Pio d’Emilia è stato il corrispondente storico del manifesto dal Giappone, quindi lo conoscevo da più di trent’anni. Non voglio parlare della sua vita professionale, di quel grande giornalista che era e nemmeno del suo aspetto umano, che ne faceva forse una delle persone più miti e pacifiche che abbia mai conosciuto.

C’era una volta il Giappone di Pio d’Emilia

Preferisco ricordarlo in una mattinata di dicembre, nel 2009, quando venne a trovarci a via Bargoni. Una mattinata che resterà la nostra, solo mia e sua, di nessun altro. Tranne me infatti non c’era ancora nessuno a quell’ora in redazione, così passammo qualche ora a chiacchierare di politica, del giornale e delle nostre vite. Avevo con me una fotocamera e gli proposi di fargli degli scatti sul terrazzo, perché gli confessai che la sua faccia mi era sempre piaciuta: il suo sorriso, gli occhi buoni, l’inseparabile toscanello e assieme a tutto ciò gli dissi, scherzando, che gli avrei rubato anche l’anima con i ritratti che gli stavo per fare. “Prendila pure”, mi rispose offrendosi all’obiettivo e ridemmo entrambi di cuore.


Alla fine arrivò anche Tommaso Di Francesco in redazione, così li ritrassi assieme. Quando inviai le fotografie a Pio, lui mi confessò che davvero in quegli scatti c’era la sua anima. Utilizzò ovunque una di quelle foto, quella col toscanello, che divenne la sua preferita e che secondo lui più lo rappresentava. Nelle prime immagini che iniziai a scattargli, lui posava davanti al vetro della porta scorrevole. Quel vetro adesso non c’è più, è stato sostituito proprio pochi giorni fa. Ho pensato che forse anche i vetri hanno un’anima e quel giorno io l’avevo rubata, assieme a quella di Pio.
Grazie Pio mia inestimabile, dolcissima creatura, grazie per avermi regalato il tuo sguardo e per avermi confessato chi davvero sei.



1 commento
Belli tutti questi articoli intorno a d Emilia
Grazie