[ATENE]
Da quando è in carica, dal 2014, avendo battuto il concorrente italiano, Enrico Letta, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg mantiene la stessa espressione di leggero spaesamento e confusione. D’altra parte il norvegese fu prescelto in quanto dava garanzie di essere un perfetto segretario dell’Alleanza: durante la sua carriera in Norvegia aveva dimostrato di non avere un’opinione propria, preferendo, di regola, ripetere frasi fatte e banalità.
Nessuna sorpresa: da quasi mezzo secolo, questo e non altro è il ruolo del segretario dell’Alleanza. Le decisioni, si sa, sono prese da Washington, ed è sempre Washington che si assume anche il compito di convincere qualche sparuto dissidente. Il segretario deve solo essere quello che spiana la strada verso l’approvazione delle decisioni che hanno già preso gli Stati Uniti, e magari, nel caso ne abbia la capacità, fornire al progetto americano qualche argomento di sostegno in più. L’ultimo segretario della Nato che aveva opinioni proprie e non esitava a esprimerle, penso sia stato Manlio Brosio.
Per trovare conferma alla nomea dell’attuale segretario della Nato (il mandato scade alla fine dell’anno) basta osservare il suo atteggiamento verso la Turchia. Paese problematico e sempre propenso alla trattativa da bazar orientale, ma particolarmente considerato da Stoltenberg. Nel luglio del 2016, quando ci fu a Istanbul l’enigmatico tentativo di golpe contro Recep Tayyip Erdoğan, il segretario Nato fu tra i primi a esprimere, prima ancora che fosse chiaro cosa stava succedendo, la sua severa condanna dei golpisti. Nei giorni seguenti l’Unione Europea e anche Washington condannarono il tentativo di colpo di stato ma anche la feroce purga e gli arresti in massa che aveva scatenato Erdoğan e che continua fino ad oggi. Tutti meno Stoltenberg che preferì tacere. L’unica sua presa di posizione venne cinque mesi più tardi, quando fece sapere che “alcuni ufficiali turchi impiegati nelle strutture amministrarive Nato hanno chiesto asilo ai paesi in cui lavorano”.

Più tardi abbiamo rischiato il coinvolgimento della Nato in una guerra grazie agli attacchi turchi contro aerei russi in Siria e con l’assassinio dello stesso ambasciatore russo ad Ankara. Poco dopo abbiamo avuto l’invasione turca in Siria e in Iraq e l’occupazione permanente di territori di questi due paesi. Ma Stoltenberg non ha ritenuto opportuno esprimere il suo parere. Cosa ne pensasse lo sappiamo ora, quando la guerra in Ucraina ha spinto due paesi tradizionalmente neutrali a chiedere l’adesione all’Alleanza.
Tutti i paesi membri, compresa la Norvegia, non hanno avuto nulla da obiettare alla libera scelta dei due paesi nordici. Tutti eccetto Ankara che spudoratamente tenta di ricattare i due candidati per far loro negare l’asilo e il sostegno politico e umanitario che offrono ai kurdi e ai dissidenti turchi, comunisti e gullenisti. Cosa dice Stoltenberg? “Dobbiamo tenere conto delle serie preoccupazioni della Turchia riguardo all’organizzazione terroristica Pkk e andare avanti. La Turchia ha sofferto dal Pkk e ha subito più danni dal terrorismo da qualsiasi altro paese alleato. Così le sue preoccupazioni sono comprensibili e gli alleati ne devono tenere conto seriamente”. In parole semplici, cari svedesi e finlandesi, abbandonate la vostra politica di asilo e accoglienza e lasciate liberi i turchi di scannare i kurdi e i dissidenti. Molto convincente e soprattutto democratico.
Forse la Francia, colpita tante volte dai jihadisti, avrebbe qualcosa di ridire sulle “sofferenze senza pari turche”. Ma anche Washington non ha esitato a suo tempo ad allearsi con i “terroristi kurdi” in Siria. Che la visione del segretario sia leggermente distorta viene comprovato anche da altre sue dichiarazioni, secondo le quali “la Turchia è un alleato importante poiché confina con l’Iraq e la Siria. Ha svolto un ruolo decisivo nella guerra contro l’Isis, nella liberazione del territorio occupato dall’Isis in Iraq e in Siria”. Chiunque abbia anche una vaga informazione sa che la Turchia non solo non ha combattuto l’Isis ma lo ha sostenuto ampiamente, aprendo corridoi per i rifornimenti, curando i feriti e perfino arruolando alcuni gruppi di islamisti. Riguardo ai territori “liberati dall’Isis”, tutti sanno che erano stati invece liberati dai kurdi contro i quali Erdoğan ha scatenato le sue truppe, in cui c’è un numero considerevole di jihadisti arabi.

Negli ultimi mesi, visto che in Turchia sono previste elezioni agli inizi del 2023, la classe politica del paese fa a gara su chi è più aggressivo e minaccioso verso la Grecia. Esponenti del governo hanno apertamente minacciato che “non rispetteranno la sovranità greca nelle isole che non osservano l’obbligo di smilitarizzazione”. Ogni giorno nei Tg turchi c’è un generale, un esperto o un diplomatico che spiega al pubblico quanto sia “ingiusto” e “scandaloso” che ci siano isole “occupate dai greci” proprio dirimpetto delle coste turche. L’immagine che si vuole dare al pubblico anatolico è che il paese sta per essere invaso dai greci e quindi le sagge forze armate turche potrebbero colpire per prime nell’Egeo. Ricordando l’infelice avventura ellenica in Asia Minore esattamente cento anni fa, lo stesso Erdoğan ha più volte minacciato la Grecia “che questa volta sarà ancora peggiore”. Queste dichiarazioni senza precedenti hanno messo in allarme i militari greci che si sono scontrati con il governo cercando di bloccare lo spostamento in Ucraina di sistemi d’arma importanti per la difesa delle isole. Ma anche a Mosca hanno suggerito ai turisti di evitare le coste turche nell’Egeo nel periodo 15-30 luglio. Il 20 luglio nella parte settentrionale di Cipro i militari turchi festeggiano con parate ed esercitazioni l’invasione del 1974.
Cosa dice il segretario Nato di questa situazione di estrema tensione? Che “ci sono divergenze tra i due paesi, che devono essere risolte tra di loro”. Ponzio Pilato non avrebbe potuto dire meglio.
È vero che nella Nato l’invasione di un paese membro contro un altro paese membro non è considerato un problema. Fin dall’epoca di Joseph Luns, quando fu per l’appunto sancita la famigerata “dottrina Luns”, tuttora in vigore, che determina esattamente questo. Ma rimane il grande interrogativo: a cosa è dovuto questo grande amore di Stoltenberg verso la Turchia? Tanto che il presidente del partito socialista greco Pasok lo ha invitato a scegliere tra l’essere “ambasciatore di Erdoğan oppure segretario generale della Nato”. L’ex ministro degli Esteri Petros Molyviatis, conservatore e atlantista di ferro, non ce l’ha fatta più e ha indirizzato sul quotidiano di destra Kathimerini una severissima lettera aperta a Stoltenberg, in cui, dopo avergli ricordato che il suo non disprezzabile stipendio viene pagato dai paesi membri, ha ricordato le continue violazioni e le esplicite rivendicazioni della Turchia, concludendo che trattare allo stesso modo l’aggressore e l’aggredito significa favorire di fatto l’aggressore.

Il mezzo dei regalini più o meno importanti la Turchia lo usa abbondantemente, anche in Italia, a giudicare dagli esponenti politici che ogni luglio passano la loro settimana di vacanze gratuite a Kyrenia, nella Cipro occupata. Ma non è questo il caso di Stoltenberg. L’ipotesi secondo me più credibile è che il politico norvegese è stato informato con particolare diligenza su come la burocrazia profonda del dipartimento di Stato e del Pentagono giudicano la Turchia: un “alleato indispensabile” che “per alcun motivo non deve cambiare campo”, punto. E’ una dottrina inflessibile che ha più volte portato Washington a rischiare i suoi rapporti con il mondo arabo e perfino quelli, ben più importanti, con Israele. Ma questi rischi per il cervello di Stoltenberg sono una irrilevante sfumatura. Egli ha preso di peso il dogma e lo ha fatto suo in termini assoluti. Pretendere da lui di elaborarlo e di relativizzarlo, comprendere che la Nato è un’alleanza non solo militare ma anche politica, dove vige il principio dell’unanimità e non va bene cedere ogni volta ai ricatti del sultano, sarebbe una pretesa senza senso. Se avesse avuto queste capacità, probabilmente non sarebbe stato nominato segretario generale della Nato.

Immagine di copertina: Jens Stoltenberg con il primo ministro svedese Magdalena Andersson “per discutere delle preoccupazioni sollevate dal nostro alleato #Türkiye che devono essere affrontate e prese sul serio. Stiamo lavorando per trovare una soluzione il prima possibile” (dall’account Twitter @jensstoltenberg)

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