La sfida al ballottaggio tra Lula e Bolsonaro di domenica 30 ottobre non riguarda solo il Brasile ma il mondo intero, perché in gioco ci sono il futuro e la sopravvivenza stessa dell’Amazzonia, che negli ultimi anni con Bolsonaro è stata devastata a un ritmo insostenibile. I sondaggi danno in vantaggio Lula e questo è positivo, perché il suo ritorno alla presidenza dovrebbe garantire una maggiore, e oggi più che mai vitale, tutela della foresta amazzonica: sotto Lula, la deforestazione potrebbe essere ridotta di circa il novanta per cento.
Gli strumenti legali per fermare la deforestazione ci sono, e sono già stati applicati in passato. La deforestazione dell’Amazzonia aveva già subito una battuta d’arresto ed era diminuita fortemente sotto la prima presidenza Lula dal 2004 in poi, grazie soprattutto all’applicazione del codice forestale brasiliano che impone ai proprietari terrieri di mantenere intatta un’alta percentuale delle foreste sulle loro terre. Lo strumento del codice forestale brasiliano, anche se applicato non completamente, ridurrebbe dunque anche del novanta per cento la deforestazione. Lula si impegna ad applicarlo, mentre sotto Bolsonaro così non è stato e le agenzie statali per l’ambiente hanno ricevuto storicamente il minimo dei fondi.
Oggi la foresta amazzonica rischia di raggiungere un punto di non ritorno e trasformarsi in savana, un fenomeno potenzialmente irreversibile e catastrofico. Le alterazioni dei cicli dell’acqua sono già notevoli, come dimostrano le ultime siccità seguite a periodi di piogge estremamente intense. La deforestazione sta inoltre decimando le specie viventi della foresta, che contiene circa il dieci per cento della biodiversità della Terra. E proprio di questi giorni è l’allarme che il mondo, dagli anni Settanta, ha già perso circa il settanta per cento della popolazione animale: siamo di fronte alla sesta grande estinzione di massa del nostro pianeta.
Negli ultimi quarant’anni abbiamo perso più del diciassette per cento della foresta amazzonica: una tendenza che va invertita se vogliamo cercare di limitare i danni già gravi della crisi climatica. Il destino dell’Amazzonia ci riguarda da vicino anche perché, a prescindere dalle colpe di questo o quel presidente di turno, le cause della deforestazione hanno strettamente a che fare con il nostro stile di vita, considerando che i terreni disboscati lo sono per le materie prime e per essere messi a coltura o a pascolo per soddisfare i consumi industriali e alimentari della nostra società.
L’Amazzonia è un bene comune, vitale per il pianeta nel suo complesso. È ormai evidente che dobbiamo intaccare il meno possibile il patrimonio naturale che ci resta e ridare spazio alla natura. Oltre a uscire dalle fossili e ridurre l’allevamento, i grandi responsabili delle emissioni climalteranti e della crisi che stiamo vivendo, una crisi che è già qui, basta pensare alle temperature di questo ottobre, il più caldo di sempre. Speriamo si concluda con un po’ di speranza e una boccata d’aria fresca per tutti.

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