Non è possibile riassumere un libro di sociologia di più di ottocento pagine senza tediare il lettore. Per questo sono andato per sommi capi cercando si svelare una minima parte del pensiero di Didier Eribon, un grande sociologo francese, attraverso l’artifizio di un’intervista mai realizzata.
Didier Eribon ha scritto la biografia di Foucault, possiamo ritenerlo vicino alla sociologia e lontano dalla psicoanalisi, ha uno stile magistrale e rende chiaro qualsiasi argomento riguardo la tematica gay. Ecco la mia intervista impossibile.

Professor Eribon, lei ha scritto, dopo il libro che ho già recensito, Ritorno a Reims, Riflessione sulla questione gay, essendo lei attivo con empatia e insieme “scientificità” sulla storia, la vita, la discriminazione subite dai gay. Il suo libro incomincia con “in principio era l’ingiuria”. Mi chiarisce meglio questo postulato?
Noi nasciamo come un’ingiuria, se ancora non siamo certi della nostra sessualità sentiamo parlare dei gay come di un’offesa. Questo frantuma l’io, anche se percepito indirettamente (qualcuno che indirettamente parla dei froci) o direttamente (qualcuno che offende colui il quale si nota già che è gay). Sentire che gli aggettivi non sono altro che offese, per te o per altri porta alla passività, al chiedere scusa di essere venuti al mondo. È un argomento che si trascina per tutta la vita e che genera non poche sofferenze, impossibilità dell’interezza dell’io che negli eterosessuali non viene vissuta essendo essi stessi parte di una comunità pienamente accettata, formata con regole certe.
Perché molti gay si fermavano, sbandati e senza il becco di un quattrino a San Francisco?
San Francisco era il primo porto in cui approdavano le navi. Chi ci lavorava non era ricco. Per la famiglia era una conquista sociale, arrivava benché magro, uno stipendio e soprattutto lo status sociale di quei poveretti che non fossero il capitano, cambiava. La famiglia accettava di buon grado il salario e soprattutto il salto sociale. Chi veniva scoperto continuava a comportarsi come se lavorasse per evitare l’espulsione dalla famiglia d’origine. Quando si scopriva qualcosa di “equivoco” e per equivoco intendo una qualsiasi relazione affettivo-sessuale tra marinai, li mollavano (mai termine fu più corretto) al primo porto di approdo. Era San Francisco. Non avevano un penny, non avevano nulla e si aiutavano segretamente Sono famosi gli omicidi della polizia, le botte fuori dai bar alla comunità omosessuale, ma i marinai stessi non potevano dire a casa i motivi per cui non stavano lavorando, né il perché erano stati cacciati dalla marina, lasciati allo sbaraglio. Cercavano, per come potevano, di aiutarsi attraverso trucchi insieme alle lesbiche. Fingevano di stare insieme negli appartamenti, nei locali e c’erano piccoli segnali all’arrivo della polizia (tipo tenere una birra di una marca particolare in mano fingendo una “normale” relazione di coppia anche se i fatti vennero scoperti dalla polizia e si continuò il massacro).
Che cosa pensa della sottocultura gay? Mi spiego, meglio. Ci sono cantanti (donne), musical, che in molti gay, molti della generazione scorsa, erano dei miti. Come per i melomani che vanno continuamente a vedere la stessa opera o per i balletti classici che vengono seguiti in un peregrinare di città in città dalla comunità.
Un tempo, quando ero più giovane, detestavo quelli che definivo “stereotipi da sottocultura”. Ma ebbi la fortuna di avere un amico molto più anziano di me che mi “forzava” a seguirlo durante questi spettacoli. In seguito non fui mai abbastanza grato a quel carissimo amico. Avevo capito che alcune forme di intrattenimento erano un modo per riconoscere uno standard culturale che avvicinava i gay, una sorta di sentire comune che creava addirittura scambi internazionali (per i più abbienti).
Lei non mi sembra ami Freud, come mai?
Freud porta tutto a un’idea di guarigione e di “normalità” e, per lui, la normalità è l’idea della penetrazione eterosesessuale. Il resto è sempre malattia, da guarire con un’interminabile analisi. Non conosco nessuno che sia uscito più felice o che abbia cambiato i propri desideri dopo una terapia. Considero Freud letteratura.
Mi pare che ora il mondo sia o stia cambiando, si vedono coppie gay nella pubblicità, nei film nelle serie tv.
Sì, ma sono sempre gay ricchi, palestrati (il nuovo ordine del corpo). Non si vedono mai due operai o oggi sbarcare il lunario, tenere una vita sociale in quanto appartenente ad una coppia gay è una conquista di casse ancora tutta da fare . I soldi, il consumo mettono d’accordo tutti, tranne qualche svitato nella grande logica della società dei consumi che malgrado si paghino le tasse e ci si “normalizzi” se la prende con la comunità, tipo qualche ministro Ungherese o italiano che sia. In genere è gente che ha problemi con la propria sessualità, non si sente sicura. E si accanisce.
Oggi si è, e non per tutti, compreso che i gay hanno un potere d’acquisto, alcuni di loro sono senza il costo dei figli, e questo crea una possibilità di spesa che una famiglia “normale” non ha dovendo provvedere a scuola, doposcuola, libri, cibo, vestiti etc. Lei infatti non ha mai tralasciato la questione di classe teorizzando che sono le strutture che creano i comportamenti e non viceversa.
Sì, la mia fuga da Reims era la fuga da una condizione di miseria, essendo sparita con l’outsourcing la classe operaia. Basti guardare il fenomeno Le Pen votata dagli ex operai, e la distruzione dovuta a improvvisi outsourcing delle industrie che davano da vivere ad intere comunità.
Qual è il sentimento, anche sottostante, che più si insinua nella sua condizione e nella condizione di tanti esseri umani?
La vergogna, il non essere all’altezza anche nelle situazioni più banali.
Come mai molti gay fanno gli infermieri, i badanti, si dedicano alla cura dell’altro, incluso parrucchieri per fare un esempio semplice?
Non ho una risposta certa. Penso che “la ferita dei non amati” venga compensata in parte dalla dedizione.
Quando scoppiò l’Aids, e c’erano solo degli amici che cercavano di dare una morte umana ad altri amici poiché non se ne sapeva niente, ci fu molta solidarietà. Conosco persone che si intestavano le case in affitto negli Stati Uniti per non far buttare fuori di casa il malato.
Non si sarebbe potuto risolvere prima il problema dell’Aids?
Certo, ma ci vollero manifestazioni, convegni, aiuti di qualche bravo medico.
Quando Clinton e la moglie videro una piazza lastricata di bandiere arcobaleno in cui ciascuna aveva il nome di chi non c’era più, investirono danaro. Si passò da un sacco di pillole a una sola pillola. Addirittura oggi i progressi sono tali per cui basta una pastiglia presa con costanza per non infettare l’eventuale interlocutore di un rapporto sessuale. Prima era solo medicina e castità o sessualità tra pari: chi era contagiato faceva l’amore o sesso con altri contagiati.
Che cosa pensa delle chat, dei telefoni con cui al volo si ritrovano le persone per una scopata?
Provo una sensazione duplice. Da una parte la mancanza di un luogo d’incontro fisico (a Montréal hanno chiuso quasi tutti i bar) credo sia una locura. Ci si attrae non per le dimensioni del pene o per i muscoli, ma per l’intelligenza, l’eloquio, l’intrattabile per cui due persone si mettono insieme non v’è verso di capirlo da una fototessera (e da una descrizione di se stessi… scriveva Barthes “se parlo di me non posso che immaginarmi”)
Se potesse rinascere rinascerebbe gay?
Sì, senza dubbio, è una vita che finora mi ha dato molto. Le differenze creano ricchezze e soprattutto un sentire che a dirle non saprei, ma che è amplificato. A volte fa male, sentire troppo è una distorsione della realtà, a volte fa bene e pur lasciando le persone con la pelle viva fa sentire molto.. A volte basta un attimo, per comprendere se l’altro è omofobico, oppure tranquillo perché non ha problemi con la propria sessualità. Non mi sono mai servite le parole per capire come la pensava, in questi ambiti, chi avevo davanti. Compresi i forse più pericolosi ”che però io hanno tanti amici gay”.
Oggi si tratta di scegliere tra la ricaduta verso se stessi e il silenzio muto della propria condizione esistenziale, a possibile processi di ri-soggettivazione nel quale individui liberi e autonomi si re-inventano.

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