Abbiamo capito, con profonda amarezza, che anche Mbappé è uguale agli altri. Peccato, perché con quel visetto simpatico, quello sguardo sorridente e quell’idea di pulizia e gentilezza che lasciava trasparire in ogni circostanza ci eravamo illusi che potesse essere diverso e migliore. Speravamo che almeno lui avvertisse il senso della storia e del mito, che dicesse presto basta a una compagine artificiale, costruita a tavolino, senz’anima e senza idee, imbottita di soldi e assemblata alla male e peggio da un gruppo di potere desideroso unicamente di pubblicizzare un Mondiale farlocco e privo di valore: per le date, per le condizioni strazianti in cui sono stati costretti a lavorare gli operai per costruire gli stadi e per il fatto di essere il trionfo del business su qualsivoglia forma di etica e di rispetto per la dignità umana. Insomma, una competizione che ci saremmo volentieri risparmiati e che desacralizza una volta per tutte la magia di un torneo che un tempo costituiva davvero il sogno di ogni bambino.
Se a ciò aggiungiamo l’ignavia dell’UEFA, pronta a fare fuoco e fiamme contro la pessima proposta della Superlega, avanzata con prepotenza da alcuni dei principali club europei, ma intenta a non far nulla al cospetto di una palese distorsione del mercato e del rapporto fra le società introdotta dai nuovi padroni del calcio europeo, ci rendiamo conto del perché il giocattolo si sia ormai rotto. E forse comprendiamo anche le ragione per cui le nuove generazioni preferiscano fare altro piuttosto che seguire uno spettacolo che non è più tale, uno sport che sta diventando il regno dell’ingiustizia e della disuguaglianza, un esempio di amoralità che spesso sfocia nella vergogna, come nel caso di un contratto al di là del buon senso, del buon gusto e persino della decenza.
Spiace dirlo, ma la cifra monstre con cui i proprietari del PSG hanno trattenuto Mbappé a Parigi non ha alcuna giustificazione. E non venga il nostro a parlarci di una scelta fatta col cuore e senza badare al portafoglio, anche se va detto che pure la somma prevista dal Real Madrid era abbastanza indecente, perché è evidente che le cose stanno diversamente. Il campione francese è rimasto perché gli hanno offerto, in sostanza, ciò cui nessun giocatore dovrebbe aver diritto, ossia la possibilità di comandare su tutto e su tutti, di scegliere i compagni con cui giocare, l’allenatore e i dirigenti: uno strapotere che finirà col lacerare lo spogliatoio e che costituisce un simbolo di iniquità e di squilibrio. Un giocatore incapace di adattarsi al contesto, infatti, rischia di diventare un uomo capriccioso, umorale, inadatto alla convivenza civile in quanto abituato a essere il dominus, con tutti ai suoi piedi e nessuno che possa fargli notare quanto stia sbagliando. In democrazia, una situazione del genere è sbagliata a ogni livello, figuriamoci quando si tratta di un ragazzo di ventitré anni che ha ancora bisogno di crescere, maturare e vivere a pieno le proprie esperienze.

Quella di Mbappé rischia di essere, dunque, la rovina di un fuoriclasse che non ha accettato di essere un fenomeno tra i fenomeni, uno dei tanti grandi giocatori che hanno calcato il prato del Bernabéu, preferendo diventare il re di un club artificioso, poggiato su una montagna di soldi ma privo di identità, in cui tutto è costruito a tavolino e si perde completamente la dimensione etica dello stare insieme. Speravamo che almeno Kylian volesse essere diverso: uno Zidane degli anni Venti, un vincente capace di misurarsi con altri vincenti, un idolo della Francia ma, al tempo stesso, un cittadino del mondo, pronto a mettersi in gioco e ad abbracciare la bellezza dello sport ai livelli che la sua classe gli permetterebbe di frequentare.
Se avesse scelto non dico il Real ma anche il Liverpool, avrebbe assunto una decisione significativa e degna del massimo rispetto. Anfield Road, a sua volta, ha una storia e un’identità precisa, e il nostro dovrebbe riflettere sul fatto che, guarda caso, nella sua Parigi, saranno questi due club a contendersi la coppa dalle grandi orecchie, l’obiettivo di ogni grande giocatore che anche quest’anno lui potrà ammirare, al massimo, dalla tribuna. Del resto, lo abbiamo visto con Messi, Sergio Ramos, Donnarumma e altri protagonisti di questa tristissima stagione, tanto forti col pallone tra i piedi o nel volare da un palo all’altro della porta quanto fragili quando si tratta di assumere decisioni veramente importanti, purtroppo incapaci di essere bandiere delle squadre cui devono tutto, che li hanno resi celebri, riempiti di soldi e ai quali loro hanno voltato alle spalle per inseguire uno stipendio ancora più faraonico e una gloria fittizia. Ci dispiace soprattutto per i più giovani, per quelli come Mbappé, che hanno tutta la carriera ancora davanti e tanto da dimostrare. Ci spiace che non si siano dimostrati uomini al momento opportuno. Potranno ottenere tutti i riconoscimenti individuali di questo mondo, sia chiaro, ma non potranno mai essere considerati dei punti di riferimento.
D’altra parte, Totti, Maldini, Del Piero o Hierro si nasce e gli attuali divi del pallone, modestamente, non lo nacquero. Ci auguravamo che sapessero almeno distinguere il prestigio vero da una sorta di deposito di zio Paperone senza valori, ma ci sbagliavamo. Ci resta il rimpianto di vedere un ragazzo che avrebbe avuto tutti i mezzi per diventare una leggenda buttarsi via, destinato com’è a consacrarsi al massimo come fenomeno sportivo. È il simbolo di una stagione che ha mercificato ogni cosa e privato la vita di quel minimo di epica necessaria per non rassegnarsi alla tristezza quotidiana. Un esempio da non seguire, con il rischio di trovarsi un giorno ricchissimo di soldi ma pieno di rimpianti per ciò che sarebbe potuto diventare e non è diventato.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!