Chi mira a introdurre riforme costituzionali può avere diversi obiettivi. Noi qui abbiamo preso in considerazione l’obiettivo di rendere i governi più forti e più stabili. E abbiamo esaminato la proposta già fatta in passato e recentemente ripresa, di adottare la formula del “Sindaco d’Italia”.
Ora proseguiamo con una proposta che intende raggiungere il medesimo obiettivo con un metodo diverso, la “sfiducia costruttiva”.
Chiariamo anzitutto che questa soluzione (ammesso che sia, una soluzione) richiede che ci si trovi in un sistema parlamentare, in un sistema cioè in cui il governo è scelto dal parlamento (cioè dall’assemblea rappresentativa, perché eletta direttamente), e in tanto sta in carica ed esercita le sue funzioni in quanto conservi la fiducia del parlamento. Se la perde deve dimettersi. In Italia abbiamo attualmente un sistema parlamentare.
Il fatto che in un sistema parlamentare il parlamento disponga, entro certi limiti, del governo (ricordo il ruolo che spetta al Presidente della Repubblica), fa sì che spesso prevalga la voglia di cambiarlo, il governo, o per cambiare il Presidente del Consiglio dei ministri all’interno di una medesima forza politica (succedeva così nel lungo regno della Democrazia cristiana), o per modificare le alleanze politiche. La conseguenza è stata che i governi in Italia hanno avuto la durata media di un anno. Si replica che fintanto che ha dominato la Democrazia cristiana vi è stata una sostanziale stabilità. SI dal punto di vista politico, perché non vi è stato altro partito che ne prendesse il posto, ma NO rispetto all’azione di governo. Rendendosi inutile la formulazione del proprio indirizzo politico, impossibile la progettazione dell’attività di governo, irrealizzabile la sua attuazione, vacuo il controllo da parte degli elettori e azzerata la continuità nei rapporti internazionali.

Qualche dato sulla durata dei governi dal 1945 al 2020 in Europa: il Regno Unito ne ha avuti 29, la Germania 22, la Francia 39 (dall’inizio della V Repubblica, 1958), l’Italia 66. I governi faticano a durare cinque anni, la durata della legislatura, ma durano pur sempre più di quelli italiani.
Per rimediare alla brevità dei governi senza uscire dal sistema parlamentare si è pensato di rendere più difficile far cadere il governo in carica. Senza entrare nei dettagli dei diversi tipi di sfiducia costruttiva esistenti, la funzione di stabilizzazione si dovrebbe realizzare tramite l’impossibilità di sfiduciare un governo (e costringerlo quindi alle dimissioni) senza accordare la fiducia ad un nuovo esecutivo pronto a subentrargli. È questo l’elemento “costruttivo”, da cui “sfiducia costruttiva”. Siamo nell’ambito della “razionalizzazione del parlamentarismo”, vale a dire del tentativo di rimediare ai suoi difetti (tra cui appunto la facilità di far cadere i governi), senza uscire da quella forma di governo, detta appunto parlamentare, perché è il parlamento che costruisce e tiene in piedi il governo.

In Europa occidentale il primo caso di utilizzazione della sfiducia costruttiva è quello tedesco (konstructives Misstrauensvotum), inserito già nella Legge fondamentale del 1949. La motivazione, evitare che si ripetesse l’esperienza dei governi di Weimar, con le frequenti crisi di governo che avevano preparato l’avvento del nazismo, responsabilizzando le forze politiche di opposizione e quelle dissidenti interne alla maggioranza ad esprimere un esecutivo alternativo a quello che si intende sfiduciare.
Sono pochi i Paesi che hanno adottato in Costituzione questo strumento: oltre alla Germania, la Spagna e il Belgio, senza grandi successi (tra questi, la successione di Kohl a Schmidt in Germania e di Sanchez a Rajoy in Spagna). E’ evidente infatti che è sempre decisiva la struttura politica che si ha di fronte.
In Italia se ne è discusso fin dalla prima Commissione, la Commissione Bozzi (1983), che ha avuto l’incarico di proporre modifiche costituzionali, ma non se ne è fatto nulla.

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