L’architettura Del canto

A scuola c'insegnano a leggere e scrivere ma nessuno ci insegna a guardare, a leggere l’architettura e l’habitat come testo che tutti scriviamo quotidianamente trasformando l’ambiente in cui viviamo in funzione dell’abitare delle specie. Vogliamo provare a raccontare Architettura, che non è pratica a sé stante ma lo specchio della comunità in cui chi lo abita si può riflettere se impara ad andarci dentro, dentro lo specchio non troverà sempre il paese delle meraviglie ma come Alice potrà fare un viaggio e magari avere occasione di stupirsi.
GIOVANNI LEONE
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articolo aggiornato: h. 15.50, 16 maggio 2023


Architettura tra ποίησις e tέχνη

Quella degli architetti dovrebbe essere l’offerta di una prestazione di servizio che accorpa istanze scientifiche (traiettorie di carattere tecnico sia sul fronte costruttivo e materiale, che economico) e umanistiche (percorsi di natura poetica che non si esauriscono con il fronte estetico ma si accompagnano a quello letterario-narrativo): è per questo che siamo bastardi dentro. L’opera dell’architetto è avvolta e nobilitata dalla ragnatela di relazioni che l’avvolgono come in un bozzolo, tela di un bruco che deve farsi farfalla: più fitta è la rete delle relazioni e dei vincoli, più complesso si presenta il percorso.

C’è però un problema di comunicazione: troppo spesso gli architetti si parlano tra loro in architettese ma non riescono a condividere il senso del loro fare. C’è un diffuso analfabetismo in materia che non consente al cittadino di leggere e interpretare il testo architettonico indagandone qualità e limiti. L’architettura, l’urbs, l’habitat sono lo specchio della comunità degli abitanti, nella cui cornice s’inquadra tanto il riflesso della singola figura che quello dell’intorno, lo sfondo, il contesto, espressione degli spiriti del tempo e del luogo. 

L’architettura ha perso terreno, anche perché ha sacrificato la sua componente umanistica ridotta al solo aspetto estetico, al gusto. Quando si parla di architettura ci si sbilancia in giudizi superficiali e avventati per assenza di strumenti critico-analitici, legati a valutazioni di carattere esclusivamente visivo, apparente, di pura visibilità.

Nel tempo del personalismo l’architettura si è ridotta all’evidenza delle archistar, che sono eccezione spesso legata alla novità di percorsi individuali e carattere commerciale (vedi bosco verticale, che non si riferisce a un contesto montano). L’innovazione, di contro, è pratica di rilevanza sociale utile nell’applicazione quotidiana. Siamo finiti dalle stelle alle stalle dell’edilizia corrente, spesso stantia perché non ha dell’acqua (corrente) la freschezza.

Carlo Scarpa, Tomba Brion

L’architettura ha perso identità e le scuole di architettura fanno a gara per diventare politecnici, lo fanno per spirito di sopravvivenza perché solo gli indirizzi e le discipline tecniche sono in crescita e trovano finanziamenti grazie al fatto che privilegiano la risposta. Di contro le discipline umanistiche stanno a monte, agevolano l’interrogazione, sollevano questioni, introducono quel dubbio che nel tempo della fretta è considerato impedimento al fare ma che è invece occasione per fare, se non bene, almeno un po’ meglio. 

Alla marginalizzazione della pratica architettonica hanno contribuito gli architetti, che forse aspirano ad essere come gli artisti e i poeti puri, che fanno quel che sentono di fare senza necessità di spiegare la loro opera. No, gli architetti devono imparare a raccontarsi con umiltà, senza dare lezioni a chi la loro architettura vive e magari della loro architettura si lamenta. L’architettura influenza la vita ed è influenzata dalla vita, risulta evidente come l’architetto abbia precise responsabilità etiche e sociali perché il suo lavoro può condizionare il benessere degli individui, della società, dell’ambiente. Non sono gli abitanti/utenti che non capiscono, sono gli architetti che non sanno spiegarsi. Devono imparare a costruire un dialogo che dovrebbe svolgersi ascoltando e accogliendo il sentire dei destinatari dell’opera di architettura (utenti, abitanti, committenti) e raccontando la logica del progetto (componente essenziale).

Questo è il primo di una serie di articoli d’architettura indirizzati anche a un lettore non specialista dell’argomento, si tratta di un invito alla lettura di L’architettura degli angoli di Valeria Tatano (ed. Anteferma, TV marzo 2023). Un testo scorrevole e piacevole, utile a quanti vogliono imparare a leggere l’architettura. Vi si espone un singolo aspetto dell’architettura comune ad ogni architettura, e la lettura regala nuovi occhi alle nostre passeggiate in città, facendoci entrare tra le pieghe della piega, perché questo è l’angolo, una piega, interruzione di linearità e luogo d’incontro. Lo recensiamo pubblicandone la prefazione. (qui, a seguire)

DEL CANTO

Nell’angolo è un libro piacevolmente scorrevole nonostante la spigolosa complessità del tema. Così com’è della natura bifronte dell’angolo – che è spazio contenuto tra due semirette, in questa o dall’altra parte – questo testo non è esaustivo, nel senso che non chiude l’intero corpo tematico ma ne definisce l’ambito con una utile incursione che apre, indica traiettorie e nuovi percorsi da imboccare, intrigando il lettore anche non specialistico a cui viene offerta la possibilità di comprendere una questione architettonica. Il professionista o lo studente di architettura può invece trovarvi proprie vie d’approfondimento nella ricerca di soluzioni, già, perché l’angolo è tema cardine che va risolto nel progetto di architettura per legare tra loro le parti, dando vita a dialoghi introversi (tra le parti al loro interno) ed estroversi (con l’intorno, con lo spazio circostante, il contesto). Se non lo si affronta e risolve si rischia di realizzare un’architettura scomposta.

Sul contenuto del testo preferisco non indugiare ma girandoci intorno mi auguro d’invogliare alla lettura facendo ac-cantonare ogni timore. È un libro strutturato in parti precisamente definite, quindi, basta scorrere l’indice per stabilire le soste da fare ai vari incroci che s’incontrano lungo la via e decidere la direzione da imboccare. Non abbiate timore di prendere una cantonata, leggendo Nell’angolo vi troverete in un campo aperto, quello del sapere. Si viene condotti dietro e dentro l’angolo preso da più lati, in un percorso sinuoso che si sviluppa tra matrici, radici, modelli e applicazioni, smussando le asperità di approccio a una figura estremamente significativa sotto il profilo architettonico che ha carattere relazionale in quanto convergenza e natura complessa come generatore di forme. 

Per questo è stata felice la scelta di adottare nel titolo la preposizione articolata nel piuttosto che del. L’architettura dell’angolo? No, l’architettura nell’angolo! Del avrebbe indicato qualcosa che l’angolo possiede come attributo, nel indica invece un fattore identitario da ricercare al suo interno, nell’intimità. Gli angoli sono determinanti in ogni forma geometrica, sia in quelle formate da spezzate ma anche nel cerchio, circuito privo di soluzione di continuità. A confermarlo basti pensare alla radice indoeuropea da cui deriva, ak, nasalizzata in ank che è l’azione del piegare (azione repentina e violenta, maschile) o del curvare (azione morbida e prolungata, femminile). Dal canto mio, cerchio e triangolo stanno l’uno ac-canto all’altro, l’angolo ha anche correlazione con il latino cantiius e con il greco kanthòs che è angolo, orbita dell’occhio e cerchio della ruota, una ricca varietà di condizioni spaziali. Lo spigolo come canto, dunque. 

A seconda della loro disposizione quattro angoli possono dare forma a figure opposte: chiusa nel quadrangolo, o aperta a incrocio in luoghi definiti spesso “i quattro canti”. Da canto derivano anche cantone (che nel caso svizzero è usato con il significato di posto preciso, angolo come luogo di nicchia con proprie peculiarità) e cantuccio (angolo appartato), o scantonato (evitato, aggirato) da scantonare (che è appunto evitare di andare a sbattere sull’angolo e per estensione metaforica svignarsela svicolando, per aggirare un argomento impegnativo e rognoso; ma scantonare è anche proteggere il canto collocando pietre d’angolo oppure smussandolo, con arrotondamento della superficie dello spigolo o perfino svuotandolo per agevolare la manovra dei mezzi di trasporto).

Per quanto attiene alla sua genesi l’angolo è una perturbazione della traiettoria provocata dall’applicazione di una forza esogena che ne devia la direzione, come bene illustra Kandinsky in Punto, linea e superficie dove descrive l’origine della forma manifesta nel punto – con evidenti affinità con il bindu indiano – che si presenta come una ‘macchia’ o un pieno contenuto ma che in realtà è una circonferenza dal raggio infinitamente piccolo. Applicando una forza al punto si genera la linea, che può essere a sua volta soggetta all’azione di altre forze trasversali. Il paradosso di questa genesi dinamica è che questo moto conferisce alla semiretta stabilità; infatti, per migliorare la resistenza di una superficie si fanno pieghe, come nel caso dei tubi corrugati o di una lamiera grecata. Sembra quasi che la forza sia incapace di girare l’angolo e inciampi in questo luogo d’incontro e di sosta, in cui si blocca e passa il testimone alla successiva semiretta che può andare per i fatti propri lasciando la forma aperta o convergere su altro vertice a definire quel campo che chiamiamo forma e che Kandinsky definisce superficie. 

Si definisce angolo una porzione di piano compresa tra due semirette convergenti al suo vertice, quindi, è un vero luogo d’incontro. Altro elemento indispensabile per descriverlo è il punto di vista, che può stare da questa o da quell’altra parte. In quanto generato dalla convergenza di semirette può avere carattere introverso e chiuso quando è acuto, oppure estroverso e aperto quando è ottuso, ma in tutti i casi è figlio legittimo dell’angolo giro di cui è sempre una porzione.

La ricerca della soluzione architettonica più appropriata al caso specifico richiede senso della misura, senza con ciò volersi riferire alla misura quantitativa dell’ampiezza in gradi o come radiante, ma al senso come significato, attributo qualificante l’architettura che è disciplina umanistica e non solo tecnico-scientifica. L’angolo è ciò che consente prima alla forma di venire concepita e poi di costruire un universo relazionale; quindi, è figura capace di tenere insieme la dimensione individuale con quella sociale. Si dice andare per la retta via ma in realtà una via sempre retta condannerebbe alla solitudine privando degli incroci e della sorpresa d’incontro che si può avere cambiando direzione. D’altro canto, ogni tanto è bene dare una svolta! Non aggiungo altro, a questo punto non resta che dedicarsi alla lettura e al BEL CANTO.

Venezia è piena di begli angoli ma questo è il più bello e potente, introdotto con la biblioteca Marciana dal Sansovino che con una soluzione compositiva geniale libera il campanile facendone un fulcro. Una sola mossa grazie alla quale il maestro disegna due ambiti, quello della Piazza e della Piazzetta, spazi prospettici che assorbono l’irregolarità del perimetro nell’apertura del campo visivo verso la basilica e fuoco prospettico allontanato nella parte opposta per attribuire maggiore profondità. È forse l’unico angolo retto di una città irregolare, senza pareti ortogonali in pianta (difficilmente potrete mettere un mobile d’angolo senza lasciare “aria” verso il muro) e in alzato (guardate dietro agli armadi e troverete un cuneo d’aria verso l’alto o il basso perché le pareti non sono ortogonali al pavimento, storto lui o storte loro per via dell’elasticità del legno che col tempo si muove).

A San Marco l’angolo della Marciana af-fronta e dialoga con quello della basilica mettendo ordine in una geometria irregolare. È qui che Sansovino s-piega la natura di piega dell’angolo, dis-piegando un’argomentazione linguistica scandalosa per quell’epoca in cui dell’architettura all’antica si codifica grammatica e sintassi: si prende infatti la libertà di piegare la metopa, soluzione mai vista in un cornicione classico che qui si adotta per la prima e ultima volta in architettura.

L’architettura Del canto ultima modifica: 2023-05-15T20:45:16+02:00 da GIOVANNI LEONE
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1 commento

Marco Zanetti 16 Maggio 2023 a 6:25

Verissimo: bastardi!

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