“La crisi alimentare interpella l’Europa”. È il tema del convegno organizzato dall’Associazione culturale Fondaco Europa presso l’Auditorium di Campo Santa Margherita dell’Università di Ca’ Foscari di Venezia.
Ospiti d’onore gli studenti delle ultime classi dell’Istituto Francesco Algarotti, chiamati a testimoniare l’attualità dell’argomento che lega la guerra in corso in Ucraina ai grandi temi di crisi e carestia che oggi e purtroppo in futuro saranno di attualità in un panorama internazionale assai complicato e tragico.
Arcangelo Boldrin, fondatore e presidente di Fondaco Europa, ha introdotto l’argomento della discussione, di fronte a Caterina Carpinato, Prorettrice alla Terza missione dell’Università di Ca’ Foscari, Stefano Schiavo, direttore della Scuola di Studi internazionali e professore di Economia e Management presso l’Università di Trento, Silvia Oliva, Ricercatrice presso la Fondazione Nord Est, Gianpaolo Scarante, Ambasciatore e Professore di Teoria e Tecnica della Negoziazione Internazionale presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova e Ettore Prandini, imprenditore e presidente di Coldiretti, Paolo De Castro vice presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale presso il Parlamento Europeo

La crisi alimentare, è conseguenza della guerra russo-ucarina che occupa e preoccupa l’Europa: questa Europa che tutti nominano nel bene e nel male, e che come ricorda Carpinato nasce dal mito e dal mito antico giunge fino a noi oggi, da quella fanciulla di nome Europa che incalzata da Zeus camuffato da toro viene trasportata a forza nell’isola di Creta. Dalla terra dei Fenici la ragazza rapita arriva fino a noi come ideale di bellezza e soprattutto di apertura mentale, di capacità di ampliare gli orizzonti, di contaminare con l’antica cultura dei Fenici le terre dei Greci. E molti sono gli orizzonti da esaminare e le sfide da affrontare, in primis sconfiggere fame e povertà, ed offrire un’istruzione di qualità, scopo dell’Università che trasmette alla società i risultati degli studi e delle ricerche, per un futuro più sicuro legato alle giovani generazioni.
Sono tre fatidiche C a condizionare le nostre vite, e ce ne rendiamo conto oggi incalzati dall’emergenza di guerra e conseguente crisi alimentare: Conflitti, Covid, Clima. Tre fattori legati tra loro dei quali Silvia Oliva ha parlato, le tre C che in questi ultimi tre anni hanno marcato vite ed economie del mondo intero. Per quel che riguarda le carenze alimentari, nel 2019 gli indicatori internazionali erano volti ad un certo ottimismo poiché i dati relativi ai Paesi in via di sviluppo erano rimasti stabili, cibo e sicurezza alimentare assieme a produzione e distribuzione del cibo sembravano avviarsi verso risultati confortanti pur tra le note difficoltà: e questo fino all’arrivo del Covid quando rapidamente aumenta di 46 milioni il numero di persone che soffrono di insicurezza alimentare e 828 milioni di persone soprattutto bambini, sono sottoalimentati. Oggi il sessanta per cento delle persone che soffrono l’insicurezza alimentare vivono nei Paesi dove più forte è l’impatto tra questi tre fattori, e i cambiamenti climatici improvvisi fanno parte oramai delle nostre vite quotidiane.
Mettere a sistema conoscenze e competenze, spiega Stefano Schiavo è un modo per affrontare le differenti situazioni critiche: la crisi alimentare paventata allo scoppio della guerra dovuta all’invasione da parte della Russia in Ucraina fortunatamente non c’è stata almeno in Europa, perché il sistema globale di produzione e commercializzazione di beni agricoli si è dimostrato in grado di fare fronte all’emergenza e capace di affrontare e di rispondere alla carenza di grano che tanto preoccupava governi e popolazioni. Grazie alle azioni degli ultimi trent’anni come la creazione dell’OMC, organizzazione mondiale del commercio e degli accordi internazionali sull’agricoltura che hanno dato regole al sistema agricolo integrando un sistema capace di far fronte ad emergenze come quella attuale.
L’ottanta per cento degli scambi mondiali è legato al cibo anche perché la globalizzazione dei mercati agricoli è stata rapida e un quarto di tutta la produzione di cibo viene esportato. La Russia e Ucraina giocano ruolo importante in questo settore, la Russia è il primo esportatore di grano del mondo mentre l’Ucraina è al quinto posto e insieme controllano circa il trenta per cento dell’export del grano mondiale. L’Ucraina è il quarto esportatore di mais al mondo, il primo al mondo per semi di girasole, la Russia il primo produttore al mondo di fertilizzanti. Solo per il grano base di alimentazione circa trenta paesi a basso reddito dipendono dai due Paesi in guerra per più del 30 per cento delle importazioni: soprattutto paesi mediterranei, l’Egitto importa il sessanta per cento del suo fabbisogno di grano, l’Eritrea nel 2021 ha importato il cento per cento di grano da Russia e Ucraina, e anche Caucaso, Sudan, Turchia dipendono dalle produzioni dei Paesi belligeranti: il contesto è critico ma meno di quello che paventava, ricorda Schiavo che si temeva che la produzione scendesse di quindici milioni di tonnellate mentre e per fortuna la quantità di grano del 2022 sui mercati mondiali è stata pari a quella del 2021, il sistema ha tenuto perché altri Paesi sono subentrati a compensare le carenze.
Un tema che coinvolge pienamente la vita di ogni giorno, guerra e carestia hanno rappresentato una costante in tutta la storia dei popoli europei, il fatto che oggi la parola “carestia” si pronunci con timore anche tra i più giovani significa molto, come ha ricordato Gianpaolo Scarante.
Guerra e carestia fanno parte del nostro DNA sin dalla più grande catastrofe che ha attraversato l’Europa, la guerra dei trent’anni (1618-1648) con 12 milioni di morti su una popolazione europea di circa 80 milioni di persone, una guerra che ha comportato arresto dell’agricoltura e devastazioni territoriali. Tutte le guerre hanno portato simili conseguenze, come dopo le due guerre mondiali: nel 1898 moti interni al regno d’Italia portarono alla morte di 350 manifestati uccisi a cannonate dal generale Bava Beccaris nel centro di Milano per quella che fu “la rivolta dello stomaco” dovuta all’aumento del prezzo del pane, come nel Mediterraneo, in Tunisia avvenne la rivolta del pane nel 1983 o le primavere arabe, che nascono da fattori legati a crescita dei prezzi e conseguente fame. Guerra e carestia sono legate perché la guerra ”mangia gli uomini, li distoglie dai campi, distrugge l’agricoltura, impedisce i collegamenti”: devastazione che ancora oggi hanno conseguenze, ad esempio in Francia, a distanza di cent’anni un’area di 1200 chilometri quadrati inquinata – oggi ridotta grazie alle bonifiche- è stata interdetta alla circolazione nei pressi di Verdun dove si svolse una terribile battaglia nel febbraio 1916. La politica è stata influenzata dalla situazione di possibile fame e carestia: Gavrilo Princip autore nel giugno 1914 dell’attentato di Sarajevo scatenò il primo conflitto mondiale ma la guerra fu dichiarata un mese dopo perché era in corso la mietitura e la mobilitazione era impossibile. Noi europei per cinque decenni abbiamo pensato alla guerra nucleare che significa distruzione reciproca, la carestia diventa quindi fattore irrilevante, ed abbiamo vissuto vari conflitti sofisticati, con poco spreco di vite umane, e tempi ridotti come la guerra del Golfo. Oggi l’Ucraina ci ha riportato in una guerra di tipo “tradizionale”, il primo grande conflitto del 21 secolo è un mix tra passato e presente difficile da districare, tra trincee e rifugi ma con la comunicazione come arma che corre feroce tra i due schieramenti. Un sasso lanciato in uno stagno, che si dilata, e si moltiplica, coinvolgendo moltissime variabili.

In collegamento video da Bruxelles Paolo de Castro deputato europeo e vice presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale ha ricordato il momento difficile a livello mondiale sottolineando come forza e resilienza del sistema agroalimentare siano riusciti a mantenere un’organizzazione capace di non far mancare il cibo sulle nostre tavole, dopo le difficoltà legate al Covid. L’invasione dell’Ucraina è stata drammatica anche riguardo alla carenza di materie prime soprattutto energetiche ed all’aumento spropositato dei prezzi.
Paradossalmente nel 2022 la produzione agricola ha raggiunto volumi straordinari ma le imprese chiudono per margini troppo risicati di guadagno in confronto a spese in aumento con difficolta sul mercato internazionale: per far fronte a simili situazioni ci vuole più Europa, anche in campo energetico è necessario creare un fronte comune come è avvenuto con l’emergenza sanitaria, con l’acquisto dei vaccini su scala europea. Necessario è un intervento che fissi un prezzo per l’acquisto del gas ed evitare le speculazioni che stanno mettendo in ginocchio gli acquisti di energia, l’Europa in questi ultimi dieci anni si è affidata a pochi fornitori, serve una “next generation EU” per l’energia per fronteggiare una crisi che si si sta spostando dalle imprese alla gente.
Criticità ma anche positività nel nostro Paese, afferma Ettore Prandini, un capitale da far comprendere ai giovani padroni delle nuove tecnologie. Viviamo da 40 anni in emergenza, e se non c’è programmazione nel medio e lungo periodo, si continua a vivere sull’onda di un’emergenza senza fine. Nel complicato mondo del libero mercato abbiamo abbandonato molti settori vitali della nostra economia e scelto di produrre dove costava meno abbandonando, ad esempio il settore della chimica leggera per il quale l’Italia con la Montedison era punto di riferimento mondiale. Abbiamo acquistato in quei Paesi dove le regole non erano paragonabili alle nostre, la manodopera era meno cara, il costo energetico minore, le verifiche sugli impatti ambientali non venivano fatte: il settore strategico dei fertilizzanti è stato affidato ai due Paesi oggi in guerra, poiché lì minori erano i controlli anche sulla sicurezza nei posti di lavoro; ecco come siamo diventati dipendenti, non siamo più autosufficienti su scala europea. L’Europa deve iniziare ad avere un investimento su ciò che è strategico per la sicurezza interna, perché il cibo è elemento di certezza attraverso il quale controlli le popolazioni ed eviti le sommosse, scaturite in questi ultimi anni da carenza di cibo.
Oggi ci rendiamo conto che il cibo può mancare: realtà drammatica che necessita di visione geopolitica più ampia, assieme ad una consapevolezza maggiore di quello che avviene nel Mediterraneo. Quello che Fondaco Europa con iniziative come questa cerca di portare avanti soprattutto per le giovani generazioni.

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