Caso Cospito. Ispezione o visita?

GIOVANNI INNAMORATI
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C’è un aspetto della vicenda Cospito-Donzelli-Delmastro che non è stato sufficientemente stigmatizzato dai media e dai commentatori, un aspetto più istituzionale che politico. Alludo a un tentativo, non so se consapevole o meno, di limitare le prerogative dei parlamentari, e in particolare di quelli dell’opposizione. Un atto grave perché si tratta di una delle prerogative di controllo sul governo, essenziale nel bilanciamento dei poteri. Entriamo nel dettaglio.

 Sintetizzando la vicenda, va ricordato che il 31 gennaio scorso, durante una seduta della Camera in cui si stava votando all’unanimità gli articoli della legge istitutiva della Commissione Antimafia di questa legislatura, il deputato di Fdi Giovanni Donzelli ha preso la parola per accusare “la sinistra”: “Io voglio sapere se la sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi”. Il motivo di tale accusa a freddo, è stato l’ispezione compiuta 19 giorni prima, per l’esattezza il 12 gennaio, da parte di una delegazione di parlamentari del Pd al carcere di Sassari, per verificare le condizioni di Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis dal maggio 2022 e in sciopero della fame dal 20 ottobre successivo. Due giorni prima, il 10 gennaio, il Ministero aveva fatto un comunicato in cui si affermava semplicemente che le condizioni di Cospito erano “monitorate”.

Per motivare ulteriormente la propria accusa ai Dem, Donzelli, ha citato una informativa del Dap:

Dai documenti che si trovano al Ministero della Giustizia, Francesco Di Maio del clan dei casalesi diceva, incontrando Cospito: ‘Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato’, che sarebbe l’abolizione del 41 bis. Cospito rispondeva: ‘Dev’essere una lotta contro il 41 bis’. Ma lo stesso giorno, il 12 gennaio 2023, mentre parlava con i mafiosi, Cospito incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando”. E poi Donzelli ha proseguito con la propria domanda retorica ai deputati Dem per sapere da loro se stanno “dalla parte dello Stato o dei terroristi.

Come tutti ricordiamo, l’attenzione dei media e dei commentatori si è rivolta su due punti: il fatto Donzelli abbia rivelato un atto del Dap che deve per sua natura rimanere riservato (poi si è appurato che il documento gli era stato fornito dal sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove), e che lo abbia utilizzato strumentalmente per attaccare il maggior partito di opposizione. Sono due rilievi fondati, ovviamente, molto gravi, piuttosto plateali, che hanno messo in secondo piano un terzo aspetto altrettanto da stigmatizzare.

Tutto si gioca sulla differenza semantica tra “ispezione” e “visita”. Si fa una “visita” ad un parente, ad un amico, mentre si fa una “ispezione” ad un luogo per verificare una situazione. Nella pioggia di dichiarazione dei parlamentari di Fdi, a sostegno del loro collega, si ripetevano le critiche alla “visita del Pd a Cospito”. In aula, con lucidità, Riccardo Magi, presidente di +Europa, ha parlato di “analfabetismo costituzionale”, perché tali critiche ignorano non solo che le ispezioni nelle carceri (ma non solo) sono una delle prerogative parlamentari, ma anche che le visite ispettive nei penitenziari non “esprimano un sostegno alle istanze e alle attività dei detenuti che si visitano”, men che meno una compiacenza per i reati compiuti. Eppure questa distorsione è stata sostenuta dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nella sua lettera al Corriere della Sera. Ed è stata sostenuta perfino dal presidente del Senato, Ignazio La Russa: in una intervista al Messaggero il 5 febbraio, ha affermato che “forse è stata imprudente in questa fase compiere un’azione di per sé assolutamente legittima di controllo sulle condizioni dei detenuti”, aggiungendo che anche lui in passato aveva compiuto tali “visite”: “L’ultima volta ci sono stato per Roberto Formigoni, ma mai invece per un terrorista di destra. Sarebbe stato inopportuno”. Viene da sorridere pensando alle visite ispettive che Marco Pannella faceva a mafiosi ed ergastolani o a quella fatta dall’Antimafia a Totò Riina il 12 giugno 2017. 

L’opinione pubblica tende a rimuovere la realtà carceraria (poca attenzione anche da noi giornalisti) e ignora del tutto come avvengono queste ispezioni. L’ordinamento penitenziario prevede che i parlamentari siano accompagnati da un ufficiale della polizia penitenziaria (la maggior parte delle volte è il Direttore stesso) e che essi non possano avere dei colloqui con i reclusi (per i quali occorre una autorizzazione), ma possono fare domande sulle condizioni di detenzione. Se il dialogo si trasforma in un vero colloquio, l’ufficiale lo interrompe e può anche sporgere denuncia ai superiori. Tuttavia visto anche “l’analfabetismo costituzionale” della popolazione italiana, il messaggio passato è stato esattamente quello veicolato da Fdi, cioè quello di “una visita”, e quindi di una compiacenza col detenuto e i suoi reati. Lo dimostra un sondaggio di Euromedia Reserch, di Alessandra Ghisleri, nel quale emerge che per il 42,2 per cento “gli incontri tra i parlamentari del Pd e Alfredo Cospito siano gravi”: una percentuale di poco inferiore di quanti ritengono che sia grave (il 44 per cento) il comportamento di Delmastro e Donzelli.

Ma questo slittamento semantico si traduce in una sorta di intimidazione verso altri parlamentari che in futuro oseranno avventurarsi in ispezioni a situazioni che potrebbero dare fastidio all’Esecutivo o ai partiti di maggioranza, ad esempio a penitenziari dove vengono denunciate situazioni di disagio dei detenuti. Tali ispezioni potrebbero portarli a finire nella gogna mediatica di Fdi, qualora si trattasse di ispezioni, anzi di “visite” a detenuti che hanno commesso crimini odiosi. Avranno tutti i parlamentari dell’attuale opposizione il coraggio di finire sotto accusa di connivenza con mafiosi, stupratori, omicidi o corruttori qualora andranno a fare sopralluoghi per verificare le condizioni di vita? Non credo, dunque, sia retorico ricordare le celebri affermazioni di Voltaire: “Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, perché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione”.

Sull’importanza di questa prerogativa parlamentare ha scritto parole sintetiche ma assai efficaci il professore Salvatore Curreri su LaCostituzione.info. a proposito di un’altra vicenda ispettiva (ad una nave di una Ong bloccata in rada dall’allora ministro Salvini).

Ogni parlamentare – scriveva Curreri – quale rappresentante della Nazione (art. 67 Cost.) ha il diritto di poter svolgere il proprio mandato non solo all’interno del Parlamento ma anche al suo esterno. Anzi, tra attività extraparlamentare ed attività parlamentare s’innesca un circolo virtuoso perché la prima costituisce, ad un tempo, antecedente e conseguenza della seconda. È dall’attività nel territorio, dal contatto con il vissuto quotidiano infatti, che il parlamentare trae informazioni, esigenze, interessi che sarà compito suo e della sua parte politica mediare e rappresentare nella successiva attività svolta all’interno delle Camere, la quale, a sua volta, è attraverso il parlamentare comunicata, discussa e, se del caso, criticata all’esterno. Pertanto, ‘l’attività dei membri delle Camere nello Stato democratico rappresentativo è per sua natura destinata a proiettarsi al di fuori dalle aule parlamentari, nell’interesse della libera dialettica politica, che è condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative’.

concludeva Curreri citando una sentenza della Corte costituzionale.

E infatti il costituzionalista sosteneva l’allargamento della prerogativa parlamentare ispettiva anche ad altri ambiti, oltre alle carceri e alle caserme previste dalla legge, come appunto alle navi delle Ong. Ma il rischio è che anziché allargare si restringano gli ambiti.

Immagine di copertina: La Casa circondariale Giovanni Bacchiddu, Bancali (Sassari).

Caso Cospito. Ispezione o visita? ultima modifica: 2023-02-10T19:10:34+01:00 da GIOVANNI INNAMORATI
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