[ATENE]
L’ultimo ricordo che ho di Irene Papas è quello di un Venerdì Santo alla splendida basilica di San Teodoro al Foro Romano, gentilmente concessa dall’Italia e dal Vaticano al culto greco ortodosso. L’attrice aveva accettato di recitare uno dei brani più commoventi della Pasqua ortodossa. E’ il lamento della Madonna per la morte del figlio, conosciuto come “Ω Γλυκύ μου Έαρ”, in cui Maria si rivolge a Gesù chiamandolo la sua “dolce primavera”. Un capolavoro che eseguito con la voce profonda della grande attrice ha dato una sorpendente vampata melodica di grande commozione in una liturgia pasquale che già di per sè offre il meglio dell’arte bizantina, del tutto, come si sa, dedicata alla fede.

Una serata indimenticabile.Qualche anno dopo ho scoperto che non era stata un’iniziativa estemporanea ma che Irene da tempo era stata presa dalla melodia dei salmi pasquali. Li aveva eseguiti tutti in studio con l’accompagnamento musicale di un altro divo, Vangelis. Mentre scrivo queste righe ascolto proprio il loro CD.
In quel periodo, attorno al cambio del secolo, Irene si godeva Roma, città che amava profondamente. Quasi ogni sera si incontrava con un folto gruppo di amici, italiani e greci, che si espandeva o si restringeva a seconda delle occasioni. Talvolta ci si trovava in pochi nella sua residenza a Piazza di Spagna, altre volte c’erano moltitudini che si radunavano per l’occasione in osteria, ai bar del Pantheon o di Piazza del Popolo, (fino a quando c’erano), ma spesso anche in case ospitali. E’ in una di queste serate che il parroco di San Teodoro, probabilmente dopo aver sentito il CD con Vangelis, le aveva lanciato l’idea di arricchire la liturgia pasquale con la sua splendida voce.

Un tema che emergeva spesso in questi incontri tra amici riguardava il progetto di Irene di fondare e dirigere ad Atene una scuola di recitazione. Lo voleva veramente e spesso mi è capitato di seguirla mentre ne discuteva i dettagli, il costo, il luogo, i tempi, con gente di teatro che le telefonava oppure veniva appositamente da Atene. Poco dopo la sua splendida performance a San Teodoro la Papas fece sapere che il suo progetto era ormai nella fase conclusiva e quindi lasciava Roma per portarlo avanti dalla sua casa ateniese. Dopo qualche anno si è sparsa tra gli amici romani la triste notizia della malattia che l’aveva colpita. Allora alcuni rivelarono il segreto: già a Roma le era stato diagnosticato l’Alzheimer, le cui prime tracce erano la graduale perdita proprio di quella splendida voce che ci aveva tanto commosso. L’improvviso ritorno ad Atene era quindi dovuto a questo e non alla scuola.
L’annuncio della sua morte paradossalmente ha fatto notizia più in Italia che in Grecia. Certo, ha avuto un enorme impatto sull’opinione pubblica, specialmente a quelli della mia generazione che hanno avuto la grande fortuna di vederla recitare le tragedie antiche al teatro di Epidauro, un’altra emozione indimenticabile, un altro dono della grande artista. La sua dipartita avrebbe meritato se non un lutto nazionale, almeno una cerimonia funebre in presenza delle massime autorità. Non solo questo non è avvenuto ma la stessa notizia della morte è stata svilita e lanciata come se si fosse trattato di una semplice attrice, magari di una certa notorietà. In particolare nelle tv della destra oligarchica, che controllano l’informazione, la vita e l’opera della Papas sono state praticamente ignorate. La stessa portavoce del governo Aristotelia Peloni ha rilasciato una formale e laconica dichiarazione di cordoglio in cui si definisce Irene Papas “grande interprete teatrale”, ignorando le sue eccellenti performance nel cinema con il regista cipriota Michalis Kakoyannis e in tv, specialmente con la splendida Odissea che ha segnato a fondo la RAI dell’epoca Bernabei.

Il motivo di tale indifferenza, per non dire ostilità, è che Irene Papas veniva da una famiglia di partigiani e lei è sempre stata una democratica, una combattente per la libertà, a fianco della sinistra e dei movimenti progressisti non solo greci ma di tutta Europa. Dopo il colpo di stato dei colonnelli aveva trovato rifugio in Italia e aiutava con ogni mezzo anche gli altri rifugiati, tra i quali c’era anche la mia famiglia. È in quel contesto che io, ragazzino di tredici anni, l’ho conosciuta e ho iniziato ad ammirarla. Dopo il crollo del regime militare e la restaurazione della democrazia Irene si era lanciata in una serie di iniziative teatrali, godendo della libertà acquisita, senza trascurare la sua carriera internazionale, che presto la avrebbe portata a Roma. Una star “comunista” e ribelle. Un peccato che difficilmente le può perdonare un governo come quello attuale, composto in buona parte da estremisti di destra e nostalgici dei colonnelli. Personaggi concentrati sui soldi, incapaci di intendere la cultura. Irene Papas li aveva profondamente disprezzati in tutta la sua vita e probabilmente non li avrebbe voluti al suo funerale.

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