Ieri trenta membri del Congressional Progressive Caucus (CPC), il gruppo che riunisce l’ala progressista del Partito Democratico al Congresso, hanno chiesto all’amministrazione Biden di abbinare il sostegno all’autodifesa dell’Ucraina a uno sforzo diplomatico per perseguire un negoziato per un cessate il fuoco nella guerra in Ucraina. Tra i firmatari ci sono Alexandria Ocasio-Cortez e altri membri della cosiddetta Squad – Cori Bush, Ayanna Pressley, Ilhan Omar, Rashida Tlaib -, mentre i deputati progressisti Ruben Gallego e Mark Takano ne hanno preso le distanze.
Nella lettera, i deputati affermano che l’attuale politica degli Stati Uniti dovrebbe essere combinata con “vigorosi sforzi diplomatici a sostegno di una soluzione negoziata e di un cessate il fuoco” attraverso “colloqui diretti con la Russia” e che le condizioni per tale cessate il fuoco dovrebbero includere garanzie di sicurezza per proteggere un’Ucraina “libera e indipendente”. I deputati hanno elogiato anche la politica di Joe Biden per il sostegno all’Ucraina, rispetto alla quale non sostengono di essere in contrasto. Anche funzionari dell’amministrazione hanno infatti recentemente dichiarato ai giornalisti che né la Russia né l’Ucraina sono in grado di vincere la guerra in modo definitivo. Tutti e trenta i firmatari hanno inoltre votato gli oltre cinquanta miliardi di dollari in varie forme di assistenza all’Ucraina e nella lettera non hanno espresso alcun rimpianto per averlo fatto, legando gli aiuti ai successi militari ucraini.
La portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha dichiarato ai giornalisti di non aver visto la lettera, ma ha ribadito che Biden non farà pressione sul governo ucraino affinché faccia concessioni alla Russia in un potenziale accordo (“nothing about Ukraine without Ukraine”). Un principio su cui concordano anche gli autori della lettera:
Non ci facciamo illusioni sulle difficoltà di coinvolgere la Russia, data la sua oltraggiosa e illegale invasione dell’Ucraina e la sua decisione di effettuare ulteriori annessioni illegali del territorio ucraino. Tuttavia, se esiste un modo per porre fine alla guerra preservando un’Ucraina libera e indipendente, è responsabilità dell’America perseguire ogni strada diplomatica per sostenere una soluzione accettabile per il popolo ucraino”.
Nonostante il contenuto della lettera sia molto generico e non mini o contrasti con l’approccio di Biden sulla guerra, si tratta del primo tentativo ufficiale da parte dei membri del Congresso di chiedere di dare priorità a una risoluzione pacifica e diplomatica del conflitto.
E si tratta soprattutto di un evento che rischia di rompere l’unità che ha caratterizzato il Partito democratico di fronte alla guerra in Ucraina fino ad oggi. La lettera arriva infatti quando il leader della minoranza della Camera Kevin McCarthy e il senatore repubblicano Marco Rubio hanno recentemente dichiarato che l’Ucraina non dovrebbe continuare a ricevere un “assegno in bianco” dal Congresso se i repubblicani dovessero prendere il potere alle prossime elezioni di midterm.
Non è un caso quindi che oggi Pramila Jayapal, la presidente del CPC, abbia ritrattato la lettera inviata dai trenta deputati, lasciando intendere che si è trattato di un errore. “La lettera è stata redatta diversi mesi fa, ma sfortunatamente è stata rilasciata dallo staff senza essere vagliata”, ha dichiarato.
Non che non vi fossero disaccordi in seno ai democratici prima di questa lettera. Da qualche settimana i dem discutono sull’invio di sistemi di armamento più avanzati all’Ucraina. Mentre gli ucraini chiedono da mesi agli Stati Uniti di fornire sistemi a più lungo raggio, l’amministrazione Biden è stata cauta nel fornire armi che renderebbero possibili attacchi a più lungo raggio contro la Russia. Secondo The Hill, infatti, Biden ritiene che gli ucraini non abbiano bisogno di armi che possano colpire a più di cinquanta miglia di distanza, perché è preoccupato dalla possibile reazione della Russia a un aumento delle capacità militari ucraine.
Alcuni democratici alla Camera e al Senato approvano la cautela della Casa Bianca. Gregory Meeks, che è presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, ha detto che è il momento di assicurarsi che l’Ucraina possa difendersi adeguatamente nei mesi invernali ma non si è detto favorevole alla fornitura di sistemi a più lungo raggio. Chris Murphy, senatore del Connecticut e alleato di Biden, ha affermato che l’amministrazione ha lavorato al ritmo giusto per fornire agli ucraini i sistemi d’arma di cui hanno bisogno.
Altri democratici però ritengono che sia giunto il momento di dare soddisfazione alle richieste ucraine di armi di lungo raggio e non condividono l’idea che una potenziale risposta da parte della Russia possa essere alla base della mancata fornitura di armi agli ucraini.
A queste diversità di vedute rispetto all’invio o meno di un certo tipo di armi, si aggiunge quindi anche la posizione dell’ala progressista del Partito democratico che da tempo chiedeva maggiore attenzione e garanzie sull’utilizzo degli aiuti finanziari e soprattutto militari all’Ucraina.
Tuttavia le tre posizioni non differiscono su un aspetto. Il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina non è messo in discussione. Quando il Congresso ha di volta in volta votato per l’invio di aiuti umanitari e militari all’Ucraina, anche la componente progressista del partito non si è opposta. La loro preoccupazione è su dove finiscono gli aiuti.
A marzo per esempio la deputata Alexandria Ocasio-Cortez aveva espresso il proprio sostegno agli aiuti militari inviati all’Ucraina, pur chiedendo di fare attenzione che questi aiuti militari fossero utilizzati “in maniera mirata e non indiscriminata”. Anche altri membri della cosiddetta Squad, il gruppo di deputati e deputate progressiste del Partito democratico alla Camera, avevano parlato della propria preoccupazione di “inondare l’Ucraina” con miliardi di dollari in armi americane, definendo le conseguenze “imprevedibili” e “probabilmente disastrose”. Il deputato Jamaal Bowman aveva per esempio dichiarato che, pur sostenendo gli sforzi per garantire che l’Ucraina potesse difendersi da sola, non esistesse una soluzione militare alla crisi ucraina.

Nella varie votazioni per l’invio all’Ucraina di sostegno finanziario e militare, i democratici però sono sempre rimasti uniti. Nella votazione per l’espansione del programma di assistenza militare di tipo “lend-lease” per accelerare le spedizioni di armi all’Ucraina e ad altri Paesi dell’Europa orientale, i democratici si sono espressi per 221-0 a favore. Recentemente, hanno votato assieme anche per i quasi 40 miliardi di dollari in assistenza militare, economica e umanitaria.
I voti contrari dei progressisti sono stati rari e su punti specifici. Per esempio, nella votazione per vietare le importazioni di energia russa, compreso il petrolio, solo due progressive – Cori Bush e Ilhan Omar – hanno votato no. Ilhan Omar ha poi giustificato il voto dicendo che temeva che la sostituzione del petrolio russo con quello proveniente dall’Arabia Saudita rafforzi il regno mediorientale, che ha un bilancio deplorevole in materia di diritti umani e sta conducendo una guerra brutale nello Yemen:
Il nostro problema è che non vogliamo comprare petrolio da un Paese potente che sta conducendo una guerra devastante contro il suo vicino più debole, non vedo proprio l’Arabia Saudita come una soluzione di principio,
ha detto Omar in un’intervista radiofonica a Democracy Now.
Nella votazione invece su una misura non vincolante a sostegno del sequestro da parte degli Stati Uniti dei beni degli oligarchi russi, Bush, Omar, Alexandria Ocasio-Cortez e Rashida Tlaib si sono uniti a soli quattro repubblicani e la misura è passata per 417 a 8. Ocasio-Cortez ha poi spiegato che il voto contrario dipendeva dal fatto che la proposta di legge avrebbe consentito a Biden di mettere da parte il Quarto Emendamento contro le perquisizioni e i sequestri irragionevoli, dando potenzialmente potere a “futuri presidenti che potrebbero cercare di abusarne”.
L’unità dei democratici sulla politica da seguire in Ucraina è stata sottolineata anche dal voto della storica deputata californiana Barbara Lee, la sola che aveva espresso l’unico voto contrario alla guerra in Afghanistan all’indomani degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Pur invitando il Congresso a recuperare la propria autorità in materia di guerra, la deputata ha esortato i colleghi a sostenere il pacchetto di quaranta miliardi di dollari:
Il popolo ucraino ha bisogno del nostro sostegno per difendere il suo territorio. Ma dobbiamo anche sostenere i loro sforzi per proteggere il loro popolo, la loro economia, il loro stile di vita.
Sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la maggior parte dei progressisti del Congresso ha in generale mosso poche critiche alla risposta del presidente Joe Biden alla guerra. Poco dopo l’invasione la deputata democratica Pramila Jayapal, che presiede il CPC, aveva dichiarato che il presidente Biden stava facendo “un ottimo lavoro”, aggiungendo:
Personalmente, penso che dovremmo cercare di toglierci di mezzo il più possibile e permettere alla Casa Bianca e alle persone che sono in posizione di negoziazione di fare il loro lavoro.
Certamente su alcuni punti, i progressisti hanno cercato di far sentire la loro voce. Ilhan Omar ha per esempio sottolineato che le sanzioni “mirate a Putin, ai suoi oligarchi e all’esercito russo” sono la soluzione e si è opposta a “sanzioni su larga scala che equivarrebbero a una punizione collettiva di una popolazione russa che non ha scelto questo”. Molti legislatori progressisti si sono dichiarati contrari a una no-fly zone, che anche l’amministrazione Biden e la NATO hanno escluso inequivocabilmente perché farebbe degenerare il conflitto in una guerra più ampia con un Paese dotato di armi nucleari. Ma le critiche non sono mai sfociate in voti massicciamente contrari agli aiuti militari e finanziari all’Ucraina.
La stessa posizione a sostegno della politica di Biden la si ritrova tra i banchi degli esponenti di sinistra al Senato. La senatrice ed ex candidata alle primarie democratiche Elizabeth Warren ha per esempio dichiarato che il popolo ucraino sta lottando per la democrazia e la libertà e che “Vladimir Putin è pienamente responsabile dell’ingiustificabile guerra della Russia contro l’Ucraina”:
Insieme ai nostri alleati della NATO e ai partner internazionali, sostengo il Presidente Biden nell’imporre sanzioni significative all’economia, all’esercito e agli oligarchi corrotti della Russia come grave conseguenza di questo atto di aggressione non provocato. Gli Stati Uniti continueranno a far leva su tutti i nostri strumenti diplomatici, politici ed economici per porre fine a questo attacco immotivato e chiedere conto al Cremlino.
L’altro esponente di peso al Senato, Bernie Sanders, si è dimostrato molto fedele alla politica di Biden. Il senatore del Vermont aveva infatti scritto a febbraio, prima dell’invasione russa dell’Ucraina, che si dovesse fare tutto il possibile per evitare la guerra ma anche che era molto chiaro su chi incombesse la responsabilità della crisi:
Dobbiamo essere chiari su chi è il maggior responsabile di questa crisi incombente: Vladimir Putin. Dopo essersi già impadronito di parti dell’Ucraina nel 2014, il presidente russo minaccia ora di prendere il controllo dell’intero Paese e di distruggere la democrazia ucraina. A mio avviso, dobbiamo sostenere inequivocabilmente la sovranità dell’Ucraina e chiarire che la comunità internazionale imporrà severe conseguenze a Putin e ai suoi associati se non cambierà rotta.
Il senatore aveva poi aggiunto di sentirsi “estremamente preoccupato” per “i noti tamburi di Washington, la retorica bellicosa che viene amplificata prima di ogni guerra, che ci chiede di “mostrare forza”, di “essere duri” e di non impegnarci in un “appeasement”. Inoltre Sanders aveva anche ripreso alcune delle affermazioni che nel mondo della sinistra circolavano rispetto ai leader russi prima di Putin che avevano espresso “le loro preoccupazioni sulla prospettiva che gli Stati ex sovietici entrassero a far parte della Nato e posizionassero forze militari ostili lungo il confine russo” e che “l’invasione da parte della Russia non è una risposta” ma non lo è nemmeno “l’intransigenza della Nato”. Aveva poi criticato “l’ipocrisia” degli Stati Uniti sulle “sfere di influenza”, citando la Dottrina Monroe e il posizionamento dei missili sovietici a Cuba “che l’amministrazione Kennedy considerava una minaccia inaccettabile alla nostra sicurezza nazionale”.
Quando però la Russia invade l’Ucraina, la posizione di Sanders è ferma:
L’invasione russa dell’Ucraina a cui il mondo sta assistendo oggi è una palese violazione del diritto internazionale e dei fondamenti della decenza umana. Potrebbe uccidere migliaia di persone e portare allo sfollamento di milioni di persone. Potrebbe far precipitare l’Europa in un’instabilità economica e politica di lungo periodo. Gli Stati Uniti e i nostri alleati devono imporre sanzioni severe a Vladimir Putin e ai suoi colleghi oligarchi. In un momento in cui migliaia di persone potrebbero morire a causa della sua guerra, Putin, una delle persone più ricche del mondo, non dovrebbe essere autorizzato a godere dei miliardi che ha rubato al popolo russo. Gli Stati Uniti devono anche lavorare a stretto contatto con i partner internazionali per fornire aiuti umanitari al popolo ucraino.
Sanders e Warren hanno poi votato a più riprese l’invio di aiuti militari e finanziari all’Ucraina.

Queste posizioni hanno tuttavia creato problemi all’ala progressista nei suoi rapporti con i movimenti pacifisti e di sinistra. Anche se la lettera è stata appoggiata da varie ong – Campaign For Peace Disarmament and Common Security, Just Foreign Policy, Friends Committee on National Legislation, MoveOn, Peace Action, Physicians for Social Responsibility, Quincy Institute for Responsible Statecraft e Win Without War – stampa e altre organizzazioni di sinistra hanno duramente criticato quella che ritengono una duplicità dei progressive.
Tra i critici anche l’organizzazione Democratic Socialists of America (DSA), a cui sono iscritti alcuni membri del Congresso come Cori Bush, Jamaal Bowman, Alexandria Ocasio-Cortez e Rashida Tlaib. Il 26 febbraio, infatti, DSA ha criticato l’invasione della Russia, ma si è anche espresso contro qualsiasi sforzo per armare l’Ucraina o sanzionare la Russia. Ha anche chiesto la fine del coinvolgimento degli Stati Uniti nella NATO:
Questa crisi richiede un’immediata risposta internazionale contro la guerra che richieda la de-escalation, la cooperazione internazionale e l’opposizione a misure coercitive unilaterali, alla militarizzazione e ad altre forme di politica economica e militare che non faranno altro che esacerbare il tributo umano di questo conflitto. Il DSA riafferma il nostro appello affinché gli Stati Uniti si ritirino dalla NATO e mettano fine all’espansionismo imperialista che ha posto le basi per questo conflitto.
Una dichiarazione che ha suscitato controversie tra i suoi stessi membri e che ha spinto il Comitato direttivo del DSA North Star, che preme sul gruppo perché adotti un approccio politicamente più pragmatico, a rilasciare una dichiarazione a favore delle sanzioni economiche.
DSA ha anche organizzato manifestazioni in varie città americane, assieme ad altre altre ong, come Code Pink, un’organizzazione di sinistra che nel passato ha intrapreso azioni su questioni come gli attacchi con i droni e il campo di detenzione di Guantanamo. Code Pink ha aspramente criticato Biden per l’impatto ambientale della guerra.
Ma anche un’ampia varietà di pubblicazioni di sinistra ha criticato Biden e il comportamento della sinistra del Partito democratico. Jacobin, New Left Review e Democracy Now! hanno espresso una posizione che incolpa l’espansione della NATO per l’invasione della Russia e si oppone agli aiuti militari all’Ucraina.
Su Jacobin, Branko Marcetic ha deciso addirittura di attaccare la prospettiva puramente ipotetica di armare una futura insurrezione ucraina contro un governo fantoccio imposto dalla Russia a Kiev. In un recente editoriale, la rivista liberal Nation, pur condannando l’invasione, ha chiesto la diplomazia invece di “una corsa alle armi” o alle sanzioni che, ha avvertito, “danneggeranno non solo la Russia – oligarchi e cittadini comuni – ma anche l’Europa, gli Stati Uniti e gli spettatori dell’economia globale”. Altri giornalisti progressisti hanno espresso preoccupazioni simili. Jeremy Scahill di Intercept ha avvertito che armare l’Ucraina potrebbe prolungare la guerra. Scahill ha anche fatto notare che gli Stati Uniti hanno già invaso e occupato l’Iraq senza alcuna provocazione:
Non c’è contraddizione tra l’essere al fianco del popolo ucraino e contro l’atroce invasione russa e l’essere onesti sull’ipocrisia, i crimini di guerra e il militarismo degli Stati Uniti e della NATO.
Katie Halper, conduttrice di un noto podcast di sinistra Useful Idiots ha espresso la propria contrarietà totale a qualsiasi finanziamento di “una guerra per procura che porterà a ulteriori spargimenti di sangue”. Anche se “l’invasione di Putin è stata ingiusta, illegale e immorale”, ha aggiunto,
[…] questo non fa sì che armare l’Ucraina per combattere una lunga e miserabile guerra per procura, senza vincitori se non l’industria bellica, sia la cosa giusta da fare.
Alcuni esponenti dell’estrema sinistra, come l’ex candidata presidenziale dei Verdi Jill Stein, sostengono da anni che l’espansione della NATO nell’Europa orientale e il sostegno degli Stati Uniti alle forze filo-occidentali in Ucraina sono provocazioni alla Russia.
Alcuni esponenti di questo movimento a sinistra dei democratici, contrario a qualsiasi invio di armi o aiuti all’Ucraina e che attribuisce la responsabilità della situazione agli Stati Uniti stessi, hanno anche riciclato molti degli argomenti della propaganda russa. Glenn Greenwald, ex editorialista del Guardian e Intercept, è un ospite regolare del conduttore di Fox News Tucker Carlson, che critica l’assistenza degli Stati Uniti all’Ucraina.
Grayzone, un sito web e blog di notizie di estrema sinistra, noto per pubblicare le notizie fuorvianti e per la copertura “tenera” dei regimi autoritari, oltre che per la negazione delle violazioni dei diritti umani contro gli uiguri, è stato profondamente critico nei confronti delle politiche statunitensi. Il sito ha anche ospitato un’intervista al deputato repubblicano Thomas Massie, che ha votato contro una risoluzione del Congresso che dichiarava il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina. Il fondatore del sito, il giornalista di estrema sinistra Max Blumenthal, ha anche attaccato alcuni esponenti della sinistra dem, accusandoli di essere dei “neoconservatori dell’epoca di Bush”.
Uno dei giornalisti di Grayzone, Aaron Maté – che ha lavorato come reporter e produttore per Democracy Now!, Vice, The Real News e Al Jazeera e che sostiene che gli Stati Uniti hanno appoggiato un colpo di stato in Ucraina e che “questo governo fascista” abbia scatenato una guerra contro la popolazione ucraina di lingua russa – è anche stato intervistato da Briahna Joy Gray, che conduce il podcast Bad Faith e che è stata soprattutto la portavoce di Bernie Sanders nella campagna elettorale per le primarie democratiche del 2020.
Per quanto siano posizioni limitate, stanno ottenendo maggiore visibilità. E qualche giorno fa ne è stata vittima proprio Alexandria Ocasio-Cortez, contestata da alcuni pacifisti che l’accusavano di minacciare col suo comportamento l’olocausto nucleare. I contestatori hanno poi invitato Ocasio-Cortez a lasciare il Partito democratico come ha fatto l’ex deputata dem e candidata alle primarie Tulsi Gabbard, che oggi è un ospite frequente di Fox News e ha parlato alla recente Conservative Political Action Conference, uno dei principali eventi della destra repubblicana.
È probabilmente alla ricerca di questo difficile equilibrio tra i movimenti di sinistra e la fedeltà a Biden che la sinistra dem ha in questi giorni reiterato alcune richieste. Non solo quella del negoziato ma anche quella di sospendere il previsto trasferimento di missili Patriot all’Arabia Saudita.
Ro Khanna, deputato democratico della California ed esponente della sinistra dem, ha dichiarato di ritenere che “come minimo il Congresso si muoverà per fermare il trasferimento dei missili Patriot al regno e probabilmente metterà in pausa altre iniziative di difesa”. Una posizione, condivisa non solo dalla sinistra dem, che fa seguito all’annuncio che l’Opec a accettato di tagliare la produzione di petrolio di due milioni di barili al giorno, nonostante le forti obiezioni e le pressioni dell’amministrazione Biden. Una mossa che a Washington è stata vista come un aiuto a Vladimir Putin e al suo sforzo bellico in Ucraina e come un sorprendente tradimento delle relazioni dell’Arabia Saudita con gli Stati Uniti, poche settimane dopo che il presidente aveva visitato il principe ereditario Mohammed bin Salman a Gedda. Bernie Sanders si è spinto anche più in là chiedendo che le truppe degli Stati Uniti debbano ritirarsi dall’Arabia Saudita e che gli aiuti militari al regno debbano terminare.
La deputata Alexandria Ocasio-Cortez contestata dai pacifisti

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