La regina veneziana della moda

Una biografia racconta la vita straordinaria di Franca Polacco, stilista e imprenditrice a Venezia.
IRINA INGUANOTTO
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Franca Polacco (1930-2020) operò nel mondo della moda e svolse l’attività di stilista e imprenditrice a Venezia, sua città natale. Visse fino all’età di undici anni in campo del Ghetto Vecchio, dove il padre lavorava come fruttivendolo nel negozio di famiglia. Il nonno materno, Marco Jarach, molto legato alla famiglia di Franca, aveva raggiunto, grazie alla sua intraprendenza imprenditoriale, una certa agiatezza. Dipendente del porto si era licenziato attorno al 1910 e aveva aperto in Piazzale Roma, dove attualmente si trova il garage San Marco, una saccheria che produceva e noleggiava sacchi per trasportare le merci e teli per coprire le barche. Anche il padre di Franca, più tardi, lasciò l’attività di fruttivendolo allo scopo di migliorare la propria condizione economica e assieme a un altro socio aprì una saccheria a San Simeone Grande e qui la famiglia Polacco si trasferì.

Attorno al 1940 la ditta del nonno fu oggetto di rappresaglia per motivi razziali, molti macchinari furono distrutti e ciò convinse le famiglie Jarach e Polacco sulla necessità della fuga all’estero, tante volte rinviata: la famiglia Polacco andò in Svizzera, altri espatriarono negli Stati Uniti. Di ritorno dalla Svizzera alla fine della guerra Franca riprese gli studi con poco interesse e ben presto li lasciò. Iniziò a lavorare per contribuire alle esigenze della famiglia cucendo a cottimo sacchetti per alimenti e, nel tempo che le restava, a creare con le proprie mani oggetti di moda: scialli con applicazioni e ricami, borse, pantofole, gonne per bambine.

Furono proprio gli scialli a darle l’occasione di entrare nel mondo della moda; uno di questi fu molto apprezzato dalla titolare della boutique “La piavola de Franza” di Venezia che gliene commissionò alcuni. Successivamente strinse un accordo con il proprietario del negozio di mode Brick, in Bocca di Piazza

 Il contratto contemplava l’esclusiva e la ditta apponeva sui capi di Franca la propria etichetta. Fu questo l’unico contatto commerciale che Franca ebbe con la città di Venezia.

Nel frattempo la famiglia Polacco si trasferì dall’abitazione in campo San Simeone Grande in Piazzale Roma nel palazzo Jarach costruito, assieme al garage San Marco, al posto del sacchificio del nonno. Qui Franca abitò fino alla sua scomparsa avvenuta l’11 novembre 2020.

La scelta di Franca fu subito netta, non volle aprire una sartoria, come allora era frequente, ma preferì creare un’azienda di confezioni, che produceva serie limitate di abiti eleganti e originali con rifiniture artigianali, con il marchio “Creazioni Franca”. I clienti erano le boutique e alcuni eleganti magazzini  inglesi e americani. Allestì il proprio laboratorio nella soffitta della casa di Piazzale Roma e via via che l’azienda si sviluppò la sede della ditta si espanse occupando appartamenti vicini, sempre nello stesso edificio.

Abito modello “Chiacchierino”, 1955 ca.

La carriera di Franca è stata strettamente interconnessa a quella di due donne con cui collaborò per una decina d’anni e che lasciarono una traccia profonda nella sua produzione: la prima, negli anni Cinquanta, fu la titolare di un laboratorio di tessuti artistici a San Martino di Lupari (Pd), Elda Cecchele; la seconda, negli anni Settanta, fu l’imprenditrice Elsa Marconi, che gestiva un laboratorio di ricami a Vicenza.

In entrambi i casi si trattò di una collaborazione particolare. Nel primo caso, con Elda Cecchele, Franca, dopo aver progettato il modello, discuteva con Elda come doveva  essere eseguito il tessuto su telai manuali, in quali parti doveva essere decorato oppure come i diversi decori si dovevano alternare senza creare discontinuità. Ne risultavano capi unici e  quando Franca li presentava negli alberghi e nelle boutique ne spiegava l’eccezionalità. Lo stesso avvenne con Elsa Marconi; quando questa le presentava la nuova collezione di ricami, Franca ne sceglieva alcuni, spesso li semplificava, e su questi creava l’abito. 

Franca con entrambe strinse un solido rapporto che si basava sul riconoscimento della loro capacità e sulla consapevolezza che il prodotto era la risultante di un lavoro comune. 

Abito modello “Dentelle”, 1955 ca.

Nel primo decennio della sua attività “Creazioni Franca” operò nel settore della moda “Boutique”, che era stata lanciata in Italia da Giovanni Battista Giorgini nel 1951, e furono soprattutto gli abiti confezionati con i tessuti a mano di Elda Cecchele che le permisero di trovare un proprio spazio nel mercato. In seguito, negli anni Sessanta, la stilista iniziò ad usare il jersey e dai primi anni Settanta lo usò esclusivamente, abbandonando gli altri materiali, tanto da essere chiamata, da una sua cliente svizzera, con il familiare appellativo di “Madame Jersey”.  Erano abiti costosi, in particolare quelli ricamati che maggiormente caratterizzarono la produzione di quegli anni decretandone il successo. I suoi capi, molto originali, i cosiddetti “ trasformabili”, erano pensati esplicitamente per una donna elegante che lavorava e adattava l’abito a seconda della circostanza nell’arco della giornata.

La ditta vendeva soprattutto all’estero, aveva clienti sparsi in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Sud Africa, dai Paesi Arabi al sud America e in Europa, solo il trenta per cento della produzione era venduto in Italia. L’organizzazione della ditta nel corso degli anni cambiò profondamente; all’inizio la produzione avveniva tutta all’interno del laboratorio e la ditta arrivò ai primi anni Sessanta ad avere una ventina di lavoranti che provenivano in parte dal centro storico e in parte dalla terraferma.

Fu proprio in questi anni che Franca affrontò il problema organizzativo e decise di esternalizzare la produzione conservando all’interno alcune mansioni: la progettazione dei capi, il taglio, la stiratura e l’inscatolamento, la spedizione e l’amministrazione. La confezione veniva eseguita dalle lavoranti nella loro abitazione; ognuna decideva quanti capi confezionare e riceveva una busta con il tessuto tagliato, bottoni, filo e accessori. Una pratica che diventò poi comune tra le imprese del settore. 

Le lavoranti durante la pausa pranzo, 1973

Un’altra svolta importante avvenne nel 1975 quando Franca affidò la commercializzazione, alla quale fino ad allora aveva provveduto personalmente, a un agente e iniziò a partecipare alla mostra mercato Milanovendemoda e dal 1977 a Pitti Donna a Firenze. L’agente la convinse a pubblicizzare le collezioni sulle riviste di moda Vogue e Harper’s Bazar e così dal 1975 i capi più belli comparvero nelle pagine pubblicitarie, ma furono presenti anche in molti servizi redazionali in queste e altre riviste. I prezzi finali aumentarono ma ciò non portò a una perdita della clientela; i titolari delle boutique apprezzarono la possibilità di esporre accanto all’abito la locandina con il nome di riviste così importanti, perché sapevano che sarebbe stato un elemento di attrazione per la loro clientela.

Nel 1981 Franca dopo trent’anni di lavoro intenso preferì ritirarsi. Aveva raccolto molte soddisfazioni ma la ditta aveva pesato sempre solo sulle sue spalle e desiderava cominciare una nuova vita. Programmò per tempo la chiusura e aveva già interrotto la collaborazione con il laboratorio Marconi quando una vecchia cliente londinese le ordinò un abito da sera ricamato; Franca dapprima rifiutò ma quando seppe che la cliente era la principessa Margaret decise di effettuare quest’ultima commessa. 

Questa storia trova le proprie radici nell’Italia degli anni Cinquanta, un paese che cercava di rinascere dopo la guerra; “Creazioni Franca” si sviluppò con originalità, cogliendo i primi segni del benessere economico, l’emergere di una classe borghese e di una donna impegnata nel lavoro ad alto livello e coniugò la produzione artigianale classica con alcuni elementi dell’organizzazione industriale moderna.

Nessun documento amministrativo e commerciale della ditta è stato conservato; la ricostruzione si è  basata su di una lunga amicizia e frequentazione con Franca, su varie fonti orali e trova riscontro nel copioso materiale grafico, conservato quasi completamente, così come quello fotografico (un migliaio di foto circa) e tessile (una quarantina di abiti, un centinaio tra campioni, campionari e tessuti) che sono sopravvissuti. Gran parte del materiale, che mi ha guidato nella ricerca, è stato donato dalla figlia di Franca, Donata, al Museo del Tessuto e del Profumo di palazzo Mocenigo, dove è stato ordinato, inventariato ed è consultabile.

Immagine di copertina: Franca Polacco indossa un suo scialle ricamato, Lido di Venezia, 1950 ca..

Ho raccontato la storia della ditta nel libro Madame Jersey, l’impresa Franca Polacco a Venezia, tra moda boutique e prêt-à-porter, Ed. La Toletta

La regina veneziana della moda ultima modifica: 2022-12-07T15:21:57+01:00 da IRINA INGUANOTTO
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