolazione femminile, e le donne ispaniche circa un quinto.
È un’eredità di Trump?
In parte. Nel 1973 la sentenza Roe v Wade fu sostenuta da una netta maggioranza di giudici della Corte Suprema (sette contro due). Tra questi vi erano tre giudici di nomina repubblicana e quattro democratici. Dalla metà degli anni Settanta, la lotta contro l’aborto ha assunto connotazioni più politiche. Nel 1976, il Partito repubblicano aggiunse la posizione anti-aborto nella proprio programma. Durante gli anni Ottanta, Ronald Reagan vinse le elezioni anche grazie al movimento anti-aborto. Ma è alla fine degli anni Novanta che i leader repubblicani contrari all’aborto cominciano a far sentire in maniera più decisa la propria voce. Organizzazioni conservatrici come la Federalist Society hanno pesantemente influenzato i presidenti repubblicani nella scelta dei giudici della Corte suprema e dei tribunali federali. E qui arriva Donald Trump. L’ex presidente si era infatti impegnato a selezionare i candidati alla varie cariche giudiziarie da una lista fornita dalla Federalist Society, che ha in parte portato alla supermaggioranza conservatrice nella Corte Suprema di oggi.
Un’eredità quella di Trump che non riguarda appunto solo la Corte suprema. Dopo un solo mandato, Trump ha riempito il 28 per cento dei posti vacanti dei vari giudici federali – il 27 per cento dei giudici federali distrettuali attivi e il 30 per cento dei giudici di corte d’appello attivi -: questa cifra è molto più alta di quella di altri presidenti recenti nei loro primi mandati. A gennaio 2013, per esempio, Barack Obama aveva nominato solo il 17 per cento dei posti vacanti di giudice federale, e alla fine del suo primo mandato, George W. Bush aveva nominato il 21 per cento.
Trump è anche riuscito ad alterare radicalmente la composizione dei tribunali. Le sue nomine non solo sono molto più conservatrici di quelle degli altri presidenti, ma anche molto meno diversificate dal punto di vista razziale ed etnico. Sono anche abbastanza giovani – l’età mediana dei giudici d’appello di Trump alla conferma è di 47 anni – e dato che l’età media di pensionamento dei giudici d’appello è di 67 anni, queste giudici potrebbero finire per servire per decenni.
Oltre all’opinione sull’aborto, sono attese anche le sentenze della Corte suprema su altri casi che la maggioranza conservatrice ha deciso di affrontare e che potrebbero cambiare molte cose. La Corte infatti ha deciso di affrontare alcune tematiche come il porto d’armi, la libertà religiosa e le politiche di discriminazione costruttiva adottate dalle università.
Sulle armi, la Corte aveva già riconosciuto il diritto fondamentale dei cittadini di portare armi per la protezione personale nel 2008 e nel 2010. Ciò che non ha deciso è quanto questo diritto si estenda al di fuori della casa. La questione che dovranno porsi è se gli stati possono limitare il diritto alla sola protezione della casa, o i cittadini hanno un diritto più ampio di portare armi quando sono fuori dalla propria casa. Sulla libertà religiosa, la Corte dovrà determinare se uno stato può negare un beneficio pubblico sulla base del fatto che sarà usato per pagare un’esplicita istruzione religiosa. Infine la Corte ha accettato di ascoltare due casi che sfidano i programmi di discriminazione positiva dell’Università di Harvard e dell’Università del North Carolina, le più antiche università pubbliche e private della nazione.

I giudici della Corte suprema hanno cambiato idea?
La senatrice repubblicana Susan Collins ha espresso il proprio stupore per il cambio di posizione che il giudice Brett Kavanaugh e Neil Gorsuch avrebbero espresso nella bozza di parere, rispetto alla assicurazioni che la senatrice avrebbe avuto in privato dai due. Collins infatti è una repubblicana moderata ed è stata decisiva per la conferma dei due giudici da parte del Senato.
Durante le audizioni Gorsuch aveva sottolineato però che Roe v Wade era un precedente stabilito ed era stato riaffermato dalla corte più di una volta. Nonostante però la considerazione e il rispetto che Gorsuch ha detto che il precedente merita, non ha mai escluso di ribaltare Roe v Wade. Kavanaugh, come Gorsuch, ha sottolineato l’importanza del precedente quando si parla di Roe v Wade e l’enfasi che la corte ha messo nel riaffermare il caso. Tuttavia, quando è stato incalzato dal senatore repubblicano Lindsey Graham, Kavanaugh ha sottolineato l’importanza di ascoltare tutte le parti anche quando c’è un precedente.
Amy Coney Barrett, la più recente giudice conservatrice confermata alla corte e una delle tre nominate dall’ex presidente Trump, ha invece sviato da molte domande sulla Roe v Wade durante le sue audizioni. Barrett, che ha preso il posto della celebra giudice liberal Ruth Bader Ginsburg, ha ripetutamente detto durante le audizioni che non avrebbe risposto a ipotesi o dato opinioni sulla politica pubblica quando le è stato chiesto di questioni che riguardavano l’aborto.
Quale ruolo per la Chiesa cattolica nella vicenda?
Dei sei giudici nominati dai repubblicani sui nove della Corte Suprema, cinque sono cattolici: Samuel Alito, l’autore della bozza, Clarence Thomas, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett e John Roberts, il presidente della Corte. DI questi cinque, sarebbero quattro a sostenere la iozza di opinione, almeno da quanto si legge nella stessa bozza.
Le reazioni della Chiesa cattolica americana non si sono fatte attendere. Joseph Strickland, vescovo conservatore di Tyler in Texas, ha invitato i suoi fedeli a pregare affinché “i cuori siano cambiati e la santità della vita dei non nati sia ancora una volta riconosciuta nella nostra nazione”, aggiungendo “grazie a Dio per la decisione della Corte Suprema su Roe vs Wade”. L’arcivescovo di San Francisco Salvatore Cordileone, un altro prelato conservatore, ha twittato una foto che mostra migliaia di manifestanti anti-aborto a Washington D.C:
Stasera penso a tutti gli anni di duro lavoro delle persone pro-vita di tutte le fedi e di nessuna. Anni e anni di difesa dei pazienti, aiuto alle mamme non sposate, impegno politico e altro.
Un recente sondaggio condotto da The Washington Post e ABC News ha rilevato però che la maggioranza degli americani, il 54 per cento, vuole che la corte sostenga le protezioni garantite da Roe v. Wade. Tra i cattolici statunitensi, più della metà, il 55 per cento, esprime la stessa opinione.

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1 commento
Annullata la sentenza Roe v. Wade del 1973 che garantiva il diritto all’interruzione di gravidanza. Ora i singoli Stati saranno liberi di applicare le proprie leggi in materia e in Missouri il divieto e gia una realta Ora quindi si torna all’epoca in cui in alcuni Stati (circa la meta) l’aborto era considerato reato e non poteva essere praticato in nessun caso, mentre in oltre 10 Stati era considerato legale solo se la gravidanza metteva in pericolo la vita della donna, in caso di stupro, incesto o malformazioni fetali.