I labirinti della geopolitica indiana 

Il gigante asiatico è oggi la quinta potenza economica del pianeta e si offre al Sud del mondo come un possibile modello e un fornitore di assistenza. A differenza degli anni Cinquanta si pone sugli scenari mondiali con posizioni di forza economica e politicamente assertive, non solo idealistiche. 
SAURO MEZZETTI
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La parola chiave del primo numero del 2023, il prossimo, della rivista Arel è devianti.
Chi sono i devianti? Soprattutto, chi e come stabilisce chi rientra in questa categoria? Chi protesta in Iran contro il regime è un deviante, negli anni Sessanta deviante era Franca Viola che rifiutò il matrimonio riparatore col suo violentatore, devianti erano Gesù e San Francesco. La rivista ha indagato la parola a tutto campo, dalla psicoanalisi all’economia, alla geopolitica, alla letteratura, al mondo queer e a quello social.
La Rivista sarà disponibile in versione web da martedì 2 maggio. A breve arriverà anche la versione cartacea, acquistabile online e nelle librerie Feltrinelli di Milano Duomo e Largo Argentina.
Del ricco e variegato ventaglio di articoli di questo nuovo numero, ytali ha il piacere di pubblicare in anteprima l’articolo che segue, ringraziando la direzione e la redazione di Arel per la gradita cortesia, che rinnova l’ormai consolidata collaborazione tra le due riviste.

L’India è salita prepotentemente alla ribalta della scena politica internazionale, esprimendo anche posizioni che in qualche modo possono essere definite devianti rispetto a una visione largamente condivisa – come nel caso recente del voto all’Assemblea delle Nazioni Unite del 23 febbraio sul conflitto russo-ucraino, in cui si è astenuta.
Tuttavia, queste posizioni anziché portare a un isolamento dell’India stanno invece producendo un effetto opposto di rafforzare la sua leadership, sia sul piano interno sia su quello internazionale, come non avveniva da quasi settant’anni (dai tempi di Nehru). 

Si può dire in effetti che l’India sta riscoprendo un ruolo globale che aveva conosciuto ai tempi di Pandit Nehru, che erano stati seguiti da anni in cui la geopolitica indiana si era focalizzata molto sulle tematiche regionali, in una sorta di isolazionismo subcontinentale. 

Ci sono due costanti nella geopolitica indiana dopo l’indipendenza. Inizialmente ci fu una forte spinta internazionalista, una visione che poneva l’India come caposaldo di un risveglio asiatico, dei Paesi in via di sviluppo e del Sud del mondo, caratterizzata dalla leadership Nehru del movimento dei Paesi non allineati, avviato con la Conferenza di Bandung nel 1955. Come parte di questo contesto vi era una politica di amicizia con la Cina, che però fallì per questioni di confine, che si protraggono tuttora, e che condussero, nel 1962, a una guerra disastrosa per l’India. 

Il leader ediziano Gamal Abdel Nasser, il delegato dell’Etiopia Yilma Deressa, della Costa d’Oro Kojo Botsio e il primo ministrp indiano Jawaharlal Nehru alla conferenza di Bandung, 1955

Un altro fattore è la collocazione dell’India come cerniera tra l’Asia Centrale, in particolare l’Afghanistan, il Nord dell’Asia, in particolare il Tibet e la Cina e il Sud-est asiatico. Si tratta di fattori che hanno caratterizzato la politica regionale delle amministrazioni coloniali, coinvolgendo l’India nel “grande gioco” che vedeva la contrapposizione tra l’Impero britannico e quello russo per il controllo dell’Asia Centrale. L’esercito indiano condusse tre guerre con l’Afghanistan per conto dell’Impero britannico nel 1839-42, nel 1878-80 e nel 1919. Queste guerre avevano lo scopo di estendere l’influenza britannica in Afghanistan e di controllare la sua politica estera. Dopo l’ultimo conflitto nel 1919 l’Afghanistan riacquistò la propria autonomia in politica estera e fu tra i primi Paesi a riconoscere il governo bolscevico avviando una relazione speciale che si è protratta per buona parte del XX secolo. L’India indipendente ha ereditato questa collocazione nel “grande gioco” e una particolare sensibilità alle questioni dell’Asia Centrale e ai suoi rapporti con la Russia che, come vedremo, si accentueranno dopo gli anni Settanta. 

Oltre ai fattori ereditati dall’Impero britannico la geopolitica regionale è stata poi contrassegnata dalla creazione di uno Stato ostile, con la secessione del Pakistan al momento dell’Indipendenza. La presenza di un paese confinante che giustifica la propria identità in senso negativo, caratterizzandosi per la diversità dal vicino, rappresenta un’anomalia, una sorta di devianza unica nel contesto internazionale. Un aneddoto attribuisce la seguente affermazione al capo di Stato del Pakistan, il generale Zia-ul- Haq, che avviò un programma di islamizzazione del paese negli anni Ottanta:

Se un egiziano cessa di essere musulmano rimane sempre egiziano, se un turco cessa di essere musulmano rimane turco, ma se un pakistano cessa di essere musulmano diventa indiano. 

È possibile che l’affermazione sia apocrifa, ma – al di là della sua veridicità – resta il fatto che si tratti di una percezione corrente nella regione e di come vi sia consapevolezza della fragilità dell’identità pakistana (che si esprime in termini di antagonismo con l’India). Questo ha reso la normalizzazione dei rapporti impervia e ha creato un quadro di conflittualità permanente che ha caratterizzato l’Asia Meridionale dopo l’Indipendenza. Ci sono state quattro guerre tra India e Pakistan. Tre di esse (1948, 1965 e 1999) sono state combattute per la regione del Kashmir – diviso tra i due Stati al momento dell’Indipendenza – che rappresenta uno delle maggiori fonti di conflitto e anche di preoccupazione per l’India da un punto di vista della sicurezza e del terrorismo. 

Indira Gandhi e Sheikh Mujibur Rahman firmano il trattato di amicizia, cooperazione e pace a Dacca, il 2 marzo 1972. Photo: The Hindu Photo Archives

Un ulteriore conflitto è avvenuto nel 1971, quando l’India intervenne a sostegno dell’Indipendenza del Bangladesh. Questa guerra comportò un riallineamento nelle alleanze internazionali che continua a influire nelle relazioni odierne nel subcontinente. L’India aveva mantenuto fino ad allora una politica di non allineamento tra il blocco occidentale e quello sovietico; ha cercato soprattutto negli anni di Nehru di giocare un rapporto flessibile con l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti secondo le circostanze e le necessità del momento. È un tema che poi riapparirà nel XXI secolo. La guerra del Bangladesh portò però alla definizione di schieramenti netti. USA e Cina appoggiarono il Pakistan e l’Unione Sovietica appoggiò l’India. La politica americana assunse un tono sempre più ostile all’India, che si allineò all’Unione Sovietica. Dopo l’invasione dell’Afghanistan, il Pakistan divenne alleato strategico degli Stati Uniti per via dell’appoggio logistico, territoriale e militare fornito ai mujaheddin che coincise anche con un programma di maggiore islamizzazione del paese, mentre l’India sostenne il governo filosovietico di Kabul. 

C’è una tensione permanente tra India e Pakistan che dura da 75 anni e che ha portato entrambi i paesi ad avere una forte spesa militare (con un’alta incidenza sul Pil). Entrambi sono potenze nucleari e a essi si aggiunge la Cina, che è un elemento importante di tensione nel Sud dell’Asia sia per la sua alleanza col Pakistan sia per le questioni di confine con l’India. 

La Cina condivide una linea di confine mal definita di 3500 chilometri, occupando anch’essa una parte del Kashmir. Il territorio è una delle maggiori fonti di tensione nella regione e la Cina ne rivendica altre porzioni, abitate da popolazioni di origine tibetana. I due Paesi hanno combattuto solo una guerra vera e propria, nel 1962. Da allora ci sono state frequenti schermaglie e scontri di confine, che si sono intensificati negli ultimi anni e mantengono un livello di tensione molto alto tra i due Paesi. 

Un altro fattore di tensione è la costruzione di una serie di infrastrutture civili e soprattutto portuali negli altri paesi dell’Asia meridionale, in Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan, che sono percepite come una possibile minaccia alla sicurezza e al sistema di difesa dell’India. A questo si aggiunge una crescente influenza cinese anche in altri Paesi della regione, come il Nepal e le Maldive. 

Considerando l’alleanza organica tra Cina e Pakistan, in tutti gli scacchieri della regione e nei contesti diplomatici internazionali, l’India percepisce un senso di accerchiamento al quale risponde con una forte interlocuzione con altre potenze fuori dalla regione (sia Russia che Stati Uniti, Giappone e Australia). 

Dopo l’ostilità del periodo della Guerra Fredda i rapporti con gli Stati Uniti sono cambiati a partire dall’inizio di questo secolo soprattutto con le amministrazioni repubblicane. Con l’insediamento di George Bush nel 2001 è iniziata una politica indirizzata a una maggiore importanza dell’India come partner strategico per la sicurezza dell’Oceano Indiano e dell’Asia. Gli Stati Uniti hanno assunto anche una posizione più bilanciata nei rapporti tra India e Pakistan, con maggiori attenzione e comprensione alle esigenze di sicurezza indiane, anche in relazione alla crescente preoccupazione del terrorismo di matrice islamica, di cui l’India è stata vittima in varie circostanze (in particolare con gli attacchi al Parlamento indiano il 13 dicembre 2001 e con gli attentati multipli a Mumbai il 26 novembre 2008 che
provocarono 164 morti). 

La competizione con la Cina e il contenimento del terrorismo islamico sono stati tra i fattori che hanno determinato una svolta nella politica degli USA verso l’India. 

Uno dei passaggi più significativi è stato l’accordo sul nucleare civile concluso nel 2007 dopo tre anni di negoziati, nonostante l’India non abbia firmato il Trattato di non proliferazione nucleare. 

Gli Stati Uniti appoggiano anche la candidatura dell’India a divenire membro del Nuclear Supplier Group (NSG) – un raggruppamento di paesi fornitori di materiali e tecnologia nucleari che cerca di controllare il commercio per restringerlo agli usi civili – che però è fortemente osteggiato dalla Cina. 

I rapporti tra India e Stati Uniti si sono rafforzati ulteriormente con l’Amministrazione Trump, anche per la solida intesa tra il presidente degli USA e il primo ministro indiano Narendra Modi. 

L’evento più significativo è stato il rilancio del QUAD (Quadrilateral Security Dialogue). Si tratta di un programma di cooperazione per la sicurezza nell’Asia e nel Pacifico, esteso a Giappone e Australia concepito nel 2007, con l’intento di creare un contraltare all’influenza della Cina nella regione. Dopo un avvio molto informale e a rilento, la cooperazione nell’ambito del QUAD si è intensificata e istituzionalizzata, a partire dal 2017, con summit regolari tra i quattro capi di governo. Dal 2020 avvengono anche manovre militari navali congiunte. A partire dal 2020 è in corso anche un’operazione di consultazione – chiamata QUAD PLUS – con altri Paesi come Vietnam, South Korea e Nuova Zelanda. La creazione del QUAD ha provocato reazioni critiche da parte della Cina che ritiene si tratti di una manovra ostile per costituire una sorta di Nato Asiatica. 

Durante la pandemia Covid il QUAD ha allargato la sua area d’intervento anche alla sicurezza sanitaria con un accordo che prevedeva la possibilità per l’India di ampliare la propria produzione di vaccini, con finanziamenti statunitensi e logistica australiana per contrastare la penetrazione di vaccini cinesi a basso costo. 

Il ritorno dell’Amministrazione democratica, pur mantenendo la dimensione di partenariato strategico, ha reso il rapporto con l’India più articolato. I fattori di criticità sono dovuti soprattutto alle questioni dei diritti umani: in particolare alla situazione del Kashmir, dopo che l’India ha abolito, nel 2019, l’autonomia e lo statuto speciale di questo Stato (determinati dalla Costituzione). 

La Russia, invece, ha sempre mantenuto una posizione molto ferma di supporto all’India anche sulla crisi del Kashmir (compresi i dibattiti all’Assemblea generale dell’ONU, dove l’India si è trovata sotto una certa pressione internazionale, dopo il 2019). 

Gli stretti rapporti che l’India aveva con l’Unione Sovietica si sono mantenuti anche con la Russia, nonostante l’avvicinamento dell’India agli Stati Uniti. La diplomazia indiana è stata in qualche modo capace di mantenere o costruire rapporti importanti con entrambi. I rapporti di cooperazione sono molto stretti nel settore della difesa, nel quale l’India ha una forte dipendenza dalla Russia per le forniture militari, e nel nucleare civile, dove esistono accordi per collaborare a progetti congiunti in Paesi terzi, soprattutto quelli in via di sviluppo. La posizione russa nell’ultimo biennio ha avuto anche un’evoluzione singolare. Dopo anni di rapporti ostili col Pakistan, dovuti al ruolo che questo paese ha svolto e svolge in Afghanistan, c’è stato un forte riavvicinamento poiché entrambi sono alleati stretti della Cina, senza che questo creasse problemi alle relazioni con l’India. Il Pakistan ha sostenuto anche l’intervento militare in Ucraina. Il primo ministro Imran Khan ha effettuato la prima missione ufficiale di un capo di governo Pakistano a Mosca, dopo vent’anni, proprio in coincidenza dell’invasione russa. Dopo un mandato come primo ministro caratterizzato da un forte confronto contro l’India, ha preso una posizione pubblica di apprezzamento della politica estera indiana e della sua autonomia per le posizioni neutrali sulla questione Ucraina. Due mesi dopo Imran Khan è stato rimosso. Il nuovo governo pakistano mantiene le sue posizioni con più cautela ma il Pakistan è al collasso economico, qualcuno sostiene anche sull’orlo di una possibile guerra civile, in quanto – in una sorta di contrappasso – fazioni estremiste islamiche, vicine al regime talibano di Kabul, hanno preso il controllo di alcune regioni del paese. Il governo pakistano sta negoziando un intervento finanziario col Fondo Monetario Internazionale, che però pone condizioni molto pesanti, incluso un forte taglio alle spese militari. Ci sono tante premesse per un cambiamento importante negli equilibri geopolitici della regione. 

L’India, al contrario, sembra avere trovato gli spazi, nella presente crisi, per rafforzare la propria posizione regionale e internazionale. L’impressione iniziale che la crisi ucraina potesse mettere in discussione la politica multilaterale dell’India o, per usare una vecchia espressione del “politichese italiano” di giocare sui “due forni” e costringere a scelte nette, non si è verificata. A questo hanno contribuito vari fattori.

Xi Jinping e Narendra Modi al vertice di Mamallapuram, 12 ottobre 2019

L’economia ha uno tra i tassi di crescita più elevati del pianeta e il paese sta superando la Cina come popolazione. In altre parole, l’India è una superpotenza economica e demografica e non può essere messa facilmente all’angolo. Ha ammortizzato gli effetti economici della crisi, potendo incrementare le importazioni di petrolio dalla Russia, che in precedenza erano irrilevanti e a prezzi scontati data la maggiore disponibilità sui mercati per via del boicottaggio. 

In secondo luogo, l’India ha assunto la Presidenza del G20 per l’anno in corso. Si tratta di un evento ampiamente pubblicizzato sul piano interno, con un programma decentrato e riunioni di gruppi di lavoro che toccano almeno duecento località indiane, per proporre l’immagine del primo ministro Narendra
Modi come leader internazionale capace diportare l’India in maniera forte sulla scena mondiale. Il messaggio della Presidenza G20 che percorre in tutto il paese riprende un’antica espressione sanscrita, «Vasudhaiva Kutumbakam», ovvero «Il mondo è una famiglia. Un solo mondo, un solo futuro». 

Sebbene la questione del conflitto russo-ucraino sia molto dibattuta nei corridoi e nei gruppi di lavoro, non viene mai raggiunto un livello tale da mettere in difficoltà la Presidenza indiana. Ciò è stato riconfermato anche al recente summit dei ministri degli Esteri del G20, che sembra aver creato attese attorno alla sua leadership. Narendra Modi si sta proponendo, infatti, con chiarezza come un possibile e credibile mediatore tra Russia e Ucraina. Alla vigilia dell’assunzione della Presidenza ha avuto alcuni colloqui con Zelensky, che ha mandato chiari segnali di accettarlo come interlocutore.  Il recente summit a New Delhi, a inizio marzo, dei ministri degli Esteri del G20 ha confermato queste aspettative. Il prossimo summit dei capi di governo a settembre sarà in qualche modo un evento di verifica: si capirà se questa linea ha prodotto risultati e lanciato l’India verso un maggior ruolo globale o meno. Sempre a inizio marzo c’è stato anche un incontro bilaterale a New Delhi, col primo ministro italiano che sembra avviare il nostro paese a una partnership strategica con l’India, dopo anni di relazioni complesse.

Giorgia Meloni e Navandra Modi, 2 marzo 2023

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata anche il principale speaker ai Raisina Dialogue, una conferenza multilaterale promossa annualmente dal governo indiano sui temi della geopolitica e della geoeconomia, che offre importanti elementi e chiavi di lettura sulla realtà asiatica e globale e sui futuri scenari nella regione. La collaborazione e le forniture per la difesa rappresentano una parte importante dei recenti accordi italo-indiani maturati in questa visita. Da parte occidentale c’è un tentativo di facilitare l’India a diversificare le proprie forniture militari e dipendere meno dalla Russia che potrebbe andare di pari passo con le iniziative diplomatiche nelle quali i Paesi europei, come il nostro, possono giocare un ruolo rilevante. 

C’è quindi un ritorno dell’India sugli scenari globali con qualche affinità, ma anche importanti differenze rispetto ai tempi di Nehru. In entrambi i casi c’è un primo ministro forte con prospettive di governo di lunga durata. In entrambi i casi l’India si propone come un paese leader del Sud del mondo. 

Le similitudini però finiscono qui. L’India di Nehru era un paese che usciva dal colonialismo con un’economia debole, da ricostruire, come un paese che chiedeva assistenza economica per crescere e industrializzarsi, che cercava di acquisire una leadership nei Paesi in via di sviluppo come solidarietà tra Paesi in cerca di emancipazione. 

L’India odierna è, invece, la quinta potenza economica del pianeta e si offre al Sud del mondo come un possibile modello e un fornitore di assistenza. Ha raggiunto questo risultato con un percorso tortuoso, deviando spesso dai binari consolidati della geopolitica e molto ha ancora da conseguire. Però a differenza degli anni Cinquanta si pone sugli scenari mondiali con posizioni di forza economica e politicamente assertive, non solo idealistiche.

Immagine di copertina: Narendra Modi alla partenza del primo Vande Bharat Express del Kerala.

I labirinti della geopolitica indiana  ultima modifica: 2023-04-29T21:55:15+02:00 da SAURO MEZZETTI
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