Venezia, un invito privato. Conversazione con Servane Giol

JOANN LOCKTOV
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Quando, di notte, sei sul vaporetto della Linea 1 e scorgi con meraviglia le residenze private che s’affacciano sul Canal Grande, vedi seducenti lampadari in vetro di Murano, soffitti dipinti decorati e decorazioni scolpite in pietra e in stucco. È questo il paese delle meraviglie che Servane Giol c’invita a esplorare nel suo nuovo libro, Venice: A Private Invitation [edizione italiana: Un invito a Venezia, Marsilio]. Approfondendo la storia, la cultura e la creatività, Giol svela un intimo mondo veneziano fatto di design, artigianato e della graziosa arte della sprezzatura

Tu sostieni, a proposito di Venezia, che “rimane difficile accedere alle sue residenze private, un mondo poco conosciuto e straordinario”. Per risposta, hai deciso di aprire generosamente le porte di Palazzo Falier e, inoltre, di condividere notevoli palazzi privati, studi e giardini di tuoi concittadini veneziani. Perché ora?
Probabilmente perché dopo 23 anni in questa meravigliosa città ho acquisito fiducia per scriverne.
In realtà, non volevo fare solo “un altro libro su Venezia” e poi ci vuol tempo per capire e scavare in una città e nel modo in cui vivono i suoi abitanti.

Servane Giol in uno dei liagò di Palazzo Falier, la sua residenza.

Gli ambienti, nel tuo libro, abbracciano secoli. In passato accolsero mercanti, suore, dogi e poeti. Ora ospitano artisti, collezionisti, curatori, artigiani e designer. C’è una caratteristica che incarni per eccellenza una residenza veneziana? Ed è una caratteristica che può essere replicata altrove? Penso a persone che vivendo anche migliaia di miglia distanti, in continenti lontani da Venezia, vorrebbero creare un’atmosfera veneziana nella propria casa.
Una caratteristica delle case veneziane, per me, è che sono tutte straordinarie, piene di oggetti straordinari che sono l’evoluzione di secoli di sapienza di uomini, artigiani, artisti, scultori, pittori….

Venezia, come hai detto tu, è ed è stata storicamente un porto e i suoi abitanti erano e sono mercanti. Non credo esista al mondo una città che abbia esportato così tanto i suoi mestieri e le sue conoscenze. Penso ai vetri, ai lampadari in vetro, agli specchi ma anche ai mobili in legno, ai pittori… è difficile trovare al mondo una casa che non abbia nulla di veneziano o d’inventato a Venezia!

Libri! Libri! Libri! Libri dappertutto, sugli scaffali, sui tavolini, sulle consolle e sui tavoli delle biblioteche. Questo uno se lo può aspettare ma la sorpresa affascinante sono le pile di libri per terra nelle case più eleganti di Roberta Rossi e Giorgio Ceccato. Vedere questa giustapposizione di disordine e raffinatezza, è una delizia. Ce la puoi spiegare? Lo tsundoku è entrato a far parte del lessico veneziano?
Non ancora, ma la parola chiave per una libreria veneziana dovrebbe essere probabilmente “peso”.
Sono case belle ma fragili, dotate di grande elasticità ma d’una limitata capacità di sostenere pesi. Questo potrebbe spiegare perché cerchiamo di distribuire e suddividere il peso dei libri un po’ ovunque in casa.

Ho scoperto con mia grande sorpresa che a Venezia molti archivi sono al piano terra, anche con il rischio d’inondazione… tutto è dovuto a questioni di stabilità statica.

Un pianoforte a gran coda in cima alle scale che conducono al piano nobile di Palazzo Falier.

Flaubert, come si sa, amava ripetere che “Dio è nei dettagli”. Io preferisco pensare che nei dettagli ci sia l’amore. La cura meticolosa del libro, sia nel testo sia nelle immagini, ne fa una lettera d’amore a Venezia. M’incuriosisce la tua collaborazione con Mattia Aquila, il fotografo. Trovo le immagini sontuose. Come hai preparato il terreno perché Mattia interpretasse le tue parole e progettasse le sue immagini per illustrare così magnificamente il tuo invito?
Mattia è un fotografo fantastico e s’è prestato al gioco alla perfezione. Non è facile per un fotografo, Venezia, per via della logistica complicata e delle luci… alcune stanze che ha ripreso erano nella completa oscurità e lui è riuscito nella magia, usando solo la luce naturale.

Ovviamente conosceva i temi che il libro avrebbe affrontato… specchi, pizzi, tavoli… ma il suo incredibile occhio e la precisione nei dettagli sono davvero unici.

Per quanto riguarda le tavole apparecchiate ho proposto un tema ai diversi amici e proprietari che avremmo fotografato, e li ho lasciati liberi di realizzarli… per esempio Cathy Vedovi aveva il tema del pesce e dell’acqua, Chahan Minassian aveva il tema del vetro… e così via… Se la sono cavata tutti splendidamente. Per fortuna Venezia è piena di persone molto creative.

Sulla tavola apparecchiata nella sala da pranzo di Marta Bastianello è stesa una tovaglia Arjumand su cui sono posati antichi bicchieri decorati con oro fino (Murano, XVIII secolo), posate d’argento tipicamente veneziane e piatti in maiolica, decoro tacchiolo, di Antonibon, Nove, Bassano.

C’è come un sentirsi a proprio agio, una familiarità, nel libro, che è un suo tratto stupendo. Risate, aneddoti familiari intimi, parole italiane toccanti… È come se storie e battute sgorgassero da familiari e amici che si riuniscono a cena per gustare i tuoi risi e bisi nel corso di anni di racconti di avventure, storia e folklore. La tua ricerca e l’inclusione dei tesori degli Archivi Arrivabene e Frigerio riportano in vita il passato, creando una continuità culturale che trascende le generazioni.
Sulla base della tua vasta ricerca, delle tue osservazioni letterarie e delle conversazioni, quali sono i libri di saggistica, i romanzi o le poesie che consiglieresti ai venetofili per comprendere meglio la tua magica città?
Per quanto riguarda la poesia, amo le poesie veneziane di Alfred de Musset.
Uno dei miei libri preferiti (ed è stato molto utile per il mio libro) fu scritto nel mio palazzo, Venetian Life, di  W. D Howells. Offre una descrizione molto accurata di Venezia nel 1865. Sull’arte della tessitura, di Doretta Davanzo Poli c’è l’ottimo libro Le stoffe dei Veneziani.

Telaio del XVIII secolo

La selezione che fai dei pezzi di artigianato veneziano è affascinante per diversi motivi. Intrecciare la storia con artisti contemporanei offre una solida comprensione di ciò che abbiamo guadagnato e di ciò che abbiamo perso. Studiare residenti e ambienti, dopo aver letto il capitolo sull’artigianato, consente di andare più in  profondità osservandone i dettagli con una nuova comprensione: l’armatura di un enorme lampadario, un disegno decorato in stucco che abbellisce un muro o il drappo di una tovaglia a rete da pesca di Burano. Venezia si distingue per una vasta gamma di produzioni artigianali: come hai deciso di concentrarti su specchi, vetri, tessuti, pizzi, ceramiche, porcellane nonché sui “sottovalutati” stucchi?
Mi sono focalizzata sulla Straordinarietà e sull’Unicità di Venezia. Per capire perché è così, si ha assolutamente bisogno di qualcuno che ce l’insegni. Ho avuto modo di incontrare una merlettaia di 96 anni che mi ha insegnato a riconoscere le differenze tra il dritto e il rovescio di un tessuto di pizzo. Ho conosciuto maestri vetrai che con pazienza mi hanno insegnato le differenze di lavorazione del vetro, soffiato, cotto, ecc. Sono conoscenze che vanno trasmesse, almeno spiegate per capire gli straordinari manufatti di Venezia. E non farsi ingannare dalla contraffazione.

Una città così piccola che ha inventato così tanti mestieri e mantenuto la sua eccellenza per tutti questi anni… già questo è un miracolo!
Al centro della mia attenzione sono le tante cose che sono state inventate a Venezia, offrendo al lettore il come e il perché: la “guerra degli specchi”, le sfide del vetro, i merletti a Burano. Mi ha sempre sorpreso che così poche persone lo sappiano. Anche il fatto che Venezia avesse una produzione di ceramica e un forno fino agli anni Settanta in Campo San Polo, per molti è una sorpresa.

E dove trovare l’evidenza migliore di queste straordinarie creazioni? Nelle case private! Ogni credenza, a Venezia, è una grotta di tesori.

Il Bar Longhi a Palazzo Gritti Palace, famoso per i suoi specchi scolpiti a mano.

Quando leggo che l’americana Elsa Maxwell, senza farsi tanti scrupoli, strappò dalla sua edicola il cappello ducale del doge Mocenigo per indossarlo a un ballo in maschera, penso ai turisti che si comportano male a Venezia, il che non è purtroppo una novità. E sembra solo peggiorare con il tempo. Da residente veneziana, cosa consiglieresti ai turisti per godersi e rispettare al meglio la tua città?
Per godersi Venezia:
Il mio primo consiglio è di rimanere più del tempo di un weekend e utilizzare i giorni in più per visitare le isole di Burano e Murano senza dimenticare Torcello e Lido. Venezia non si capisce solo vedendo l’isola principale a forma di pesce, ma comprendendo il suo incredibile legame con la natura, la laguna e le isole.

Per rispettarla:
Magari ricordarsi che anche se c’è l’acqua e d’estate può fare molto caldo, non è una spiaggia e ci si veste in modo appropriato, e non si fa il bagno in canale… sembra buon senso ma c’è di che restare sorpresi.

Estratto in inglese di Venice: A Private Invitation

© Venice: A Private Invitation by Servane Giol, Flammarion, 2022. 

Immagini © Mattia Aquila 

Il libro è disponibile in inglese, italiano e francese

Immagine di copertina: Porte di legno intagliate nel Conservatorio Benedetto Marcello

Venezia, un invito privato. Conversazione con Servane Giol ultima modifica: 2023-01-27T17:36:17+01:00 da JOANN LOCKTOV

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