Re Ago

Gli ottant’anni di Giacomo Agostini. Quando le corse erano leggenda.
ROBERTO BERTONI BERNARDI
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Ha da poco compiuto ottant’anni Giacomo Agostini, il fuoriclasse lombardo del motociclismo che ha preceduto il mito di Valentino Rossi e fatto dell’Italia un popolo di appassionati delle due ruote a motore. Non si contano,  infatti, le sue vittorie, i suoi titoli, le imprese di cui è stato protagonista, a cominciare dal trionfo alla duecento miglia di Daytona, quando con la sua classe riuscì a ribaltare stereotipi e pregiudizi e a far vedere agli americani di che pasta fosse fatto. Lo avevano apostrofato con nomignoli come “Ago-Daisy” (Ago, la margherita per la sua fama di playboy) e “Ago-Dago”, sottolineandone in maniera spregiativa le origini latine e sottintendendo, per questo, la sua inferiorità. Si allenò alla grande, fu meticoloso in ogni singolo dettaglio, caratteristica che ha scandito la sua carriera dall’inizio alla fine, e prevalse sul padrone di casa Kenny Roberts, il quale rimase a bocca aperta al cospetto di quest’autentica macchina umana.

Perché Agostini è stato anche il primo campione robotico della storia dello sport, una sorta di Cristiano Ronaldo ante-litteram. Basti pensare alla condotta monastica che si impose, immaginiamo, dato il tipo, con quanta sofferenza personale, per arrivare al massimo della forma alle corse, alla sua attenzione a ogni minimo dettaglio, alla pignoleria con cui conquistò e sbalordì persino i giapponesi della Yamaha e alla regolarità con cui, fra il ’68 e il ’72, condusse la MV Agusta sul tetto del mondo.

A differenza di Valentino Rossi, ha fatto parte dell’ultima stagione in cui il motociclismo era davvero epica, in cui ogni vittoria entrava dritta nella leggenda e in cui i piloti rischiavano tanto, spesso tutto, essendo le tecnologie assai meno sviluppate di adesso e gli incidenti mortali all’ordine del giorno.

Del resto, non poteva conservarsi ai massimi livelli per oltre dieci stagioni un pilota ordinario. Agostini aveva in sé un qualcosa di soprannaturale, un talento fuori dal comune, che emerse fin da subito e lo portò a scalare le vette planetarie al cospetto di avversari agguerriti e, a loro volta, fortissimi. Egemonizzò gli anni Sessanta e parte dei Settanta, conquistò persino Enzo Ferrari, il “Drake” di Maranello, che l’avrebbe voluto alla guida della mitica Rossa, essendo il nostro piuttosto bravo anche al volante, ma poi Ago preferì rimanere in sella alla moto e quando arrivò all’automobilismo era ormai anziano e prossimo all’abbandono delle competizioni. Chissà come sarebbe stata la sua carriera in Formula 1! Forse avremmo avuto un mito italiano in grado di vincere con la Ferrari: un sogno che, purtroppo, è rimasto tale.

Ci consoliamo, tuttavia, pensando a quanto abbia vinto, il nostro, sui circuiti di tutto il mondo, facendo la fortuna di varie case motociclistiche e contribuendo a migliorare l’immagine dell’Italia all’estero in anni tuttaltro che semplici per il nostro paese. È stato anche un uomo da copertina, in virtù della sua bellezza, del suo fascino e, stando a quel che si dice, dell’attrazione che esercitava sulle donne. Insomma, un latin lover dal fascino indiscutibile, un dominatore indiscusso dei circuiti, un vincente per scelta e per destino ma, al tempo stesso, una persona capace di conservare, negli anni, umiltà e buonsenso, virtù rare al giorno d’oggi.

Non a caso, si è garantito una serena vecchiaia, l’affetto di tutte e tutti noi e il ricordo nostalgico di chiunque lo abbia visto gareggiare. Anche i più giovani, forse, leggendo queste considerazioni, avranno voglia di informarsi su questo personaggio: un precursore in molti ambiti, un idolo che si è conservato umano mentre l’intera società stava sprofondando nel baratro di un divismo di cartapesta e della totale scomparsa di principî e valori. 

Immagine di copertina: Giacomo Agostini (51) vince a Brno il Gran premio di Cecoslovacchia, 1972, classe 500cc davanti a Jack Findlay (56) e Bruno Kneubuhler (80).

Re Ago ultima modifica: 2022-07-18T20:32:22+02:00 da ROBERTO BERTONI BERNARDI
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