Juliane “Julia” Unterberger, senatrice originaria di Merano al secondo mandato a Palazzo Madama, è un’esponente di spicco della Südtiroler Volkspartei, il partito di raccolta della minoranza di lingua tedesca in Alto Adige/Südtirol. Avvocata, già presidente del Consiglio della provincia autonoma di Bolzano, Unterberger è stata da poco rieletta presidente del Gruppo per le Autonomie, incarico che aveva ricoperto già durante la scorsa legislatura. Mercoledì, in un discorso magistrale, ha rimarcato la distanza che la separa, in quanto “donna progressista e femminista”, dalla nuova presidente del Consiglio.
Un intervento chiaro e garbato, che ha sgomberato il campo dai fraintendimenti promossi da chi, invece, cerca di “normalizzare” la retorica dei nuovi governanti. Un avvertimento anche per chi, a sinistra, è tentato di ripartire mettendo in secondo piano le lotte per i diritti.
Di seguito il discorso integrale pronunciato da Julia Unterberger mercoledì 26 ottobre, in occasione della quarta seduta pubblica del Senato:

Signor Presidente, colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, presidente Meloni, le parlo da sudtirolese, donna progressista e femminista e quindi da una posizione agli antipodi della sua. Devo attestarle che il suo discorso non mi è dispiaciuto. Certo, è un discorso da destra conservatrice, ma accettabile nei toni e nella forma, pertanto spero che la Meloni dei congressi di Vox appartenga al passato.
Nonostante questo, mi permetto di farle presente alcune contraddizioni del suo intervento. Ieri per ben quindici volte ha fatto riferimento alla nozione di libertà: siate liberi, ha consigliato ai giovani, perché è nel libero arbitrio che sta la grandezza dell’essere umano. Verissimo, ma per compiere scelte libere ci vuole una politica che rispetti le scelte individuali, si tratti di interrompere una gravidanza o di porre fine alla propria vita, una politica che creda in tutte le famiglie e non solo in quelle formate da un uomo e da una donna.
Libertà vuol dire poter essere diversi e accettati per quello che si è. Se lei continua a parlare di Nazione italiana, facendo quindi riferimento a un vincolo di sangue e di cultura, esclude tutti quelli che vivono nel Paese senza quel tipo di legame. Noi sudtirolesi siamo cittadini italiani, appartenenti alla cultura tedesca, e vogliamo essere rispettati e accettati nella nostra diversità.
Ha fatto bene ad omaggiare le tante donne che per lei sono state un esempio. Avrei aggiunto che, se lei oggi è Presidente del Consiglio, lo deve soprattutto alle lotte delle femministe, per il riconoscimento anche dei più elementari diritti; femministe che sono state combattute e ridicolizzate, esattamente come lei ieri ha ridicolizzato l’impegno per una lingua che non conosce il femminile solo per le posizioni di basso profilo. Crede davvero che la lingua non determini la realtà e che non sia in grado di rafforzare o di modificare gli stereotipi? Non ho mai capito l’avversione di voi donne di destra, nel mostrare il vostro essere donna anche nella lingua. Pensate davvero che il femminile sia di serie B, come ho sentito dire da una collega di destra? Nella mia cultura sarebbe impensabile una donna che si definisce al maschile. Avete mai sentito parlare del cancelliere Merkel? Non se ne dispiaccia, ma mi prenderò la libertà di chiamarla «la Presidente».
È vero: lei ha rotto il tetto di cristallo, ma temo che questo sia avvenuto anche perché non ha mai messo in discussione le regole del sistema maschile e, se vedo il numero così basso di Ministre, questo dubbio diviene una certezza. Sono sicura anch’io che con lei i diritti delle donne non abbiano nulla da temere, ma questo non basta: da una donna premier mi aspetterei il massimo impegno per le altre donne.
Bene il suo chiaro messaggio contro il fascismo e i regimi totalitari. In passato purtroppo non era così: è da poco che avete votato con Orbán contro il resto dell’Europa. Dovrà poi informare della nuova linea i suoi compagni di partito, soprattutto quelli del Sudtirolo, i quali hanno la brutta abitudine di celebrare i monumenti fascisti e di provocare con frasi del tipo: andatevene in Austria o appendete la bandiera italiana su ogni maso. Sono comportamenti non facili da digerire per una popolazione che ha sofferto tanto durante il ventennio.
Abbiamo una lunga storia di scontro col suo partito, con Alleanza nazionale, per non dire del Movimento sociale. Voi siete nazionalisti, noi siamo una minoranza linguistica che può esistere solo grazie all’autonomia. Per questi motivi, l’orientamento della SVP era di votare contro la fiducia al suo Governo. Ieri invece, nel suo intervento, ha lanciato un segnale che non possiamo ignorare. Ha detto di voler ripristinare lo statuto di autonomia come era nel 1992, quando cioè l’Austria rilasciò la quietanza liberatoria e permise la chiusura della vertenza internazionale pendente all’ONU. Con questo lei ha finalmente riconosciuto una serie di cose che la destra nazionalista aveva sempre negato in passato: che la nostra autonomia non è solo una questione interna all’Italia, ma che c’è un accordo internazionale da rispettare, che di questo accordo l’altra parte è l’Austria e che il Governo austriaco esercita funzioni di vigilanza e di raccordo con l’Italia in merito alla tutela dell’autonomia e della minoranza di lingua tedesca. È stata una decisione sofferta, ma il nostro partito ha scelto di astenersi, per rispondere con un segnale forte a un segnale altrettanto forte. Questo non vale per tutti i componenti del nostro Gruppo, che da sempre unisce forze e sensibilità diverse attorno alla tutela delle autonomie locali. Alcuni si asterranno, altri voteranno contro la fiducia, ma tutti ci auguriamo che lei smentisca i pronostici, anche rispetto alle autonomie speciali e alle minoranze linguistiche. Buon lavoro, signora Presidente.

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