Ma non avremo umiliato troppo questi ragazzi?

ROBERTO BERTONI BERNARDI
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Vien da chiedersi, dopo il 5 a 2 subito dagli Azzurri in quel di Mönchengladbach, se l’estate scorsa non abbiamo un po’ sopravvalutato questa Nazionale e il suo commissario tecnico. Perché va bene la bella vittoria, a cinquantatré anni di distanza dall’ultima, risalente addirittura al 1968, va bene la crescita esponenziale di alcuni talenti, va bene la gioia e l’illusione che il peggio fosse alle spalle, ma son trascorsi dodici mesi e ci troviamo a fare i conti con una disfatta senza precedenti. Fuori dai Mondiali per la seconda volta consecutiva, battuti nella partita decisiva dalla modesta Macedonia del Nord, e sconfitti nella finalissima fra le vincitrici del torneo europeo e di quello sudamericano da un’Argentina nettamente più forte, ci troviamo oggi a dover fare i conti con un girone di Nations League nel quale abbiamo mostrato limiti evidenti.

Persino contro un’Inghilterra non certo in spolvero, abbiamo creato tanto ma non siamo riusciti a segnare, come se il gol fosse un orpello e non l’essenza di questo gioco. Contro la Germania, all’andata ci aveva fatto sognare il giovane e bravissimo Gnonto, che ovviamente abbiamo lasciato andare all’estero perché da noi un ragazzo in gamba, colto e con la testa sulle spalle, oltretutto forte e determinato come pochi, non può trovare spazio: non sia mai che dovessimo rinunciare al fascino esotico di qualche megadelusione galattica, possibilmente attempata e costosissima!

Al ritorno, invece, dopo le buone prove offerte contro l’Ungheria del nostro Rossi, un allenatore che qui avrebbe trovato spazio giusto in serie minori, e la già menzionata Inghilterra, siamo letteralmente crollati. Mai in partita, presuntuosi, evanescenti, privi di grinta e di voglia di lottare, con un portiere, Donnarumma, che dà l’impressione di star attraversando una crisi non solo sportiva ma quasi esistenziale, una difesa in profondo affanno, un centrocampo non all’altezza di quello delle corazzate internazionali e un attacco spuntato, tanto che a segnare, oltre al sorprendente Gnonto, ha dovuto provvedere Bastoni, un difensore. I problemi li abbiamo già analizzati mille volte, a cominciare dai giovani privi d’esperienza perché alle nostre latitudini, a vent’anni, non si è considerati pronti per nulla mentre il Real Madrid, ad esempio, ha costruito lo scheletro del futuro su tre ventenni assatanati come Valverde, Camavinga e Tchouameni, destinati a non far rimpiangere i mostri sacri artefici delle cinque Champions League in nove stagioni che hanno rimpinguato la già impressionante bacheca delle merengues.

Sarebbe opportuno ripartire dai ragazzi di Nicolato, da quell’Under 21 che negli anni Novanta costituiva il serbatoio naturale della Nazionale maggiore, regalandoci soddisfazioni incredibili e forgiando il gruppo che avrebbe alzato la Coppa del mondo a Berlino nel 2006. Sarebbe opportuno che le nostre sedicenti “grandi” decidessero di puntare su almeno alcuni di questi giovani di talento, ma basta dare un’occhiata alle notizie relative al calciomercato per rendersi conto che non accadrà. Sarebbe opportuno, inoltre, ammettere che Mancini non è proprio il non plus ultra: è il migliore fra quelli disponibili a gestire questa nave impazzita ed evidentemente alla deriva, ma anche sulle sue scelte qualche legittimo dubbio comincia ad affiorare. E sarebbe opportuno, infine, domandarsi per quale motivo a questi virgulti troppo spesso manchi la voglia di impegnarsi, come se non vedessero davanti a sé alcun futuro, come se si fossero lasciati andare, come se scontassero, sia pur con molti più soldi a disposizione, lo stesso dramma dei loro coetanei, in un’Italia che umilia il talento, calpesta la dignità delle nuove generazioni e le priva di qualunque sbocco, fino a inaridirne l’entusiasmo, a fiaccarne la speranza e a privarli di quella grinta e di quella forza d’animo che aveva caratterizzato, ad esempio, la Nazionale di Lippi nel 2006, capace di imporsi per 2 a 0 su una Germania fortissima, in un Westfalenstadion di Dortmund quasi interamente schierato dalla parte dei padroni di casa.

Sbaglia chi pensa che il calcio non sia una metafora delle condizioni del Paese. È proprio così, e nella nostra ennesima sconfitta sono evidenti i segnali di un declino che va ben al di là del pallone e investe ogni ambito del nostro stare insieme. O cambiamo tutto, puntiamo davvero sui giovani, la smettiamo di teorizzare la furbizia da due soldi e il non gioco attendista e condanniamo senza appello certe dirigenze, che hanno ampiamente dato prova di non essere all’altezza, ovunque siano state chiamate a misurarsi, o continueremo a subire eliminazioni brucianti e batoste indegne della nostra storia e della nostra tradizione calcistica. La sensazione è che le suddette dirigenze non abbiano intenzione di cambiare alcunché, che abbiano tutti i mezzi per condizionare il dibattito pubblico a proprio favore e che se pure si dovesse intravedere qualche barlume di cambiamento, sarà di natura gattopardesca. I veri innovatori non abitano più qui.
Roberto Bertoni Bernardi 

Ma non avremo umiliato troppo questi ragazzi? ultima modifica: 2022-06-15T18:40:00+02:00 da ROBERTO BERTONI BERNARDI
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1 commento

stefano vicini 16 Giugno 2022 a 9:11

Concordo pienamente. Analisi spietata ed esatta. La Spagna vince perchè punta sui giovani. Poi per tornare a questioni facili, non è vero che non ci sia nulla di meglio di Mancini: Gigi Di Biagio ad esempio, persona di spessore.

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