Se si osserva da vicino “La ragazza nella collana gialla”, un dipinto di Pablo Picasso del 1946, quello che sembra essere un neo alla Marilyn Monroe sulla guancia sinistra della figura, si dice rappresenti in realtà una bruciatura di sigaretta, spenta sul viso della modella durante una lite con l’artista.
Morto cinquant’anni fa, l’8 aprile 1973, Picasso è stato tra i più grandi artisti del XX secolo. Ma era anche “bestia”, “con una predilezione nauseabonda per donne molto più giovani (quarant’anni di meno nel caso della Gilot)”, come scrive The Economist; un “vampiro, sociopatico, narcisista che si è lasciato dietro tradimenti e suicidi”, come sostiene su The Guardian Adrian Searle. “Una volta dissanguate”, ha scritto sua nipote Marina a proposito delle sue donne, “le buttavia via”. Due di loro si suicidarono.




Come può, allora, una donna, o chiunque altro, appendere al muro un dipinto o una stampa – o anche un poster – realizzato da un uomo che una volta disse sfacciatamente alla sua amante che “le donne sono macchine costruite per soffrire”?
Nel 2017, mentre infuriava l’incendio appiccato dal movimento #MeToo che riduceva in cenere icone del presente e del passato, Claire Dederer gettava altra benzina sul fuoco con un saggio su Paris Review, What Do We Do with the Art of Monstrous Men? [Che ci facciamo con l’arte di uomini mostruosi?] E ora che le braci di quel periodo incandescente sembrano un po’ raffreddate, Dederer lancia il suo ultimo libro, Monsters: A Fan’s Dilemma [Mostri, il dilemma di una fan].
Nella prima parte, affronta il mostro che più la perseguita, Roman Polanski. Oggi, però, in vista del 50° anniversario della sua morte, la domanda che preme è: che ce ne facciamo di Picasso?

In Monsters, Claire Dederer identifica in Picasso il genio archetipico e moderno, un artista i cui difetti sono stati considerati “sottoprodotti perdonabili del suo talento”. Solo agli uomini, osserva, è consentita questa dissolutezza. Al centro del suo libro la domanda: come dovrebbero sentirsi lei e i lettori di oggi riguardo a personaggi straordinari che “hanno fatto o detto qualcosa di orribile e hanno continuato a fare qualcosa di eccezionale”.
Anche chi cerca di evitare questo problema non riesce sottrarvisi.
Sostiene Claire Dederer in un’intervista a Cultured:
Il genio non è tanto un tipo di persona quanto uno status, cioè uno che può fare quello che vuole. Picasso ha incarnato quell’idea, ma l’ha anche plasmata. È stato uno dei primi grandi artisti dell’era della comunicazione di massa, ed è arrivato a rappresentare l’idea stessa di genio. Il genio è mosso da impulsi artistici. Incanala qualcosa di più grande di lui. Apprezziamo enormemente quell’impulso artistico e tendiamo (o abbiamo avuto la tendenza) a perdonare gli impulsi più oscuri che ne derivano. Quegli impulsi più oscuri addirittura ci entusiasmano. La libertà di Picasso era assoluta: nella sua arte, nel suo comportamento. Il genio ha un lasciapassare per tutti.
“C’è qualcosa di diverso in un artista mostruoso scomparso da tempo, rispetto a uno che è ancora tra noi?”, le chiede ancora l’intervistatore. Risponde la studiosa:
Tendiamo a essere più gentili con gli artisti mostruosi della storia perché ci diciamo che non erano consapevoli. È una delle idee che contesto nel mio libro: l’idea che in qualche modo oggi siamo migliori, che abbiamo raggiunto una sorta di luogo benigno nella storia.
Il lavoro di Picasso – chiede ancora Cultured – è un prodotto diretto del suo rapporto con le donne. C’è una differenza tra quel tipo di arte e il lavoro che è semplicemente realizzato da un individuo discutibile? È anche possibile distinguere i due piani?
Hmmm, intendi opere che prendono come soggetti donne minorenni in un contesto sessuale? Intendi opere che ritraggono donne di cui l’artista stesso ha abusato? In ogni caso, penso che il dominio delle donne da parte di Picasso fosse profondamente legato alla sua identità sia di persona sia di artista. Il genio, in fondo, è padrone di tutto ciò che incontra sul suo cammino. È soggetto solo a una cosa: il suo genio.
Personalmente apprezzo l’era più apertamente politica della curatela museale del nostro tempo. Mi piace vedere un museo alle prese con la biografia di un artista in modo trasparente, o con l’eredità di un collezionista, o con la complicità del museo stesso. Così si mette a nudo il conflitto interiore che tutti stiamo vivendo, confidando che lo spettatore giunga alle proprie conclusioni sul dilemma se la biografia dell’artista interrompa fatalmente o meno l’esperienza che si ha dell’opera. Non esiste alcuna autorità esterna che risolverà questi problemi per te.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!