Possiamo sempre vendere la Giuditta di Klimt

FRANCO MIRACCO
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Un’amica dalla formidabile memoria giornalistica e lei stessa giornalista è andata a ripescare cose scritte otto anni fa, e me le ha rigirate con lo sghignazzo di chi si è abituata a tenersi lontana, seppure con smaliziata attenzione, dai fatti, per lo più scadentissimi, che accadono nella Venezia di Brugnaro. Scadenti, cioè grossolani, ma la grossolanità, per chi sa e vuol capirla, è la pelle assai sgradevole sotto cui si nascondono, in diverse forme, vendita-svendita di quanto la si vuole immaginare ancora come Venezia: il tutto tra incomprensibili “albergherie” culturali (ovvero le Fondazioni disseminate tra ex chiese ed ex palazzi) e uno sfacciato brigantaggio speculativo su più livelli. Rosalba ride al telefono e pensa sia il pesce d’aprile di un assessore della giunta Brugnaro:

Se non arriveranno i fondi del Pnrr per il Bosco dello Sport, possiamo sempre vendere la “Giuditta” di Klimt.

Fosse stato un pesce d’aprile sarebbe stato comunque un pesce disgustoso, e pesce non poteva essere perchè l’avevano già pensata nel 2015. Scrivemmo allora: la prima ad andarci di mezzo è la cultura. Lo si vede bene con Brugnaro sindaco di Venezia, che vorrebbe vendere, per far fronte ai buchi del bilancio comunale, i quadri di Klimt e di Chagall conservati nel Museo di Ca’ Pesaro. Le coincidenze spesso sono rivelatrici e spietate: il capolavoro di Klimt, da più di un secolo di proprietà di Venezia, s’intitola Giuditta, mentre lo Chagall è notissimo come il Rabbino di Vitebsk.

Questo accade a Venezia, la città in cui nel 1516 venne istituito il primo ghetto d’Europa. Della biblica eroina ebraica Klimt dipinse due versioni, e sembra certo che anche la Giuditta veneziana si rifaccia alla bellezza “fatale” di una protagonista della Vienna al tempo delle avanguardie artistiche: Adele Bloch-Bauer. Guarda caso, è già nelle nostre sale (e lo si continua a vedere spesso ancora nel 2023 su molte tv) Woman in Gold , il film al cui centro ci sono le drammatiche disavventure del quadro con Adele/ Giuditta, che fu rubato dai nazisti e che la straordinaria caparbia dell’avvocato Randol Schoenberg ha fatto restituire all’anziana erede di Adele.

Riecco le inesorabili coincidenze: l’avvocato americano appartiene alla famiglia ebraica degli Schoenberg come il grande compositore Arnold e come sua figlia, che noi veneziani da sempre stimiamo come Nuria Schoenberg Nono. Se quel film l’assessore Boraso e il sindaco Brugnaro non lo videro nel 2015, lo vedano ora e così, forse, capiranno che il “valore” del quadro di Klimt non lo si calcola in euro.

Come si giustificano gli aspiranti venditori di capolavori che a loro non appartengono in nessun modo e senso? È una provocazione. Già, una provocazione come quella che di chi scala i palazzi per tuffarsi nei canali, come quella di chi si sdraia sui ponti per bivacchi miserabili, come quella di chi è andato a imbrattare un capolavoro di Giorgione alle Gallerie dell’Accademia, come quella di chi dice di voler regolare i devastanti flussi turistici e che mai lo farà. Provocazione la chiamano, non così Monica Sambo segretaria comunale del Pd:

Una proposta gravissima, irricevibile, che fa rabbrividire. Lo era otto anni fa e lo è tanto più adesso che con i soldi incassati si vorrebbero realizzare uno stadio e un’area, interventi che in tutta Italia vengono realizzati con risorse private o, come a Bologna, con risorse miste pubbliche e private.

Possiamo sempre vendere la Giuditta di Klimt ultima modifica: 2023-04-10T20:26:43+02:00 da FRANCO MIRACCO
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1 commento

adriana 13 Aprile 2023 a 15:18

Complimenti a Franco Miracco. E mi fa piacere che apprezzi Monica Sambo

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