Quel 12 febbraio 2003 al terzo piano del bel palazzo rinascimentale in via di Ripetta 142 erano arrivati davvero tutti: dal futuro capo dello Stato Sergio Mattarella a Paolo Gentiloni, Ermete Realacci, Tiziano Treu, Arturo Parisi, Lamberto Dini, Giulio Santagata, Enzo Carra, Dario Franceschini, Pierluigi Castagnetti, Lapo Pistelli, Enrico Letta e altri ancora. Lo stato maggiore della Margherita-Democrazia è Libertà al completo, a festeggiare e augurare buona navigazione al nuovo quotidiano che nasceva come organo del partito. Il suo capo, Francesco Rutelli, era passato qualche giorno prima, durante la frenesia dei numeri zero.
Il nome della elegante testata, Europa, era già una dichiarazione di intenti e infatti il giornale conservò sempre il suo afflato fortemente europeista, pubblicando intere pagine e inchieste, soprattutto in occasione del grande allargamento del 2004, quando ben dieci paesi entrarono a far parte della UE.

A guidarlo in quella prima fase, un gruppo di giornalisti di diversa estrazione, la pluralità della Margherita già a far presagire quello che sarebbe stato il Partito Democratico: direttore Nino Rizzo Nervo, condirettore il grande Federico Orlando, vicedirettori Francesco Garofani (ex direttore del Popolo, il quotidiano prima della DC e poi del PPI, che arrivò con parte della sua redazione) e Stefano Menichini, che dal 2005 subentrerà alla direzione, Guido Moltedo agli Esteri. Una redazione di poco più di una decina di persone, una rete di collaboratori spesso illustri (due nomi su tutti, Leopoldo Elia e Adriano Ossicini), poche pagine ma mai sciatte, grande attenzione alla cultura e alla politica internazionale oltre che a quella di casa propria, Europa si guadagnò la sua dose di curiosità e di rispetto nel panorama dei quotidiani italiani.
Nato in epoca berlusconiana, quindi vocato all’opposizione, si trovò ad attraversare tutte le vicende politiche nel suo decennio di vita: la vittoria di Prodi nel 2006, la nascita del PD nel 2007 con l’affermazione di Walter Veltroni alle primarie e le successive complicate vicende, la clamorosa elezione di Obama nel 2009, la caduta del Governo Berlusconi nel 2011 e la nascita del Governo Monti, la grave impasse del 2013 con la vergogna dei 101, la rielezione di Giorgio Napolitano e la nascita del governo di larghe intese guidato da Enrico Letta. In tutti questi anni il Partito democratico non ha mai formalizzato l’acquisizione di Europa, che ha continuato a godere di finanziamenti pubblici sempre più insufficienti. Fino all’arrivo di Matteo Renzi, che non ha ritenuto di sostenere neanche la transizione del giornale al digitale con rinuncia totale al cartaceo.
A dicembre 2014 Europa ha cessato le sue pubblicazioni. Federico Orlando non ha fatto in tempo a vederne la chiusura. Lui, che non mancava mai a una riunione di redazione, che ascoltava tutti e si metteva a disposizione come qualsiasi redattore, ne avrebbe sofferto moltissimo.
Ma dalle stanze di Europa sono passati anche tanti giovani e bravi giornalisti ora affermatisi in Rai, in importanti testate di carta stampata e sul web e questo è un frutto importante.
Resta l’amarezza per una bella storia che forse avrebbe potuto avere un altro esito e anche per l’impossibilità di usufruire dell’archivio di Europa online. Di fatto, una cancellazione, come se il giornale di via di Ripetta non fosse mai esistito.


























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