Affitti brevi. Dal che fare al si può e si deve fare

La disciplina delle locazioni turistiche sta diventando parte strutturale nelle politiche della casa. La diffusione del movimento a livello nazionale e le possibilità che Venezia sia l’apripista.
MARIO SANTI
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Premessa

Paul Rosenberg ha segnalato la svolta che il convegno del 18 marzo a Venezia ha segnato nel percorso avviato dal gruppo di Alta Tensione Abitativa (ATA) per colmare un vuoto normativo che vede l’Italia come uno dei pochi paesi europei dove non esiste una regolamentazione degli affitti brevi, grazie alla ricca partecipazione di esponenti politici, amministratori e associazioni civiche provenienti dalle principali città italiane.

I lettori di ytali hanno avuto modo di conoscere il percorso di ATA, dal suo “atto fondativo” della proiezione di Welcome Venice al teatro Goldoni di Venezia, alla messa a punto della proposta di legge al convegno scientifico di Roma.

Parlare di locazioni brevi è parlare del peso del turismo sulla condizione abitativa, in particolare sul mercato dell’affitto e nelle città che vivono una situazione di “alta tensione abitativa”.

Scheda

Le città in alta tensione abitativa

Sono quelle definite da un elenco (aggiornabile) con delibera CIPE. In Veneto ve ne sono 29, in Provincia di Venezia sei – Chioggia, Iesolo, Mira, San Donà di Piave, Spinea, Venezia. La collocazione in questo elenco ha effetto sulle locazioni, la momento che i proprietari possono godere di agevolazioni fiscali nella stipulazione di contratti a canone concordato o per studenti universitari e vi sono una serie di mitigazioni per quanto riguarda gli sfratti.

Venezia (la città d’acqua – storica – ma ormai la marea sta investendo anche quella – moderna – di terraferma) è il maggior case study disponibile e livello mondiale per leggere il peso dell’economia turistica sul tessuto di una città.

Venezia è una strana città plurale, un territorio con storie interrelate e servizi comuni, tra le sue diverse parti urbane, d’acqua e di terra. 

Un territorio che ha conosciuto nel secolo scorso l’impatto sociale, economico e ambientale della “industria pesante”: il ciclo chimico e metalmeccanico delle “grande Porto Marghera”. Con il suopesante impatto, fatto di dispendio di risorse (materiae prime ed energia), inquinamento,devastazione ambientale, sfruttamento e pesante costo in termini di salute per i lavoratori.

E che invece in questo secolo conosce costi diversamente, ma forse altrettanto pesanti, dovuti alprogressivo appiattirsi sulla monocultura dell’”industria del terzo millennio”: il turismo-

Un’economia estrattiva, che estrae cioè valore dalla rendita, dalla gentrificazione della città, dall’espulsione dei i suoi abitanti.  

Al di là del danno ambientale lo spostamento delle grandi navi a Marghera (fintamente provvisorio: che spenderebbe tutti quei soldi per una soluzione da mantellare di li a pochi anni?) segna l’abbandono di una prospettiva di riconversione verde ma industriale del sito per consegnarlo anch’esso al turismo.

Venezia sta diventando un (non) luogo dove tutto è pensato e gestito in funzione del turismo, esclusiva ricchezza e novello “vitello d’oro”: il lavoro, la cultura e la sua gestione, i servizi, persino le residenze. Il Covid ha dimostrato che quando una perturbazione improvvisa e imprevista lo mette in crisi, tutta la città è in ginocchio.  

In molti pensano che sia roba passata, da eliminare dal ricordo per andare avanti sempre di più e sempre più veloci … Magari pensando a un futuro all’insegna di una Venezia “capitale mondiale della sostenibilità”, obiettivo per raggiungere il quale si è costituita l’omonima Fondazione. Magari bisognerebbe che i suoi soci (tra i quali spiccano i principali gruppi “fossili” nazionali: Eni, Enel e Snam) spiegassero la sostenibilità dei loro investimenti rispetto alla decarbonizzazione dell’area, quando Eni ne propone uno da 140 milioni a Marghera per un nuovo impianto di essicazione di 190.000 t/a di fanghi di depurazione prodotti in tutto il Veneto. (in presenza di ipotesi alternative di trattamento – inertizzazione degli stessi).

Il peso del turismo sulla residenza a Venezia

Ma veniamo al peso del turismo sulla situazione abitativa, in particolare sul mercato dell’affitto, con riferimento alla città storica.  

Senza però dimenticare le tendenza che a Venezia appaiono chiare e nette, stanno ormai e crescentemente cominciando a diffondersi anche sulla terraferma. 

C’è chi dice che lo spopolamento ha molte cause, che la crescita delle locazioni brevi a uso turistico non è tra le principali e che anzi molti veneziani riescono a stare nella loro città proprio grazie alle entrate derivanti da queste attività. È l’associazione di proprietari Bre.Ve.che sostiene la

necessità, per la stessa sopravvivenza di Venezia, di salvaguardare e non affossare le locazioni brevi. Locazioni brevi che infatti hanno prodotto una rete economica ormai vitale per migliaia di persone

Penso però sia meglio ragionare sulla base di dati, piuttosto che di “impressioni”.

Il censimento del 1951 attesta che Venezia aveva allora 174 mila abitanti. Oggi i residenti veneziani sono ormai meno di cinquantamila.

Uno studio di Ocio, il laboratorio civico sulla residenza, offre spiegazioni scientifiche del fenomeno dell’“esodo” dei veneziani verso la terraferma verificatosi nel dopoguerra e delle cause dell’abbandono della funzione residenziale primaria di gran parte del patrimonio edilizio abitativo.

… Nei primissimi anni (Cinquanta-Sessanta), come ci raccontano documentati studi, recenti e meno recenti (v. Segre 1972, Dorigo 1972 e 1973, Zanon 2000 e Zanardi 2020), il problema principale è stata la condizione pessima, spesso oltre il limite dell’insalubre, degli alloggi, unitamente ai fitti elevati; poi (Settanta-Novanta), la leva principale per l’espulsione di una parte consistente di popolazione è stata l’ondata di sfratti per finita locazione resi possibili dall’approvazione della legge n. 392/1978 “sull’equo canone”, con la cacciata degli inquilini più poveri per fare spazio a impiegati e famiglie facoltose, affiancata da un ampio trasferimento di unità immobiliari dall’uso residenziale al terziario, favorito dalla possibilità di procedere al cambio d’uso senza richiesta di autorizzazione, in assenza di lavori di restauro 
(dal 2000 a oggi), l’avvento del turismo di massa e la definitiva trasformazione turistica della città hanno spostato la rendita sul mercato dell’accoglienza, ben più remunerativo e sicuro del mercato residenziale (specie in tempi di crisi economica). 

E nell’ultimo periodo si è sempre più affermata l’espansione delle attività extralberghiere a l’ avvento piattaforme locazione breve (Airbnb e non solo): nel 2022 a Venezia città storica avevamo 8.748 alloggi sul mercato turistico e a fronte di meno di cinquantamila residenti erano più di cinquantamila posti letto turistici (alberghi, Airbnb …).  

Di questi ben ventimila erano in locazione breve: se la vediamo in peso percentuale dei letti in locazione turistica in relazione ai residenti siamo al quaranta per cento. 

Tutto ciò in presenza di un quadro molto deficitario delle di politiche pubbliche sulla casa, sia di Edilizia Residenziale Pubblica (si pensi che mille case Ater e Comune sono vuote in Laguna) che per quanto riguarda l’edilizia convenzionata (social housing). 

Va precisato che non sono tanto i piccoli proprietari (che affittano ai turisti per integrare il loro reddito) a creare questa situazione, quanto i grandi gruppi che accaparrano patrimoni residenziali e speculano sulla rendita turistica. 

Negli annunci su Airbnb, un host su cinque (il 22 per cento degli host) gestisce molteplici annunci per un appartamento. 

Questo 22 per cento gestisce quasi il 62 per cento degli annunci, ovvero due annunci su tre.

Il cinque per cento più “accentratore” gestisce addirittura il 33 per cento degli annunci.

Oggi è sempre più difficile e caro trovare casa in affitto a Venezia, anche per percettori di reddito adeguati. 

Abbiamo letto tutti sui giornali locali di casi di medici che non accettano il trasferimento all’Ospedale Civile per le difficoltà a trovar casa in città.

E a farla da padroni sono sempre più le figure che speculano sulla rendita immobiliare legata al turismo. 

Quando – al termine della “camminata urbana per la riappropriazione dell’abitare” organizzata a S. Polo e S. Croce da Ocio il 18 novembre del 2022 – giungemmo in campo San Zan Degolà ci fu spiegato che tutti gli alloggi che vi si affacciano eccetto uno erano stati comprati da un veronese che li affittava a turisti.

La reazione di abitanti e associazioni:
nasce e si sviluppa il gruppo di Alta Tensione Abitativa

Quando Andrea Segre mette le idee in relazione con la macchina da presa c’è sempre da aspettarsi che qualcosa si muova a livello culturale e sociale e che qualche campagna politica utilizzi la sua opera per fare dei passi avanti. L’ultimo esempio è dato dal contributo che il suo recentissimo Trieste è bella di notte sta dando alla campagna contro i respingimenti dei migranti sulla “rotta balcanica”.

Dati i suoi legami con la città, è a Venezia e ai suoi problemi che Andrea ha pensato con il suo precedente  Welcome Venice

Nel contrasto tra due fratelli per la destinazione della casa di famiglia (viverci e continuare a lavorare in laguna o affittarla ai turisti e trasferirsi in terraferma a godersi la rendita) è ben esemplificata la continua oscillare della città, tra il viversi e il vendersi. E molti veneziani, quando il regista ha offerto loro – dopo la partecipata visione collettiva del Teatro Goldoni del 18 novembre del 2021 – una opportunità di discussione, non si sono fatti sfuggire l’occasione. Persone e associazioni hanno lavorato insieme e con la guida esperta del laboratorio civico sulla residenza Ocio hanno un po’ alla volta costruito un’idea che ha preso le forma di una proposta di legge sulla disciplina delle locazioni brevi.  

Una proposta che tra l’altro, tende e a colmare un vuoto normativo, essendo il nostro uno dei pochi paesi europei a non avere una legiferato su questo tema.   

La bozza di proposta è stata presentata nel corso della seconda visione pubblica collettiva, questa volta a Mestre, al teatro Toniolo il 6 marzo 2022. 

Da qui in poi si è passati a una fase più operativa, di trasformazione delle idee in azioni. 

Un convegno a Roma ha visto una prima discussione al di fuori dei confini veneziani, con il coinvolgimento diversi Comuni e del mondo universitario.

Il primo luglio l’on. Pellicani è riuscito a far passare (con un emendamento al “decreto aiuti” votato dal governo) la possibilità che il comune di Venezia (purtroppo – allo stato – solo lui) si doti di un “Regolamento di gestione delle locazioni brevi”).

Un momento importante nella crescita e nella diffusione della proposta è stata la grande cena popolare organizzata da ATA in Pescheria a Rialto il 29 agosto.

Successivamente la proposta ha cominciato a fare i primi passi “realizzativi”.

Grazie alla consigliera Elena Ostanel è approdata alla Regione Veneto, con un ordine del giorno che  all’unanimità ha posto la questione all’attenzione del Consiglio. La consigliera ha definito una proposta di legge che è approdata in Commissione cultura e turismo con la potenziale prospettiva di arrivare ad un interessamento della conferenza Stato Regioni.  

Ma la vera “svolta” verso l’operatività c’è stata con il convegno nazionale che ATA ha organizzato – in collaborazione con l’Istituto Veneto di Scienza, lettere ed arti nella sede di Palazzo Franchetti a Venezia il 18 marco 2023, con un titolo emblematico: “Invertire la tendenza”.

È a partire da qui che il gruppo veneziano promotore di ATA ha avviato il salto verso la dimensione nazionale, con il coinvolgimento attivo dei tanti soggetti (sia associativi che istituzionali) coinvolti al convegno e nella fase della sua preparazione.

E il lavoro di diffusione è partito subito, con il riconoscimento di ATA come uno dei principali attori delle politiche della casa (come si vedrà più avanti).

La proposta di legge

La stesura della proposta di legge ha coinvolto tecnici ed attivisti, politici e amministratori. 

La prima scelta da fare era se pensare a una regolazione di tipo urbanistico o di tipo normativo eammnistrativo.  

Con l’approccio urbanistico (ad es. lavorare sul cambio di destinazione d’uso – da residenziale ad attività economica) sarebbe stato possibile governare il futuro, ma non intervenire sulla situazione in essere.

Ma la situazione di molte città in Alta Tensione Abitativa (o parti di città -si sono visti i numeri dell’esempio veneziano) è abbondantemente oltre il livello di guardia.  

Se quindi è necessario “invertire la tendenza” bisogna poter intervenire sull’intero patrimonio residenziale. 

Quindi le misure normativa e regolamentari devono essere retroattive e vare anche sugli alloggi oggi offerti in locazione breve (turistica) per riportali nei limiti che il Comune considera ammissibile per salvaguardare una politica dell’affitto residenziale di lunga durata

La proposta di legge prevede – per le città in Alta Tensione Abitativa – che

I Comuni … al fine di contrastare la scarsità di alloggi destinati alla locazione residenziale di lunga durata, possono stabilire, con proprio regolamento, la soglia massima di unità immobiliari ad uso abitativo che possono essere oggetto di locazione breve …

Questa soglia può essere 

… stabilita in modo differenziato tra specifiche zone del territorio comunale, avuto riguardo, in particolare, per il rapporto tra il numero di posti letto nelle unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione breve e l’attuale popolazione residente nella zona considerata; …

Qui giova riprendere il riferimento al caso di Venezia città storica – meno di cinquantamila residenti più di cinquantamile posti letto turistici (alberghi Airbnb, …), di cui ventimila in locazione breve, per una quota di posti letto assegnata ai turisti pari al quaranta per cento della popolazione residente)

È quindi necessario attribuire ai comuni la facoltà – e non l’obbligo – di introdurre limitazioni, dotandosi di un Regolamento che preveda un regime di autorizzazione delle locazioni brevi, lasciando una certa autonomia nella concreta individuazione delle limitazioni, eventualmente anche differenziandole per zone.

È fondamentale la retroazione, cioè che le limitazioni siano applicate anche a quanti già svolgono attività di locazione breve; questo perché siamo ad un punto talmente fuori controllo che bisogna “invertire la tendenza”.

Quindi un Comune stabilisce che il numero delle locazioni brevi non possa superare una soglia percentuale rispetto al numero dei residenti e può farlo per zone. Procede poi alla concessione di una autorizzazione, che è titolo necessario per poter gestire le locazioni brevi.

Il tiolo ha validità quinquennale e va assegnato secondo il principio “un proprietario = un’autorizzazione”, valorizzando così – attraverso la rotazione – la funzione di integrazione al reddito dell’attività di locazione breve. 

Nello spirito della sharing economy, va garantita “fuori autorizzazione” la locazione breve di singoli locali nell’immobile di residenza oppure dell’intero immobile di residenza nei periodi in cui non lo si occupa (per un massimo di trenta, massimo sessanta giorni, non certo di 120 giorni l’anno)

Facciamo un esempio: a Venezia abbiamo ventimila posti letto in locazione breve e meno di cinquantamila residenti; la percentuale è del quaranta per cento (ma in certe zone i posti letto a locazione brevi sono più degli abitanti).  

Se il Comune vuole invertire la tendenza può stabilire pesi percentuali ammissibili di molto inferiori – a esempio il cinque o il dieci per cento. 

Questo vuol dire che il numero di posti letto in locazione breve devono calare da ventimila a 2.500 o cinquemila. 

Le soluzioni ammnistrative e le scelte devono favorire i piccoli proprietari e non danneggiare comunque la proprietà nel suo complesso.

Per farlo si può dare le priorità nell’assegnazione della autorizzazioni ai piccolissimi e piccoli proprietari e guidare gli esclusi (che non potranno più affittare i loro alloggi per brevi periodi) al passaggio al mercato degli affitti di lunga durata, offrendo loro garanzie (a esempio sulla copertura di eventuali morosità) e opportunità: priorità all’accesso a fondi per ristrutturare o efficientare l’alloggio da un punto di vista energetico, a fronte peraltro di un impegno a conservarlo per un lungo periodo (almeno trent’anni) sul mercato della locazioni di lunga durata.

Dalla proposta all’azione: la disciplina delle locazioni brevi
diventa elemento strutturale e strutturante delle politiche abitative

Dopo il convegno “Invertire la tendenza” il gruppo promotore di ATA è stato invitato a intervenire in due importanti convegni promossi da due delle amministrazioni presenti a Venezia: il “forum abitare di Milano” del 22 marzo e l’incontro per “Un’alleanza municipalista per una politica nazionale della casa” di Bologna del 6 aprile.

Con gli interventi svolti in quelle sedi  ATA ha sostanzialmente visto passare, con l’accordo dai principali Comuni italiani e dall’ANCI, un punto essenziale: d’ora in avanti, almeno nelle città ad alta tensione abitativa, le politiche pubbliche sulla casa hanno tre terreni di intervento: l’edilizia residenziale pubblica (ERP), l’edilizia convenzionata (social housing) e  la new entry della disciplina delle locazioni brevi.

A Bologna dopo l’intervento di presentazione della proposta di legge da parte di Giacomo Menegus si è avuta la conferma che i grandi Comuni (sono intervenuti: Bologna, Firenze, Verona, Milano, Torino, Napoli, Parma, Lodi – e Roma aveva fatto avere la sua adesione) hanno inserito la proposta di disciplina delle locazioni brevi come uno dei cinque progetti prioritari un coordinamento della città e l’ANCI presenterà al Governo nazionale.

Lavorare sul Regolamento comunale di disciplina delle locazioni brevi veneziano

A fronte del notevole livello di interesse e ascolto che la proposta di disciplina delle locazioni brevi sta incontrando a livello nazionale c’è purtroppo una situazione bloccata a Venezia.

Ed è un paradosso, dal momento che – in attesa degli sviluppi futuri per i quali si stanno mettendo le basi – con la normativa attuale Venezia è l’unico Comune che può fare il Regolamento (grazie all’”emendamento Pellicani” ).

Potrebbe farlo e potrebbe entrare nel gruppo delle città che si stanno organizzando per far pesare il peso delle autonomie locali e delle loro buone pratiche a livello governativo.

ytali ha già dedicato un articolo alla possibilità che il Comune di Venezia si doti del “Regolamento comunale per la disciplina delle locazioni brevi”.

Da allora vi è stata una sempre più virulenta campagna contro supposti “attacchi alla proprietà” da parte dell’organizzazione Bre.Ve., sotto le cui bandiere i grandi proprietari (quelli che hanno rastrellato. – sottraendoli alla residenza – decine e decine di alloggi per metterli sul mercato dei fitti brevi per turisti) tentano di organizzare anche i piccoli.

Nello stesso periodo il gruppo di ATA, che mette insieme associazioni e cittadini per difendere la possibilità di locazioni residenziali di lunga durata, si è rafforzato e ha assunto una dimensione nazionale. 

L’Amministrazione comunale è stata silente per tutto questo periodo. Ora, rispondendo ad una interrogazione (presentata sette mesi prima) dichiara che la bozza di regolamento sulle locazioni turistiche è quasi pronta, che sarà il frutto di un lavoro di otto mesi e che presto sarà presentata allecategorie interessate.

Le amministrazioni delle principali città italiane ad alta tensione abitativa concordano con la necessità di regolare le locazioni turistiche brevi al fine di ristabilire un equilibrio, -in troppi casi già compromesso – tra locazioni turistiche e residenzialità.

Speriamo Venezia non arrivi in ritardo e che invece di essere la prima a poterlo fare finisca per non farlo o farlo male.

Affitti brevi. Dal che fare al si può e si deve fare ultima modifica: 2023-04-07T21:03:01+02:00 da MARIO SANTI
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