Venezia, laboratorio della rigenerazione urbana

ANTONELLA BARETTON
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Senz’altro degni di plauso sono progetti come Upskill 4.0 – ideato dall’omonima società, spin-off dell’Università di Ca’ Foscari, dipartimento di business management – promosso dalla Fondazione di Venezia, che testimoniano la concreta volontà di enti e istituzioni di promuovere l’artigianato veneziano come alternativa alla monocultura turistica e strumento per politiche di rigenerazione urbana e residenzialità.

Il progetto, già in fase avanzata, alla seconda edizione, prevede dapprima la selezione di un panel di imprese residenti nell’area metropolitana (isole comprese) che ambiscano a sviluppare progetti di digitalizzazione e innovazione. Le realtà imprenditoriali dovranno essere disposte a collaborare e accogliere gruppi di studenti di istituti tecnici, appositamente selezionati dall’università provenienti da ogni parte d’Italia, con cui interagire. Nello specifico sono stati selezionati: ITS Fitstic, ITS Academy LAST, Fondazione ITS Turismo Veneto, ITS Tessile, Abbigliamento e Moda – Biella, ITS Servizi alle Imprese.

I ragazzi sono affiancati da tutor coordinati dal team di Stefano Micelli (Ca’ Foscari) e saranno liberi nell’ideazione e nello sviluppo dei progetti che la visita all’impresa assegnataria avrà loro ispirato. L’obiettivo è vera interazione tra generazioni e competenze diverse, la creatività non ancora contaminata di un giovane nativo digitale, naturalmente propenso all’innovazione, viene messa a servizio della realtà imprenditoriale. Il fine è la creazione e la realizzazione di un prototipo. Seguirà la narrazione di quanto è stato fatto, perché comunicare è importante quanto fare.

Operativamente il progetto si articola in varie fasi, in un percorso, anche temporale, così declinato: nel novembre scorso la presentazione dei soggetti selezionati, tra le quali molte start-up e microimprese, tutte, vien da osservare, accomunate da una spiccata vocazione alla “sostenibilità”: Micromega Eyewear (produttore occhiali in titanio), Rehub Srl (riciclo del vetro per design). Ramosalso (upcycling del tessile dismesso, ovvero, sartoria “circolare”), Martina Vidal (merletto di Burano), Rimani (negozio di vicinato con prodotti di filiera corta), Gloria Rogliani (voga alla veneta), Wetlands (casa editrice specializzata in tematiche di sostenibilità), Sullaluna (libreria bistrot).

Lo scorso gennaio, iniziata la seconda fase, è intervenuta la prima visita in azienda degli studenti, finalizzata alla ricerca del contesto di riferimento e alla “definizione”, ovvero alla conduzione di una serie di interviste ai clienti potenzialmente interessati al progetto. In altri termini, essenziale e preliminare alla formulazione del progetto, è la corretta individuazione dell’ambiente di riferimento, dei bisogni concreti e delle esigenze che i clienti manifestano.

Questo approccio, definito di “design thinking” tipicamente anglosassone, costringe i ragazzi a uno sforzo di indagine fondamentale in qualsiasi processo di definizione e creazione progettuale. Trovare risposta adeguata alla domanda: “di che cosa c’è bisogno? Qual è l’interesse e di chi?” consente di indirizzare il processo creativo verso soluzioni vincenti in quanto aderenti alle esigenze dell’ambiente di riferimento. Il “design thinking” (a cui fa esplicitamente riferimento la piattaforma digitale realizzata da Upskill 4.00) è una metodologia applicata per la risoluzione di problemi di strategia, di organizzazione, di sviluppo di nuovi prodotti e servizi; consente di prendere decisioni cruciali e strategiche promettendo di abbattere drasticamente i rischi connessi. È definito “user-centric” in quanto parte dalle persone di cui si osservano i comportamenti e se ne intuiscono i bisogni che vengono trasferiti nel prodotto da ideare.

La terza fase del percorso, svoltasi in questi giorni, è la reale fase di ideazione del progetto. Identificati gli obiettivi e le esigenze manifestate dai clienti già identificati, verranno selezionate le idee più aderenti alla sfida progettuale, tenuto conto della loro realizzabilità anche da punto di vista della sostenibilità economica. È questo – in un contesto reale – un punto altrettanto imprescindibile.
Proprio perché è in corso la fase di “brainstorming”, le aziende selezionate sono a tutt’oggi ignare, nello specifico dei progetti che in concreto saranno realizzati.

A Burano, per esempio, sono stati assegnati gli studenti dell’ITS Fitstic di Bologna, corso di progettazione e realizzazione di sistemi AR e VR, acronimi di realtà aumentata e realtà virtuale, tecniche entrambe utilizzate dai marketer per incrementare il coinvolgimento del potenziale cliente, il “brand awareness” e offrire un’esperienza di acquisto personalizzata. Sarà allora interessante comprendere quali saranno le selezioni operate dai ragazzi, proprio tenuto conto dell’ambiente di riferimento. Se opteranno per la realtà virtuale (ricreazione di una nuova realtà attraverso l’uso di visori, cuffie e stick) o a quella semplicemente “aumentata”, arricchita di elementi digitali non presenti nel contesto effettivo. In questo caso è sufficiente un dispositivo mobile dotato di webcam…
Soltanto il prossimo marzo, seguirà la realizzazione del prototipo, la sua presentazione e narrazione.

Venerdì scorso 3 febbraio il progetto è stato presentato alla stampa nell’ambito della serie di incontri promossi dalla Fondazione di Venezia “Venezia, capitale del nuovo artigianato”. Si è trattato di un incontro dai risvolti senz’altro più politici che tecnici, attesa la presenza dell’assessore regionale all’istruzione e alla formazione Elena Donazzan, dell’assessore comunale al commercio Simone Venturini, di esponenti delle associazioni di categoria (Confartigianato e CNA)), oltre che dal presidente della fondazione IUAV Alberto Ferlenga. Il presidente della Fondazione di Venezia, Michele Bugliesi, ha posto l’accento sulla correlazione proporzionale tra residenzialità e numero di imprese artigiane presenti nel territorio, osservazione ripresa anche da Michela Scibilia, presidente di CNA Venezia. La stessa ha sottolineato, al di là dell’usuale retorica e summa di buoni propositi che lodevoli iniziative come questa richiamano, che artigianato non è soltanto eccellenza, ma anche e soprattutto servizi. Sottesa a tale osservazione, è la considerazione che laddove non vi sia domanda, non vi può essere conseguente offerta. Così il mortifero decremento di residenti importa gioco forza anche la drastica diminuzione delle imprese artigiane

Pertinente è parsa anche la successiva osservazione di Scibilia, circa l’assoluta penuria di giovani che decidano di dedicarsi professionalmente all’artigianato. I più vi si accostano come semplice hobby, responsabile anche una normativa penalizzante ed eccessivamente onerosa in materia di apprendistato. Infine una nota positiva ed inaspettata, sottolineata da Ferlenga: Il funzionamento del M.O.S.E, quanto meno nell’immediato e nel futuro prossimo, consente di recuperare alla città spazi da tempo non più fruibili perché sommersi dall’acqua alta, locali che potranno essere destinati nuovamente ad attività produttive e artigianali. Ciò, vien da aggiungere, qualora venga perseguita una politica volta a regolamentare (e calmierare) i canoni di affittanza a favore di attività autenticamente artigianali. Diversamente prevarrà la consueta logica di mercato.

Così la “complessità di Venezia” a cui accennava nel suo intervento l’assessore Venturini, si stempera nella semplice considerazione che occorre ricreare le condizioni per rendere nuovamente attrattiva la città per chi desideri abitarci (anche temporaneamente). E ciò attraverso la risoluzione del primo dei problemi a ciò sottesi, ovvero l’assenza di contratti di affitto residenziali, anche di breve periodo. Non è complesso arguire che è un residente ad abbisognare di un elettricista, piuttosto che di una pulitura a secco, mentre una locazione turistica, si affida il più delle volte in outsourcing attraverso imprese dimensionalmente strutturate, presenti al di fuori del territorio comunale.

Insomma, incontri come questi, hanno – se non altro – il pregio di tenere vivace il dibattito sulle, oramai scarse realtà produttive presenti in città (l’assessore Donazzan ha comunque preannunciato un “bando Venezia” finanziato dal Fondo sociale europeo che, per il Veneto dispone di ben un miliardo di Euro da erogarsi nei prossimi sei anni!), mentre è lodevole l’iniziativa di Upskill 4.00 che intercetta la vocazione di Venezia come sede ideale per un laboratorio sperimentale ed esperienziale di nuove collaborazioni intergenerazionali. E chissà che quella rigenerazione urbana e innovativa a cui auspica Bugliesi, non finisca per realizzarsi davvero.

Venezia, laboratorio della rigenerazione urbana ultima modifica: 2023-02-07T18:30:40+01:00 da ANTONELLA BARETTON

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