Domenica 19 febbraio a Washington D.C., davanti al Lincoln Memorial, si terrà la manifestazione “Rage Against the War Machine”. Si tratta di un evento contro la guerra in Ucraina che segna un netto distacco dalle manifestazioni passate. Non perché gli organizzatori chiedono che gli Stati Uniti non inviino più aiuti finanziari e militari al paese invaso un anno fa dalla Russia di Vladimir Putin. La novità sta nella “coalizione” a supporto della manifestazione.
Gli organizzatori principali dell’evento sono infatti il Libertarian Party e il People’s Party. Il primo è il più noto perché esiste da tempo e, sebbene sia un piccolo partito, è stato il partito di Ron Paul, storico esponente libertario del Partito repubblicano e padre dell’attuale senatore repubblicano del Kentucky, Ron Paul. Il Libertarian Party si batte da sempre contro la presenza “invasiva” dello stato in qualsiasi campo, dal settore militare a quello economico e sociale, e milita per una politica economica basata sul laissez-faire e lo “stato minimo”.
Il People’s Party è invece una formazione politica di sinistra, nata recentemente dopo le elezioni presidenziali del 2016 come “Draft Bernie for a People’s Party”, nel tentativo di costruire un terzo partito a sinistra dei democratici e attorno alla figura del senatore progressista Bernie Sanders. Poi è diventato semplicemente People’s Party dopo che Sanders ha rifiutato di essere la figura di riferimento del partito che, tuttavia, riprende la denominazione del partito populista agrario di sinistra che alla fine del Diciannovesimo secolo svolse per poco tempo un ruolo importante negli Stati Uniti meridionali e occidentali.
Il fondatore del People’s Party – e organizzatore dell’evento di domenica – è Nick Brana, che in precedenza aveva collaborato con la campagna presidenziale di Sanders del 2016 come coordinatore nazionale delle attività politiche. L’obiettivo del movimento di Brana è sostituire il Partito democratico con un’agenda molto progressista in campo sociale ed economico. All’epoca della fondazione, tra gli oratori intervenuti all’assemblea di fondazione figuravano molti esponenti dell’ala di sinistra o di formazioni a sinistra del Partito democratico come l’ex candidata alle primarie democratiche Marianne Williamson, l’ex professore e filosofo dell’Università di Princeton Cornel West, la co-presidente di Sanders 2020 Nina Turner e l’ex governatore del Minnesota – e wrestler – Jesse Ventura.
Anche se la richiesta principale della manifestazione è essenzialmente quella di non dare “alcun centesimo in più per la guerra in Ucraina” – richiesta che anche vari esponenti del Partito repubblicano oggi alla guida della Camera sostengono – la piattaforma della manifestazione elenca varie altre richieste: un vago “negoziato per la pace” e “la fine dell’inflazione dettata dalla guerra”; “lo scioglimento della Nato” e “l’eliminazione del nucleare a livello globale”; “la riduzione della spesa del Pentagono”; “l’abolizione della Cia e del Deep State militare-industriale” (con una ripresa da parte della sinistra del linguaggio trumpiano sullo stato profondo alla guida il paese, una definizione che in effetti nasce nella sinistra degli anni Settanta); “l’abolizione della guerra e dell’impero” e “il ripristino delle libertà civile”; e “la liberazione di Julian Assange”.
Nella variegata “coalizione destra-sinistra” della manifestazione di domenica partecipano anche altre organizzazioni. Per esempio vi partecipa una parte del movimento populista di sinistra Occupy che nel 2011 aveva organizzato una serie di manifestazioni di protesta contro la disuguaglianza economica e l’influenza del denaro nella politica, a Zuccotti Park, a Wall Street a New York.
Tra gli oratori chiamati poi a parlare ci sono molte personalità della destra libertaria e della sinistra populista. Vi partecipano infatti personalità politiche come Ron Paul, Dennis Kucinich, Jill Stein e Tulsi Gabbard. Kucinich è stato uno storico deputato della sinistra democratica che si è candidato alle primarie contro John Kerry nel 2004 e contro Barack Obama nel 2008; Jill Stein è stata la candidata alla presidenziali per il Green Party nel 2012 e nel 2016; Gabbard è stata deputata democratica e candidata alle primarie dem nel 2020. Si tratta di figure politiche accomunate dal fatto di essere molto ambigue e per aver seguito un percorso politico molto “tortuoso”.
Kucinich, per esempio, è stato per anni considerato uno degli esponenti più a sinistra del Partito democratico. Nel 2013, durante la presidenza di Obama, è diventato collaboratore di Fox News, partecipando a programmi ultraconservatori come The O’Reilly Factor. Nella varie apparizioni su Fox, Kucinich ha anche elogiato e difeso l’allora presidente Donald Trump, definendo il truce discorso di inaugurazione del repubblicano come un “grande messaggio di unità”. In uno degli show più importanti di Fox e per la destra americana, il Sean Hannity Show, Kucinich ha anche dato credito alle teorie del complotto sul tentativo dell’intelligence del Deep State di lavorare contro Trump. Tra le numerose posizioni del democratico è da sottolineare anche la difesa di Michael Flynn, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump che si è poi dichiarato colpevole per aver mentito all’Fbi sulle sue relazioni con la Russia.
Anche Tulsi Gabbard è nota per le numerose apparizioni su Fox News, durante le quali criticava duramente l’allora presidente Barack Obama, in particolare per essersi rifiutato di dire che il vero nemico degli Stati Uniti era l’Islam radicale. Gabbard, come Kucinich, ha anche incontrato Bashar al-Assad ed è arrivato a dichiararsi scettica nei confronti delle affermazioni sull’uso di armi chimiche da parte del presidente siriano, come ripetutamente ha sottolineato la propaganda russa. Gabbard ha partecipato poi alle primarie democratiche del 2020 con una piattaforma isolazionista, securitaria ed economicamente progressista, molto critica di in particolare dell’ex candidata dem 2016 Hillary Clinton. Anche se ha sostenuto Joe Biden alle presidenziali non è stata rieletta deputata e le sue posizioni si sono spostate più a destra anche sui temi sociali come l’aborto, fino a partecipare come oratrice alla Conservative Political Action Conference (CPAC) del 2022, l’evento principale della destra conservatrice del Partito repubblicano.
Jill Stein è invece considerata la bestia nera dal Partito democratico. Non solo perché nel 2012, durante la campagna elettorale, Stein ripeteva incessantemente che non ci fossero differenze significative tra Mitt Romney e Barack Obama – “Romney è un lupo travestito da lupo, Obama è un lupo travestito da agnello – ma perché nel 2016 ha svolto un ruolo significativo in diversi stati cruciali, ottenendo in tre di essi – Wisconsin, Michigan e Pennsylvania, tradizionalmente più o meno democratici – un totale di voti superiore al margine tra Donald Trump e Hillary Clinton, privando la candidata democratica della vittoria in questi tre stati decisivi vinti da Trump.
Stein è però molto più che una figura ambigua. Nel 2018 la Commissione di intelligence del Senato ha esaminato la sua campagna presidenziale per una potenziale “collusione con i russi” e ha rilevato che la Internet Research Agency ha favorito la candidatura della Stein attraverso i post sui social media, rivolgendosi in particolare agli elettori afroamericani. L’Internet Research Agency, nota anche come Glavset, è una società russa che si occupa di operazioni di propaganda e influenza online per conto di Vladimir Putin ed è legata all’oligarca russo Yevgeny Prigozhin, il proprietario della società mercenaria Wagner Group e di società accusate di interferenze nelle elezioni statunitensi del 2016 e del 2018. Anche se nulla suggerisce che Stein fosse a conoscenza dell’operazione, le posizioni politiche di Stein sulla Russia – così come una foto della leader dei Verdi americani a pranzo a Mosca con Putin e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump Flynn – sono state pubblicizzate dai media russi di proprietà statale, come Russia Today o Sputnik.
Ma anche tra gli oratori non politici di carriera c’è quasi un percorso comune. Per esempio, uno degli speaker sarà Jimmy Dore, un comico e conduttore radiofonico che ha lavorato per lungo tempo con il noto canale YouTube The Young Turks, celebre programma americano progressista. Dore negli ultimi anni è diventato soprattutto un sostenitore di Assad e un difensore di Putin, diffondendo teorie del complotto. Parlerà anche Roger Waters dei Pink Floyd che recentemente ha parlato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU su invito della Russia, condannando l’invasione del vicino da parte di Mosca come illegale – anche se ritiene che sia stata provocata – e chiedendo un cessate il fuoco.
Altri partecipanti sono esponenti del mondo dei social o di media particolarmente controversi. Per esempio lo youtuber Jackson Hinkle e Max Blumenthal, fondatori del sito web The Grayzone.
Hinkle aveva molto seguito su Twitch ma poi era stato sospeso per aver diffuso una teoria cospirativa smentita che supponeva che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky fosse fuggito dal paese durante la guerra russo-ucraina del 2022. Dopo essere stato bandito da Twitch, Hinkle si è unito a Cozy.tv, una piattaforma di streaming solo su invito lanciata da Nick Fuentes – noto commentatore politico sui social, suprematista bianco e antisemita – in collaborazione con Alex Jones, celebre conduttore radiofonico di estrema destra e fondatore del sito web InfoWars che promuove le teorie della cospirazione e fake news, recentemente ritenuto colpevole per aver diffuso falsità sulla sparatoria nella scuola elementare Sandy Hook, dove morirono ventisei persone, tra cui venti bambini. Hinkle trasmette anche su piattaforme come Odysee, che ha una politica di moderazione lassista e non rimuove i discorsi d’odio o le ideologie di estrema destra, ad eccezione degli appelli diretti alla violenza, e Rumble, la piattaforma video online che ospita Truth Social – il social di Trump – ed è la piattaforma video più popolare tra gli utenti americani di destra ed estrema destra (e che è stata finanziata da Peter Thiel, fondatore di PayPal e Palantir e noto sostenitore dei movimenti di destra e a destra del Partito repubblicano, e da J. D. Vance, scrittore americano lungamente anti-Trump e oggi senatore repubblicano trumpiano).
Max Blumenthal è il fondatore del sito web di sinistra The Grayzone che è noto per le diffondere notizie fuorvianti, per negare le violazioni dei diritti umani contro gli uiguri, diffondere teorie cospirative sul Venezuela e la Siria e per promuovere la propaganda filo-russa sull’Ucraina.

Si tratta ovviamente di movimenti molto marginali che, tuttavia, da un lato approfittano di argomentazioni che esistono nella destra e nella sinistra dei due partiti tradizionali e dall’altro cercano di trarne dei vantaggi politici. Nella componente conservatrice del Partito repubblicano e tra i progressives del Partito democratico esiste infatti una eco di fondo che l’Ucraina e i suoi sostenitori debbano essere pronti a fare significative concessioni territoriali alla Russia in cambio della pace, in parte perché pensano che sia improbabile che l’Ucraina vinca e in parte perché ritengono che l’uso di risorse economiche e militari comportino una deviazione di fondi che potrebbero essere utilizzati per le politiche interne (e qui riappaiono le tradizionali divisioni destra-sinistra sul come utilizzarli).
Ma nella mobilitazione dei movimenti “fringe” ci sono anche altre ragioni. Forse il tentativo di aumentare le pressioni sulla Camera a guida repubblicana e sullo scetticismo di molti esponenti repubblicani sulla guerra in Ucraina, come testimoniato dalle parole dello Speaker della Camera che, prima delle elezioni di metà mandato, aveva dichiarato che non ci sarebbe stato alcun “assegno in bianco” per l’Ucraina da parte di una Camera a guida repubblicana. Forse, soprattutto per i vari movimenti politici a sinistra dei democratici, c’è anche il tentativo di occupare alcuni spazi politici che potrebbero liberarsi in vista delle prossime elezioni. Secondo infatti un nuovo sondaggio dell’Associated Press-NORC Center for Public Affairs Research, il sostegno dell’opinione pubblica americana alla fornitura di armi all’Ucraina e all’assistenza economica diretta si è attenuato. Anche se solo il 29 per cento si oppone alla fornitura di armi all’Ucraina, il 22 per cento non si dichiara né favorevole né contrario e il 48 per cento si dichiara favorevole alla fornitura di armi, nel maggio 2022, a meno di tre mesi dall’inizio della guerra, il 60 per cento degli adulti statunitensi era favorevole.
È certo che con la guerra in Ucraina il discorso sulla guerra nel paese ha creato delle strane alleanze, a livello di media, ma anche a livello di istituzioni politiche. Se Tucker Carlson, uno delle principali star di Fox, ha sposato posizioni filorusse, media di sinistra come Jacobin, New Left Review e Democracy Now! si sono attenute a una posizione che incolpa l’espansione della Nato per l’invasione della Russia e si oppone agli aiuti militari all’Ucraina.
Al Congresso, invece, i più ferventi sostenitori conservatori di Trump hanno votato a fianco di esponenti della sinistra dem come lhan Omar e Cori Bush contro la messa al bando dei combustibili fossili russi. Omar e Bush si sono unite poi a Alexandria Ocasio-Cortez e Rashida Tlaib, nonché alla frangia di estrema destra del Partito repubblicano, nell’opporsi al sequestro dei beni degli oligarchi russi da parte del governo statunitense.
Ma dato che i democratici hanno la presidenza è la sinistra dem che è apparsa in grande difficoltà. Poco prima dell’inizio dell’invasione, la sinistra dem – per quanto critica di Vladimir Putin – sosteneva che gli Stati Uniti, se non erano la causa del conflitto, avevano avuto un ruolo nell’esacerbarlo, lasciando sul tavolo l’ingresso dell’Ucraina alla Nato e favorendo l’espansione della Nato stessa nei trent’anni successivi alla fine dell’Unione Sovietica. Così in parte si poteva leggere qualche giorno prima dell’invasione su un pezzo di The Guardian scritto da Bernie Sanders.
Dopo l’invasione c’è stata ovviamente una presa di posizione comune e diffusa contro Putin. La maggior parte dei progressisti del Congresso non ha mosso grandi critiche verso la gestione della guerra da parte del presidente Joe Biden. Pramila Jayapal, la leader del Congressional Progressive Caucus, composto da 98 deputati progressisti, sosteneva che i deputati dovessero “togliersi di mezzo” e lasciare alla Casa Bianca la gestione della situazione. Una delle voci critiche era stata quella della deputata democratica Ilhan Omar che sosteneva che la risposta bellica dell’America violava i valori progressisti.
Di fronte però alle votazioni sull’invio di aiuti e armi all’Ucraina, il Partito democratico alla Camera è rimasto unito. In maggio il pacchetto di aiuti per l’Ucraina da quaranta miliardi di dollari stato approvato velocemente e solo la deputata della sinistra dem Cori Bush aveva votato contro. Successivamente sono quindi esplose molte contraddizioni interne a quest’area politica del Partito democratico. In ottobre, in concomitanza con l’avvicinarsi delle elezioni di metà mandato e la pressione dell’inflazione sui cittadini americani, succede infatti il disastro: una lettera firmata da molti esponenti progressisti della Camera – come Alexandria Ocasio-Cortez – chiedeva a Biden di tentare la via della diplomazia con la Russia per porre fine alla guerra. La lettera era quindi oggetto di polemiche enormi all’interno dei dem. Vari esponenti che figuravano tra i firmatari dichiaravano di non aver mai firmato quel documento. Nel tentativo di controllare i danni, Jayapal ritirava la lettera e dichiarava che era stata redatta diversi mesi prima ed era stata diffusa dallo staff senza essere vagliata. Ocasio-Cortez viene poi contestata in ottobre e qualche settimana fa da militanti anti-guerra che accusano la deputata della sinistra dem di sostenere la politiche di invio di armi e finanziamenti all’Ucraina.


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