Articolo del Sole 24 ore del 5 settembre 2022, pagina intera dedicata alla convenienza, in termini economici, per il proprietario di immobili di optare per la short-rent piuttosto che per la locazione a studenti. Il test di convenienza cambia, quanto ai risultati, in considerazione della situazione di ciascuna città italiana, circostanza che sottende all’assunto che la gentrificazione è fenomeno che riguarda tutti i centri storici italiani (e internazionali) e non solo Venezia.
Non è però un caso che a margine, nella parte sinistra della pagina interamente dedicata all’analisi, un box sia riservato proprio a Venezia e alla drammaticità dello spopolamento, sotto la soglia dei cinquantamila abitanti. Il giornale, come quotidiano economico, esamina il fenomeno sotto il profilo strettamente finanziario, in un’ottica di raffronto dei rendimenti ritraibili dal real estate.
Si prescinde (salvo il trafiletto di cui si è accennato) da qualsiasi considerazione etica o sul destino dei centro storici. Il concetto è quello di massimizzare il rendimento e la performance a fronte della minimizzazione del carico fiscale. A tale fine, si propone un confronto tra flat tax (tassa piatta attualmente al 21 per cento) e tassazione ordinaria che – mutato lo scenario economico – potrebbe ritornare attrattiva per una certa fascia reddituale in ragione della crescente inflazione e del conseguente incremento ISTAT dei canoni locativi (incremento vietato se si opta per la cedolare secca). L’indagine statistica pecca, a mio avviso, quando omette di considerare le spese di gestione (pulizia, checking degli arrivi e delle partenze, ecc) operazioni che indubbiamente incidono – quando non sostenuti in-house – sul rendimento netto, comprimendolo.
Ciascuno sceglie quanto gli conviene di più, nel sacrosanto diritto individuale di disporre come vuole dei propri beni e di ciò che gli appartiene, logica che importa – nei centri storici – la scelta dei rentier di optare per la locazione breve. Oltre alla logica dei rendimenti maggiori, soccorrono altre ragioni, anche queste sommariamente esplicitate nell’articolo del Sole, quali i rischi di mancato pagamento dei canoni da parte di locatari morosi o inadempienti nel caso di contratti residenziali.

Risultato pratico: lo status di residente è ostativo alla sottoscrizione di un contratto, anche quando l’immobile è sfitto e nulla rende al proprietario. Questo perché la locazione tradizionale con contratto ai sensi della L. 431/98 è percepita non soltanto non vantaggiosa ma addirittura perniciosa. Nessuna garanzia che l’immobile venga mantenuto in buono stato, anzi oneri di manutenzione straordinaria e (spesso) anche ordinaria a carico esclusivo del proprietario, a fronte di rendimenti incerti e in ogni caso inferiori a quelli degli affitti brevi, la mancata disponibilità dell’alloggio quand’anche il proprietario ne abbia obiettiva necessità per le difficoltà di rilascio. Stante la crisi energetica incombente, viene da aggiungere che nell’immediato futuro il caro bollette (se non arginato da interventi statali) produrrà un’ulteriore richiesta di riduzione dei canoni, analogamente a quello prodotto dall’effetto pandemico. Ciò in ragione della riduzione della capacità di acquisto dei conduttori, in seria difficoltà nell’adempiere al pagamento canoni di affittanza oltretutto, incrementati, e non poco, dal fenomeno inflattivo, per quanto già osservato.
La circostanza sopra descritta è responsabile della drammatica carenza di offerta per contratti 4+4 ma anche 3+2 a canone concordato, molto spesso scartati, nella mia esperienza, anche aprioristicamente dai proprietari sul presupposto – spesso infondato – che i canoni calmierati siano comunque insufficienti e troppo bassi. Non si considera l’indubbio appeal fiscale di cui gode tale forma di locazione che può attenere anche a contratti transitori per studenti e che prevede la flat tax al dieci per cento invece che al ventuno per cento. Se invece si opta per la tassazione ordinaria, la specificità di Venezia insulare consente, oltre l’ordinario abbattimento del canone locativo del 35 per cento, l’applicazione di un ulteriore trenta per cento: (in pratica, su cento percetto, l’imponibile fiscale diventa 52,50). Allora, seguendo la stretta logica della massimizzazione dei rendimenti netti ritraibili, è senz’altro consigliato – quanto meno per chi dispone di alloggi non particolarmente mantenuti che non assicurerebbero canoni da locazione breve significativi (su AirB&b la qualifica di host e super host tiene anche conto, fra le altre, della qualità dell’alloggio con tariffe declinate variamente a seconda sia dei posti letto che delle caratteristiche dell’appartamento e dei servizi offerti) – considerare l’alternativa del contratto transitorio a studenti. Il Sole 24 ore sottolinea con forza il divario tra forte domanda di alloggi studenteschi e la cronica carenza in quasi tutte le città italiane.
Fin qui l’analisi strettamente economica epperò responsabile – per quanto attiene a Venezia insultare – della circostanza che chi pur desidererebbe trasferirsi in città, trova un mercato a dir poco asfittico, a fronte di decine di case libere e abbandonate. Gli aneddoti e le testimonianze al riguardo si sprecano. Non accenno né mi occupo del problema degli alloggi pubblici su cui altri hanno scritto e commentato meglio di me. Rimando all’ultimo post su facebook di Elena Ostanel: I dati sulle abitazioni sfitte a Venezia.



Accenno, invece, ai problemi urbanistici e di sicurezza che s’ingenerano nel caso, del tutto usuale, che un intero fabbricato sia composto da alloggi interamente deputati alla short rent, pur di diversi proprietari. Il turnover di ospiti e di persone che accedono e fruiscono dell’immobile, la necessità di manutenzione costante degli impianti e il consumo di energia attesa la noncuranza e il disinteresse dei temporanei inquilini a tematiche quali il risparmio energetico (difficile preoccuparsi su immobili occupati occasionalmente per una notte o due) o lo smaltimento dei rifiuti.
Dalla pagina istituzionale del Comune di Venezia si legge infatti testualmente:
L’art. 27 bis della L.R. 11/2013 prevede un particolare regime per le “locazioni turistiche” per le quali non è prevista autorizzazione da parte dell’amministrazione comunale. Per l’apertura di queste strutture ricettive, caratterizzate dall’assenza di prestazione di servizi, non è necessaria la presentazione di una Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) al Comune o di una domanda di classificazione alla Regione…
Elemento distintivo delle “locazioni turistiche” rispetto alle strutture ricettive è in sostanza l’assenza di servizi per gli ospiti con l’eccezione della fornitura di energia elettrica, acqua calda e fredda, gas ed eventuale climatizzazione; della manutenzione dell’alloggio, riparazione e sostituzione di arredi e dotazioni deteriorati. Infine, della pulizia dell’alloggio e, se richiesto, fornitura di biancheria, anche del bagno, esclusivamente ad ogni cambio dell’ospite.
La disciplina è normata, a livello statale, dalla L. 178/2020 che sancisce il discrimine tra “locazione breve” e impresa turistico ricettiva identificando nel superamento delle quattro unità abitative destinate alla locazione breve una presunzione di attività d’impresa turistico-ricettiva. Le conseguenze, oltre all’apertura della partita IVA e alla presentazione della SCIA al Comune, all’adempimento di tutti gli oneri previsti a livello regionale e urbanistico, ha importato il superamento della normativa comunale che prevedeva, ad esempio, la necessità delle fosse settiche e dell’obbligo di adeguamento degli scarichi reflui del centro storico anche alle unità residenziali adibite a locazione turistica gestite non in forma imprenditoriale (cfr determina dirigenziale del Comune di Venezia del 03.03.2020 , PG/2020/0123125– ante modifica legislativa).
Così stando le cose, ai sensi del Regolamento Regionale 10/09/2019 n 2, per iniziare l’attività è sufficiente una “comunicazione di locazione turistica” all’anagrafe Regionale che provvede all’inserimento della struttura nel proprio data base e attribuisce all’alloggio un codice identificativo per le comunicazioni ai fini statistici degli arrivi e delle partenze degli ospiti. Altra normativa disciplina il versamento dell’imposta di soggiorno (e la comunicazione telematica), oltre alla comunicazione in Questura delle generalità degli ospiti.

Mi chiedo quale sia la ratio di lasciare completamente libere le locazioni brevi, allorché gli effetti dal punto di vista pratico sono del tutto identici a quelli ingenerati dall’insediamento di una struttura ricettiva tradizionale (tipicamente un albergo o un’affittacamere).
Le obiezioni di quanti (i più) intravvedono nella locazione breve una forma di sostegno reddituale o addirittura una vera e propria occasione occupazionale tour court, si concentrano sull’assunto che il turismo da locazione breve, lungi da essere profittevole solo per il proprietario, sarebbe benefico per l’economia cittadina. Nulla centrerebbe con il degrado cittadino, prodotto da un turismo giornaliero definito becero e poco rispettoso della città. Quanto all’emorragia di residenti in città, sarebbe parte di un processo iniziato già a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso e di cui la situazione attuale non sarebbe che l’epilogo, mentre poco o nulla sarebbe imputabile allo short rent; quanto piuttosto a una scellerata politica della casa portata avanti proprio dalle amministrazioni di sinistra.
Si cita al proposito il turista acculturato che interviene per partecipare alla Biennale di Venezia, a eventi internazionali quotidianamente nell’agenda veneziana, persone con educazione, rispetto per la città, disponibilità di mezzi che – a fronte di un anonimo hotel, preferiscono l’esperienza decisamente più coinvolgente della “living Venice”. Sono per lo più persone (lo deduco dai racconti che me ne fanno i tanti amici trasformatisi nottetempo in host o superhost) con un alta propensione alla spesa e che in forza di ciò, consentirebbero l’innesco di un circolo virtuoso responsabile della nascita e del mantenimento di esercizi commerciali di qualità e /o essenziali per residenti.
È francamente irrealistico immaginare che una città possa continuare a costituire comunità in assenza di residenti (con tale termine intendo chiunque soggiorni in città per un tempo superiore ai 180 giorni). Invece a questo turismo “gentile” interessa proprio la particolare sostenibilità della città di persone, la sua mobilità urbana pedonale e acquea, l’acquisto nei negozi di vicinato o nei mercati rionali, le amabili “ciaccole” in calle davanti a un caffè…. Se questo finisce, irrimediabilmente finirà anche l’attrazione per Venezia.

In assenza di correttivi (a questo punto normativi e coercitivi, non potendo contare sulla spontanea iniziativa di mercato!) proprio la drammatica assenza di residenti insieme con il progressivo imbarbarimento del visitatore che sceglie di venire a Venezia, (l’introduzione del ticket non fermerà il fenomeno ma servirà esclusivamente a vincolare e controllare i residenti in centro storico!) finirà così per ritorcersi proprio contro quegli stessi che ora con tanta veemenza ribadiscono il loro diritto a locare a chi vogliono e a quanto vogliono, senza alcuna regolamentazione.
Muovendo dall’assunto che Venezia è un formidabile asset che attrae gli investitori per rendimenti difficilmente comparabili e superabili originati dal suo sfruttamento turistico, è naturale attendersi – analogamente ad una miniera abbandonata quando il filone si esaurisce – che anche questa forma di sfruttamento finirà per depauperare così tanto l’asset (analogamente alla “resource depletion”) da toglierli qualsiasi attrattiva se non quella della città museo.
Oramai la città di pietra può essere visitata (e lo sarà sempre di più) attraverso forme virtuali e nel metaverso. Indicativo, che ai piedi del ponte di Rialto, sia sorta recentemente un’agenzia che propone – a latere delle visita guidata al ponte di Rialto – , quella con gli “occhiali” della Realtà aumentata. Allora invece di imbattersi in orde di persone puzzolenti e maleducate, il turista preferirà l’acquisto del pacchetto “Virtual Venice”. Ci rimetteranno anche le locazioni brevi; si sarà completato il processo di sfruttamento; (come per le miniere) e la città sarà definitivamente abbandonata anche dai rentier.
Non è uno scenario apocalittico quello descritto. È soltanto la logica conclusione di un processo che – se lasciato a se stesso, senza i necessari correttivi (legislativi) – non potrà che condurre a un esito esiziale. Una città senza residenti è un guscio vuoto, come una miniera abbandonata.

Immagine di copertina: La cena in Pescheria promossa da Alta tensione abitativa, 29 agosto 2022, a favore della residenzialità a Venezia

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