Sapere, è una parola!

Alessandro Carrera, professore di Italian Studies e World Cultures and Literatures all’Università di Houston in Texas, ci ha regalato, per la collana Parole Controtempo de il Mulino, una interessante e stimolante trattazione della parola “sapere”.
GIOVANNI TONELLA
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Alessandro Carrera, professore di Italian Studies e World Cultures and Literatures all’Università di Houston in Texas, ci ha regalato, per la collana Parole Controtempo de il Mulino, una interessante e stimolante trattazione della parola “sapere”. Peraltro, l’autore, chiarisce in una nota che si tratta di un primo studio che insieme ad altri dovrebbe permettere di concludere un lavoro di approfondimento sul sapere e sulla sua consistenza, alimentato anche da pubblicazioni precedenti quali La consistenza del passato, La consistenza della luce e Il Colore del buio.  

Nel prologo l’autore delinea un punto di partenza che ci porta al cuore della sua proposta sul significato del sapere e sulla prospettiva politica a esso legato. Il sapere non è la scienza, è diverso dalla scienza. La “scienza militante procede instancabile verso il futuro, è il suo compito e il suo destino. Il suo nulla, anche, perché a ogni trionfo può, se vuole, far terra bruciata dietro di sé, ma il sapere no” (p. 17). Ci pare di cogliere, nel mondo di intendere la scienza, gli aspetti che Weber nella celeberrima conferenza Wissenschaft als Beruf di Monaco aveva individuato del procedere del lavoro scientifico. Invece il sapere – in modo ologrammatico, come indica Morin – può, ma soprattutto deve fermarsi,

guardarsi indietro, contemplare le rovine del passato come l’angelo di Benjamin e tornare sui suoi passi, a dispetto del vento del progresso, ne scorge il luccichio di un antico gioiello che non si è ridotto in polvere e che ancora irradia luce (pp. 17-18).

Il sapere attraversa i tempi. La scienza progredisce. Allo stesso modo, il sapere non è riducibile alla cultura, anche in questo caso la attraversa, ne è un cuore pulsante ma anche indipendente, non equivale alle nozioni o alle informazioni, ai contenuti dell’istruzione, ma è aver coscienza della cultura. È aver accesso o attivare un percorso che va oltre, che va “alla visione delle idee”, per usare una terminologia platonica dell’autore. Ora strutturalmente il sapere appare un privilegio di pochi o comunque, a seconda della sua natura, non appartiene a tutti. Tuttavia rispetto ai tempi antichi e dell’antico regime nel mondo contemporaneo, pur non essendo democratico, vi è stata la possibilità di renderlo un privilegio democratico. Qui Carrera chiarisce il suo punto di vista, che definirei fortemente politico e normativo:

Chiunque oggi affermi che insegnare idee è tempo perso e che l’unico scopo dell’istruzione è quello di adeguarsi al mercato del lavoro strappa dalle mani delle classi meno abbienti una vittoria che nel corso della storia umana non era mai stata conquistata, e “che va difesa ad ogni costo” (il virgolettato è mio, ndr). (pp. 21-22). 

Si delineano due elementi chiave della trattazione del sapere di Carrera, da un lato la natura del sapere, e dall’altro il dovere politico di mantenere la possibilità universale al suo esercizio. Successivamente, la trattazione produce un percorso tramite il quale l’autore tocca alcuni nodi sul sapere, tramite quattro capitoli: Per un sapere non gerarchico, Il design del sapere, Il sapere alla prova della Cancel culture e il conclusivo Darwin nello spazio. Si coglie una natura non solo descrittiva ma anche normativa nel percorso che compie Carrera, innanzitutto nella preferenza per un sapere che non può che essere non gerarchico. Si tratta di un percorso che approfondisce i due elementi fondamentali della natura del sapere e della politica del sapere.

Nel primo caso Carrera indica la strada che al tempo stesso assolve meglio la descrizione del sapere e la normatività del sapere: il suo essere non gerarchico, il suo essere non riducibile a una teoria, il suo essere sintesi e allo stesso tempo dislocazione, il suo essere compresenza: una compresenza non gerarchica, una continua produzione di relazioni e nessi, di illuminazioni, approfondimenti e collegamenti, la sua capacità – direi – di aprirsi sempre, anzi, costituire una descrizione che è sempre densa – mi viene in mente qui la descrizione densa di Ryle e Geertz – e stratificata. Ciò significa comprendere – come sottolinea Carrera – quanto incida il design, la cornice, l’impostazione. In questo caso siamo alla descrizione del lato riflessivo del sapere, ma anche al cuore di ciò che lo caratterizza al di là dei semplici contenuti e delle semplici informazioni. Laddove c’è sapere c’è anche una potenziale trappola se non sa operare fino fondo il suo potenziale riflessivo e critico (si pensi alla vicenda che Jared Diamond racconta dell’isola di Pasqua in Collasso).

In Carrera emerge chiaramente una fortissima osmosi tra la sua proposta di lettura del sapere e la natura del suo esercizio, per così dire autoriale, del sapere. La sua formazione poliedrica, allo stesso tempo saldamente in grado di padroneggiare il lascito dei grandi classici della filosofia (Platone emerge nella sua grandezza), come di utilizzare la bussola per orientarsi nel dibattito contemporaneo, gli permette di restituire plasticamente, nei riferimenti, nelle citazioni e nella scrittura la sua descrizione del sapere. Ciò permette all’autore di avanzare anche delle notazioni di filosofia dell’insegnamento (e dell’educazione, aggiungerei), coerenti con la sua lettura del sapere, anche criticando la colonizzazione unilaterale del digitale. L’autore avanza una proposta di design dell’apprendimento che, sulla scorta delle indicazioni della retorica classica, lavori a una creazione (inventio), design (dispositio) e gestione (elocutio) nei processi di apprendimento che riprendano gli aspetti sopra ricordati non gerarchici e di relazione-dislocazione e di contemporaneità dei tempi diversi.

A questo livello Carrera sottolinea la dimensione politica sopra citata: si tratta di difendere la vita contemplativa che non è in opposizione alla vita activa, preservarne la natura di privilegio ma aperto alla possibilità democratica di accesso:

Solo nella seconda parte del XX secolo il privilegio dell’educazione umanistica è stato esteso alle classi meno abbienti senza che per questo dovessero entrare in seminario o in noviziato. In ogni attacco contro la mancanza di utilità pratica delle discipline umanistiche si sente togliere … una vittoria faticosamente conquistata dalle mani delle classi lavoratrici. La cosciente gestione del sapere è la virtù politica dell’otium democratico (p. 100).

Ma questa dimensione politica della questione del sapere mette in evidenza, sempre per Carrera, come in quest’epoca democratica (ma aggiungerei in qualunque epoca) la democrazia può elaborare una politica di trasmissione del sapere come può rifiutarla. Vi è una potenza annientatrice dietro l’angolo in relazione al nesso sapere-potere, una equazione, quest’ultima, che l’autore non sa se funzioni ancora:

La crisi attuale del sapere consiste nella totale incertezza sul potere che conferisce. Il contrario del sapere, infatti, non è la pura e semplice ignoranza bensì la forza mai domata del sapere = propaganda, pura volontà di potenza in marcia verso la sua infinità. (p. 101).

L’unilateralità non caratterizza il sapere ed è poi l’altro lato di una frammentazione che degenera, portando all’astrazione senza unificazione. Questa problematica, in particolare, emerge nella lettura politica della Cancel culture oppure nell’estremismo del politicamente corretto o delle teorie gender che caratterizzano il dibattito politico americano, in particolare della sinistra politica. Il penultimo capitolo del saggio è molto caratterizzato da discussioni di natura politica, in particolare a partire dall’esperienza dell’autore negli USA. Vi è attenzione critica alla dinamica della sinistra americana che rivendica l’equity, una sorta di eguaglianza assoluta e sostanziale da affermare, e supera la logica dell’equality, intesa come uguaglianza delle condizioni di partenza.

Sulla medesima scia l’autore, che risente molto del contesto sociale e universitario statunitense in cui opera, affronta anche la politica dell’identità e una situazione nella quale il “genere sessuale e la razza sembrano le sole questioni in grado di scaldare gli animi dei cittadini depoliticizzati delle società affluenti” (p. 108). Interessante la discussione del discorso oracolare-performativo che emerge in questa rivoluzione culturale per il quale l’autoaffermazione al di là di ogni dato oggettivo assume valore incontrastabile, specialmente all’interno della politica dell’identità, come è interessante la rilevazione critica dell’autore su come l’identità maschile non venga mai realmente messa in discussione, mentre lo è quella femminile.

Peraltro Carrera nota che questa rivoluzione culturale in corso non è anticapitalista, ma aiuta il capitalismo intelligente: ogni nuova identità diventa potenzialmente un segmento di mercato. La lotta politica negli USA è fortemente caratterizzata da estremismi e da una battaglia culturale che insidia il sapere, perché, riproponendo in qualche modo in termini accelerati i meccanismi di superamento o meglio negazione delle culture, che tanta storia della cultura ci ha reso familiari, mette a rischio gli elementi su cui il sapere si caratterizza, gli elementi del suo connettere e della sua ricerca. Perché appunto l’autore, e questo lo fa nel capitolo conclusivo, ripropone con forza l’idea del sapere come capacità di ricerca, connessione, decostruzione e ricostruzione consapevole, aggiungendo che questo operare non può che trasformare e trasfigurare, e condurci a una ricerca infinita, pena farsi sfuggire il sapere.

Sapere, è una parola! ultima modifica: 2023-03-07T18:54:05+01:00 da GIOVANNI TONELLA
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