Appassionanti giorni di sport

ROBERTO BERTONI BERNARDI
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Partiamo da Wembley [immagine di copertina], dai quasi novantamila spettatori e spettatrici che hanno assistito alla finale degli Europei femminili fra le padrone di casa dell’Inghilterra e la Germania. Non possiamo dire che sia stata una riedizione dell’indimenticabile finale del ’66, resa celebre dal gol fantasma di Hurst, ma certamente dovrebbe indurci a riflettere il fatto che all’epoca alle donne fosse addirittura vietato giocare a calcio mentre oggi, in uno dei templi dello sport mondiale, una finale fra donne sia stata seguita al pari di una competizione maschile. Non solo: il numero complessivo di persone presenti sugli spalti è più che raddoppiato rispetto all’ultima edizione, anno 2017, a dimostrazione che il percorso ormai è netto e la strada è tracciata. Indietro, per fortuna, non si può tornare ed è un bene perché la meraviglia cui abbiamo assistito ci ha riempito gli occhi e il cuore di gioia. Il 2 a 1 delle inglesi, stando al dato tecnico, è stato ampiamente meritato, al cospetto di una Germania che aveva dominato otto delle dodici edizioni precedenti ma che domenica pomeriggio ha giocato bene ma non ha dato certo il meglio di sé, accusando un po’ di stanchezza e pagando il prezzo di qualche infortunio di troppo. Fatto sta che la vera notizia era la poesia di quello stadio così pieno, così composto e, al termine della gara, anche felice, alla presenza del principe William e in un contesto di parità ormai ampiamente raggiunto.

Era ora!

Venendo all’Italia, ci spiace dover constatare che l’estate del 2022 non è positiva come quella del 2021. Siamo andati bene nel nuoto, ormai serbatoio di medaglie anche alle Olimpiadi, ma assai meno bene nell’atletica, per non parlare poi della cocente delusione rappresentata dalle Azzurre di Milena Bertolini, eliminate al primo turno e, a tratti, quasi imbarazzanti. Ci addolora perché le nostre ragazze hanno tutti i mezzi per dare il massimo: peccato che stavolta, fin dal drammatico esordio contro la Francia, sia andato tutto storto.

Torniamo, poi, indietro di un secolo per rendere omaggio al Vado. Pochi conoscono la storia di questa compagine ligure, ricordata perché fu la prima squadra ad aggiudicarsi la Coppa Italia, mentre si stava consumando una sorta di scisma fra la FIGC e le grandi squadre (era un po’ la Superlega dell’epoca) e nella confusione generale ebbe la meglio questa formazione che poi è caduta nell’oblio, la cui effimera gloria è legata a filo doppio al nome di un centravanti celebrato persino dal Quartetto Cetra.

Parliamo di Virgilio Felice Levratto, “oh oh, oh, oh che contrattacco!”. Ed era forte davvero, se si considera che possedeva un tiro formidabile e un’abilità sotto porta da fare invidia a molti attaccanti contemporanei. Non a caso, giocò anche nel Genoa, nell’Ambrosiana Inter e nella Lazio, concludendo la carriera a quasi quarant’anni, un’età per l’epoca considerevole, e mantenendo una media realizzativa invidiabile lungo l’arco dell’intera carriera. Fu anche il vice di Bernardini sulla panchina della Fiorentina che vinse il primo scudetto nel ’56 e che l’anno dopo si andò a giocare la Coppa dei Campioni al Bernabéu di Madrid, dovendosi arrendere al cospetto di una squadra inarrivabile. Al Vado, alla sua vittoria contro l’Udinese e a questa ricorrenza meritevole di essere citata dedichiamo con piacere spazio, se non altro per far conoscere una vicenda poco nota agli appassionati di oggi ma ricca di quel fascino pionieristico che le cronache sportive di inizio Novecento possiedono da sempre.

(Collezione Famiglia Pierluigi Colò) – Forca Canapine, anno 1948, il “Diavoletto Rosso”, com’era chiamata Celina Seghi, sopra un simbolico piedistallo quando mise dietro di sé anche gli atleti maschi.

Ci ha lasciato, nei giorni scorsi, Cecilia Seghi, la sciatrice dell’Abetone, amica di Zeno Colò, un’istituzione dello sport italiano e un punto di riferimento per tutti coloro che seguono con interesse questa disciplina. Se n’è andata, a centodue anni, la regina delle nevi e vogliamo ricordarla non solo per la sua esistenza lunga e prodiga di soddisfazioni ma anche per il garbo, la correttezza e il gusto con cui ha speso ogni singolo giorno, appassionata com’era della vita e capace di godersela senza pause. Del resto, se non avesse avuto queste caratteristiche, non sarebbe stata così longeva e, soprattutto, colma di amore per il prossimo e animata dal costante desiderio di trasmettere le sue competenze e la sua incredibile memoria storica.

L’abbraccio del presidente Obama con Bill Russell in un‘immagine del grande fotografo Pete Souza

Addio, infine, a Bill Russell, mito indiscusso del basket americano, scomparso all’età di ottantotto anni. Nel 2011 Obama lo insignì della Medaglia presidenziale della libertà, il massimo riconoscimento che esista negli Stati Uniti, premiando una vita trascorsa a dispensare magie sul parquet con indosso la maglia dei Boston Celtics ma animata anche da una straordinaria passione politica e civile che lo portò a essere in prima fila nelle lotte per i diritti umani e in favore dell’integrazione dei neri nella società. Nel ricordarlo, l’ex presidente ha scritto:

Oggi abbiamo perso un gigante. Per quanto Bill Russell fosse alto, la sua eredità sale molto più in alto, sia come giocatore che come persona. Forse più di chiunque altro, Bill sapeva cosa ci voleva per vincere e cosa ci voleva per guidare. In campo è stato il più grande campione della storia del basket. A parte questo, è stato un pioniere dei diritti civili, marciando con il dottor King e stando con Muhammad Ali. Per decenni Bill ha sopportato insulti e atti vandalici, ma questo non gli ha mai impedito di parlare per ciò che è giusto. Ho imparato così tanto dal modo in cui ha giocato, dal modo in cui ha allenato e dal modo in cui ha vissuto la sua vita. Michelle ed io mandiamo il nostro amore alla famiglia di Bill e a tutti coloro che lo ammiravano.

Se amiamo così tanto lo sport, qualunque sia la disciplina, è perché ci trasmette tuttora emozioni indescrivibili, portando alla ribalta storie e personaggi che altrove non avrebbero mai avuto spazio.

Appassionanti giorni di sport ultima modifica: 2022-08-02T16:20:52+02:00 da ROBERTO BERTONI BERNARDI
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