Il mondo visto dall’obiettivo di Gianni Berengo Gardin si percorre attraverso la bella mostra in corso al Maxxi di Roma fino al 18 settembre, in collaborazione con Contrasto, curata da Margherita Guccione e Alessandra Mauro.
Un fotografo che aveva un occhio vigile sul mondo ed è stato capace, in settant’anni di carriera, di mettere a fuoco l’uomo, il suo impatto sulla società e la natura. Dalle serie dedicate alle Grandi Navi agli scatti ai bambini che giocano per strada che hanno fatto il giro del mondo.

Oltre 150 fotografie, tra le più celebri, le meno conosciute, fino a quelle inedite: un patrimonio visivo unico, dal dopoguerra a oggi, caratterizzato dalla coerenza nelle scelte linguistiche e stilistiche.
Il fil rouge che ha guidato la ricerca di Berengo Gardin: la fotografia è un documento, la fotografia è specchio del reale. I reportage dei decenni passati nei luoghi di lavoro: vediamo la Fiat, la Pirelli, l’Olivetti, azienda illuminata all’epoca per la concezione del lavoro e del capitale umano. Molto toccanti i reportage sui manicomi nel 1968, dieci anni prima che la legge Basaglia ne proponesse la chiusura.
Gianni Berengo Gardin è nato a Santa Margherita Ligure nel 1930 e ha vissuto a Roma, Venezia, Lugano e Parigi. Nel 1965 si stabilisce a Milano, dove comincia la carriera professionista. Ha collaborato con le principali testate della stampa nazionale, a partire da Il Mondo di Pannunzio, e internazionale, ma si è soprattutto dedicato alla realizzazione di libri, con più di 250 volumi fotografici pubblicati, tra cui un’ampia serie di volumi sull’Italia e i paesi europei per il Touring Club Italiano. Ha realizzato reportage e monografie per le maggiori industrie italiane, come l’Olivetti.

Maestro del bianco e nero, molti scatti ritraggono Venezia e la Milano dell’industria, degli intellettuali, delle lotte operaie, dei luoghi del lavoro.
Il titolo della mostra del Maxxi, “L’occhio del mestiere”, è in perfetta sintonia con la sequenza narrativa delle fotografie che non lascia spazio a semplici descrizioni dello spazio ma costruisce naturalmente storie attraverso i reportage di Berengo Gardin mettendo al centro l’uomo e lo spazio sociale, collettivo.
Un patrimonio visivo importante che descrive l’Italia dal dopoguerra ad oggi. Il suo sguardo ha attraversato l’Italia e l’ha raccontata nelle sue dinamiche, nel mondo del lavoro, della cultura.

Narratore attento alla vita di tutti i giorni, in tutti i suoi molteplici aspetti e nella sua evoluzione predilige il bianco e nero, non solo per una questione generazionale, ma perché “il colore distrae il fotografo e chi guarda”. Fotografie capaci di evocare vite semplici e preziose che attraversano campi e piazze. Immagini concrete, immagini reali.
Nella fotografia di Gianni Berengo Gardin le figure umane, quando ci sono, raccontano attimi di una vita sospesa, senza tempo. Come solo i grandi fotografi riescono a fare. La passione per le strade, la gente qualunque incontrata per caso, sorprendenti abbracci rubati al quotidiano: in ogni foto, ciascuno di noi ritrova un po’ di se stesso, della sua storia, dei suoi ricordi.

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