Ci piace definirci “Comunità di San Giacomo” anche se (dopo la chiusura della Vida occupata) non abbiamo sede né continuità di incontro. Ma sappiamo (e continuamente verifichiamo – da ultimo con la piacevole serata di venerdì 13 maggio 2022) che basta proporre di (ri)trovarsi in campo per discutere di tema di interesse collettivo. In questo modo la Vida, come l’”araba fenice”, risorge dalle sue ceneri, ancora capace di dire la sua e di suscitare interesse.
Celia, Dario, Anna, Giorgio, Simone, Silvia. Cito a caso alcuni dei nomi nuovi che alla fine della serata mi sono trovato a inserire nel nostro gruppo WhatsApp, uno dei canali attraverso i quali abbiamo organizzato – in pochi giorni – la serata.
Perché la comunità di San Giacomo è tale perché sa sempre aggregare qualcun* attorno al “pozzo della Vida” e offrire una discussione interessante, un bicchiere di vino, un cicchetto. Questi sono gli “AperiVida”, tanto informali nella forma quanto di sostanza nei contenuti.
Un pozzo di fronte al quale una staccionata e una porta sistematicamente chiusa coprono l’ingresso principale all’Antico Teatro di Anatomia. Un piano terra che dopo il semestre diapertura, allegria e cultura portato dagli abitanti che lo aprirono all’uso pubblico, condiviso e collettivo tra settembre 2017 e marzo 2018, è tornato alla tristezza della chiusura e di lavori che dopo più di quattro anni sono a un punto “indefinibile”.
Un esempio di scuola del processo di “valorizzazione urbana” come lo intendono i nostri governanti. Lasciar degradare un edificio o un compendio territoriale e ambientale (si pensi all’area degli ex Gasometri a Castello, all’isola di Poveglia o all’ex ospedale Umberto I a Mestre) essere sordi alle “proposte di cura” che vengono dai cittadini, ma pronti a scattare di fronte alle proposte di acquisito e valorizzazione da parte dei privati.
Che propongono grandi strutture commerciali e di ristorazione o di ospitalità turistica. Cioè profitti turistici e speculativi per pochi in una città (quella storica ma anche sempre di più quella di terraferma) che ha bisogno di ripopolamento – quindi di casa e lavoro – non solo turistico.
La pandemia ci ha fatto toccare con mano la debolezza di una economia monoculturale in caso di eventi drammatici, mettendo in ginocchio un intero territorio. Ha senso ripartire come prima e più di prima, oltre a tutto sapendo che le possibilità di un nuovo arresto traumatico sono tutt’altro che da escludere?
Nell’introdurre la discussione abbiamo fatto “vedere le carte”.
Sulla staccionata abbiamo attaccato due immagini molto significative, che dimostrano come la pianificazione pubblica ci sia ma sia disattesa nella forma e nella sostanza.
Il “pianino” (così si chiamano gli strumenti di pianificazione e gestione amministrativa della presenza di plateatici nella nostra città) di San Giacomo fa balzare agli occhi la differenza sostanziale tra la situazione “come dovrebbe essere” e la situazione reale.

Molti locali sembrano aver abusato degli spazi di plateatico cui avevano diritto. E questo non solo per la situazione di emergenze legata al Covid (peraltro rientrata da fine marzo e che in ogni caso non potrà andare oltre giugno, senza alcuna deroga). Ma anche prima.
Si attende perciò che le autorità competenti riportino la situazione entro i limiti.
La carte degli standard urbanistici – tratta dal PRG – destina l’intero campo San Giacomo (come molti altri campi, tra quelli più vivi e frequentati) ad ”attrezzature per interesse comune”. [immagine seguente]



Quindi anche la pianificazione comunale del territorio assegna a San Giacomo (e ad altri campi ) il ruolo di esser luoghi dove non solo va salvaguardato il diritto alla mobilità (evitando che i plateatici “si allarghino” fino a soffocare i passaggi e la vita di relazione) ma dove va sviluppata l’azione della comunità “per interesse comune”.
Come sempre la chiacchierata è stata piacevole e ha portato elementi di interesse e proposte.

Sono intervenuti presidente e responsabile della commissione urbanistica della Municipalità, ex funzionari del settore Commercio del Comune che facevano quotidianamente i conti con la gestione dei plateatici, ma soprattutto cittadini comuni che hanno portato le loro testimonianze di “assediati dai plateatici”.
E sono emerse proposte che l’assemblea si impegna a sviluppare a partire dal mese prossimo.
Si organizzerà nella seconda metà giugno una assemblea popolare(come quella tenuta nei locali della parrocchia nel novembre scorso) a cui invitare l’assessore al commercio per portare e discutere con lui le proposte dei cittadini per affrontare la questione plateatici, prima e dopo il 30 giugno.
La prima delle quali è quella di un coinvolgimento diretto e strutturato delle comunità di zona dei cittadini in tutte le decisioni che riguardano concessioni e/o revisioni di plateatici e uso dello spazio pubblico.
In particolare in quei campi cui la pianificazione urbanistica assegna il compito di soddisfare il fabbisogno di “standard urbanistici” – sia per “attrezzature di interesse comune” che per altri, es. “verde”.
A San Giacomo, “non un mq di spazio pubblico in meno” sarà comunque l’obiettivo minimo da ottenere.
Dopo aver valutato gli esiti dell’assemblea e l’atteggiamento dell’Amministrazione Comunale, è emersa la possibilità di organizzare – subito dopo il 30 giugno – una manifestazione flash mob in alcune zone significative della città: un corteo, aperto da presidente e consiglieri della Municipalità (che potrebbe così far valere l’unico ruolo che è sopravvissuto a tagli di bilancio e deleghe – quello di potere essere più vicina ai cittadini e di ascoltarli).
Un serpentone che verifichi la regolarità delle situazioni. La pressione popolare può forse di più di una multa e mira non a contrappore ma a conciliare interessi, basandosi sul reciproco rispetto – tra le persone e verso la città.
Una volta messi i necessari paletti sulla “pars destruens” (difesa dall’invasività dei plateatici) nel corso della serata si è valutata la necessità di sviluppare la “pars costruens”, vala a dire la capacità degli abitanti di dare vita allo spazio pubblico, con la loro presenza, le loro attività le loro iniziative.
Qui San Giacomo ha una tradizione alla quale non vuole venire meno. Dalla festa delle benefica, al torneo di pallavolo del CUS Venezia, dalla cura dell’orto urbano al tango nel periodo estivo, alle attività “vidane”.
Il più grande lascito della “comunità della Vida” resta questo: vivere la città, I suoi spazi, i suoi campi, gli edifici e gli spazi pubblici non utilizzati non come elementi da alienare ai privati, perché lo mettano a reddito (sottraendoli per sempre alla città in favore della rendita speculativa e della monocultura turistica).
No, si tratta di considerarli beni comuni emergenti, da mantenere all’uso pubblico, prendendo in considerazione le proposte e le disponibilità di cura delle comunità locali. In questo modo queibeni e quei compendi non solo non vengono persi ma vengono valorizzati da quella che possiamo definire “redditività civica”.
Nel caso di San Giacomo si è pensato. Dopo gli interventi che sono stati fatti in assemblea, a prossime attività che potrebbero svolgersi, con il tempo necessario e preparale, attorno al “pozzo della Vida”.
Dalla possibile presentazione di libri (in particolare di quelli che parlano della città e ne esprimono i punti di vista e le idee) allerappresentazioni del teatro civico che a Venezia è andato proponendo in questi anni (e che la Vida ha già ospitato).
Al termine della discussione ci siamo spostati sul pozzo e abbiamo concluso la serata come nella tradizione vidana: ombre cicchetti e chiacchiera in libertà. Anche questo è essere comunità…


Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!
1 commento
In pieno accordo con Santi su plateatici e uso dei luoghi per i residenti!
Logge della Pescheria da destinare a centro culturale!