Avete voglia di parlare del Partito democratico? Di dire tutto quello che avete nello stomaco, ma anche nel cuore, su questo partito, con qualcuno che ne sa, che vi capisce, che probabilmente condivide, in gran parte. Leggete il libro di Carmine Fotia, Lettera a un partito mai nato. Vi fermerete spesso, per ribattere, per condividere, per dire: l’avevo detto anch’io! Oppure: questo non lo sapevo. Non sarete più soli nelle vostre elucubrazioni sul partito che c’è e non c’è, ma è indispensabile, non solo per noi ma per la democrazia italiana, e certamente è altro da quello che speravate fosse.
Come dice Marco Damilano nell’introduzione, il libro è un viaggio-inchiesta. L’Autore attraversa il Pd dopo la sconfitta elettorale del 25 settembre 2022, la nascita del primo governo guidato dalla destra e del primo governo guidato da una donna, Giorgia Meloni, nel pieno delle primarie per scegliere il nuovo leader del Pd, che si concluderanno con la scelta di Elly Schlein.
Nell’attraversare il Pd Fotia discute con molte figure di rilievo, figure notissime e meno note: Mario Tronti e Claudio Martelli, Marco Rossi Doria e Isaia Sales, Roberto Morassut e Marco Oliverio e tanti altri, donne e uomini, amministratori ed intellettuali. Ne nascono approfondimenti non scontati, anche su temi su cui raramente si discute, nel Pd e intorno al Pd, come ad esempio sulle posizioni di questo partito in materia di magistratura e giustizia. Fotia non ha paura di stigmatizzare le recenti tendenze della magistratura penale: “Si è sentita in dovere di difendere – di far finta di difendere – non solo più la legalità, ma anche la moralità. Ha cominciato a perseguire non più solo i reati ma anche i fenomeni”. E i silenzi del Pd.


È un viaggio dentro uno “scarto”, ovvero la distanza tra le promesse del Pd alla sua nascita, un grande partito della sinistra democratica in grado di rappresentare quel nuovo inizio che la sinistra cerca dallo scioglimento del Pci, e la triste realtà di un partito che, dopo il felice inizio di Walter Veltroni – come dice Fotia – si è perduto nella gestione del potere e del governo e in una degenerazione correntizia, perdendo così il suo popolo.
Eppure è evidente la necessità di questo partito, di un partito che incarnasse gli ideali della sinistra democratica e riformista, oltre la contrapposizione ideologica della guerra fredda, che aveva impedito in Italia la nascita di una unica grande forza del socialismo democratico. Del socialismo socialdemocratico. Eppure tuttora a sinistra la parola “socialdemocrazia” non si può usare. Mah.
A Elly Schlein Fotia fa un’apertura di credito: a lei spetta di far diventare il Pd quello che avrebbe dovuto essere: una moderna sinistra democratica, popolare e riformista, erede della stagione dell’Ulivo.
Un libro agile e gradevole, in cui è facile riconoscersi. Grazie.


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