Oltre l’apparenza

Nota su Francesco Balsamo
NADIA AGUSTONI
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In un mondo dissestato, cercare con ostinazione una lingua che raccolga la tenerezza, l’intimità, la vicinanza a una creazione che lo sguardo partecipe del poeta rigenera nel verso, pur sapendo la precarietà di ogni dire, è la misura di una sapiente pazienza. Con questa misura Francesco Balsamo, nella sua nuova raccolta poetica vetro veglia casa tintinnio, fin dal titolo inconsueto ci prepara ad immagini in cui gli accostamenti sorprendono e finiscono per restituirci il bene della lettura.

Balsamo approda qui a un verso che si spezza, ma tenendo insieme immagine e suono in una profondità che è lo spazio dove si fondono: «ho il peso di una sacchetto di semi/ il compito è essere più piccolo/ essere della specie che impara dalle foglie…», p. 9.

E ancora: «chiama un albero/ il sole aperto —/ apre la finestra / chiama un altro albero», p. 30, e «il mio amato ha tagliato il pane/… ha detto passeggiare e palpebre di piccoli uccelli/ ha detto è un piccolo gufo…», p. 47.

C’è qualcosa che collega i versi di Francesco Balsamo alla sua opera di disegnatore e nello stesso tempo se ne discosta. Nei suoi disegni c’è un lavoro sull’ombra che coglie, nel bianco e nero che l’autore usa abitualmente, un’umanità che sembra andare via da qualcosa o verso a qualcosa.

L’umanità che vive in quei segni, raccolti in parte nel catalogo non copiare dagli occhi, edito da incertieditori (2012), è un punto interrogativo riguardo la nostra capacità di vedere. Nei riquadri in cui le figure appaiono si avverte non tanto un disagio, ma la vicinanza a un indefinito, un appena accennato, che è uno dei segni, ma non il solo, della poesia di Balsamo. Da questi segni cogliamo la sua necessità di qualcosa di meno definito e definitivo di come potremmo pensarlo, una sorta di sovversione.

Francesco Balsamo

Nella poesia l’autore è più luminoso nel suo procedere, ma non rinuncia a quello sguardo profondo e insieme obliquo che coglie in una forma altre forme e procede capovolgendo e mischiando ogni cosa, in un vibrare sotterraneo che è già presenza nei suoi disegni.

C’è un movimento nei suoi versi che è insieme vita, colta nei suoi lembi più estremi, e quindi soglia, un andare verso qualcosa di cui l’autore non vuole o non può dirci nulla. E allora, anche il titolo vetro veglia casa tintinnio pare indicare un modus operandi di Balsamo, un chiedere agli occhi del lettore di andare oltre l’apparenza degli oggetti e della stessa natura, abbandonando per un attimo il pensiero statico, l’idea di comprendere solo partendo dal principio causa effetto.

Balsamo scrive, raccogliendo quell’esistenza a cui si affida con una fiducia, non intatta, ma ancora abbastanza forte, da aiutarlo nella postura, a lui congeniale, di chi assume la parola con un’eticità rara.

Sarebbe necessario/ anche se superfluo/ nascondersi/ e parlare solo da un foro/ per non essere visti/ […] mettere in pace ogni cosa/ con la voce/ dal foro io guarderei/ le cornacchie all’altezza dell’inverno/ le vedrei agganciare epoche lontane/ con il nero delle zampe/ sarebbero tutte figure della vita…, p. 43

Qualche verso prima, se affida il suo quaderno all’aria: «le nuvole e la mia schiena/ le nuvole e la scrivania/ il quaderno lo leghiamo all’aria», p. 41, lo fa con una leggerezza da haiku e qualcosa della poesia giapponese c’è nella secchezza dei numerosi frammenti di questo libro: «foglia a foglia/ migrano anche gli alberi», oppure «ma il cuore/ dove inizia il cuore la mattina presto?» e ancora «la mano è un piccone/ lo dice il foglio che è una pietraia» e «l’avvicinarsi delle pietre/ nella pioggia»

Al contrario della naturalezza e dolcezza dell’haiku, Balsamo porta però il verso anche a un dire in cui uno scarto resiste:

l’odore di treno buio/ del bosco —/ … a me non resta che continuare/ a raspare un foglio / ma allontanata l’erba dalla fronte/ canta una distanza.

La parola essenziale, senza spreco, è di chi può guardare se stesso in un disincanto che non rinuncia alla tenerezza e iscrive sulla pagina quegli incontestabili atti di coraggio da cui una vita trae un significato non solo personale, ma intensamente civile.

Lo si rileva anche nella sua opera precedente e cito qui alcuni frammenti da Cresce a mazzetti il quadrifoglio da Il Ponte del sale, 2015, dove l’uso delle immagini era sempre uno spingersi più in là, un toccare corde tese come lo può fare un acrobata, un funambolo:

un passero/ ha la statura/ di un respiro/ e si dedica al cielo/ davanti alla porta di casa, p. 40,

digrigna di caldo il giorno/ la testa di leone della luce/ io salto giù da una/ delle quattro torri del tavolo, p. 53,

lui è una forma delicata/ un colosso da credenza…, p. 62.

E nella misura d’amore, spigoli e ironia si intrecciano, luminosità e scherzo si specchiano, sia nel libro attuale che in quelli che precedono, forse per dare alla leggerezza quel segno di verità che è la partecipazione a un’altra vita.

I versi dell’autore sono un continuum di storia personale e ideali, un’immergersi con gli alberi, gli uccelletti, la neve, l’amato, portandoli sulla pagina con una partecipazione che è volontà di una visione condivisa. Tra chi scrive e chi è nelle sue parole c’è tutto lo spazio di cui necessita la vita. Balsamo è un visionario, ma non si fa illusioni, affida e affila la parola in una vicinanza a quei mondi la cui presenza è silenziosa, ma proprio per questo capace di custodire quello che l’umanità non sa più raggiungere e a volte nemmeno nominare. Qui la voce lirica del poeta, dapprima franta, riprende una sua classicità, lasciando tra parola e vuoto quel filo che è radice e aria. Respiro.

Francesco Balsamo
vetro veglia casa tintinnio
MC edizioni, 2023
Collana diretta da Pasquale Di Palmo
Prezzo: Euro 14

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Immagine di copertina: Foto di Katerina Kerdi su Unsplash

Oltre l’apparenza ultima modifica: 2023-05-04T19:59:01+02:00 da NADIA AGUSTONI
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