Per una grammatica della gioia

La poesia di Francesco Brancati
MARCO PAOLI
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Premio Ceppo Selezione Poesia Under 35 – 2023, Pistoia

Francesco Brancati, con la raccolta L’assedio della gioia, ha vinto il Premio Ceppo Selezione Poesia Under 35 2023. Assegnista di ricerca in Letteratura Italiana presso l’Università di Pisa, Brancati è uno studioso di poesia contemporanea. Come ricorda Massimo Gezzi, che ha firmato la prefazione, dalle sue conoscenze di poesia post-montaliana Brancati riprende numerosi aspetti: da Amelia Rosselli, infatti, l’autore sembra aver ereditato “il bisogno di ordine e la claustrofilia che per esempio lo portano […] a comporre un canzoniere esattissimo di sei sezioni da otto poesie l’una incorniciate da due testi singoli (per il totale, rotondo, di cinquanta componimenti)”. L’assedio della gioia, poi, è un titolo ambivalente: può essere un assedio compiuto dalla gioia così come un assedio che la gioia subisce, in una società come questa che sembra lasciare sempre meno spazio alla pace e a rosee prospettive di benessere.

Il componimento che apre la prima sezione Da una finestra sembra lasciar trasparire bene le sensazioni di sconforto e allo stesso tempo di disorientamento che già emerge da un titolo così ambiguo:

L’assedio non inizia prima della tregua,
non trattiene i resti della festa,
la solitudine sorpresa intorno
ai corpi, gialla, sopra le lenzuola.


Il risveglio nella stanza dei malati
sembrava una luce differente,
emozionata dalle flebo,
le buste per l’urina.


L’assedio non finisce dopo la sconfitta,
i morti dentro i sacchi, gli abbracci
nel cortile.


Spaventa solo a tratti,
un grido nel respiro
appena un po’ più acuto
del suo viso intravisto
e poi riperso lungo il sogno.

In questa poesia l’assedio viene definito per negazione; si definisce quando non inizia e non finisce, non inizia prima della tregua, prima della fine dei conflitti e non finisce dopo la sconfitta. I termini di paragone sono bellici («tregua», «sconfitta») e il contesto presentato è pervaso da morte e distruzione, non senza alcuni barlumi, quasi dissonanti, di speranza («i morti dentri i sacchi, gli abbracci / nel cortile») e il concetto di «assedio» sembra, verso la fine del testo, assottigliarsi fino a diventare sinonimo di «ossessione»: «spaventa solo a tratti, / un grido nel respiro / appena un po’ più acuto / del suo viso intravisto / e poi riperso lungo il sogno».

Francesco Brancati al Premio Ceppo

Questa dinamica ossessiva, di pensiero martellante, di una gioia che assedia ed è assediata, una gioia che è un soffocante avvinghiarsi della mente, emerge bene anche in un altro componimento, il sesto della terza sezione, Ciò che pensavo infine arrivasse

In questo testo, composto da dieci strofe di cinque versi ciascuna, l’autore, sfruttando la frase che apre e dà il titolo alla poesia e che si ripete all’inizio di otto delle dieci strofe, presenta una serie di immagini che l’autore immagina di imminente realizzazione e si concretizzano in continue delusioni. È il pensiero che assedia, il pensiero di una dimensione affettiva attesa, desiderata e a tratti idealizzata in immagini stilizzate («l’ombra delle nostre figure / proiettata nel primo freddo lucido d’ottobre […] le profondità / degli arti di un corpo che inconsapevoli / costruiscono rifugio a un altro corpo […] il calore invernale della carne») che però non arriva mai, anzi «mai è arrivato» questo pensiero così forte, così vero, intenso.

La chiusura della poesia è poi significativa:

Soprattutto adesso che ho posto
le mani sul tavolo, lontane dal fuoco
e fredde insieme a un rametto scampato
alla strage, sorprese nel dire al mio viso
francesco smetti non vedi che nulla

mai nulla di quelle lastre e parole
troverà il luogo, bucherà il muro
oltre il corridoio, più bianco da quando
tra la porta e lo specchio vi cresce
com un ragazzo il silenzio. 

L’epanadiplosi con variatio che lega le due strofe («nulla / mai nulla di quelle lastre e parole / troverà il luogo») amplifica la sensazione di sconforto e rassegnazione per le attese disilluse; sempre nel primo verso troviamo sintetizzati in due termini («lastre e parole») elementi utilissimi per capire con che cosa la gioia è assediata e con che cosa la gioia assedia. La gioia è assediata e assedia con oggetti, immagini concrete («lastre», «terriccio») e «parole», appunto. Immagini e parole d’amore, sicurezza e casa che sembrano mancare.

Nella sezione successiva, per l’appunto, il componimento di apertura sembra confermare ulteriormente quanto appena detto:

La grammatica della gioia prevede
una sintassi lineare, il lessico
povero come le conchiglie e i Buddha
di plastica inermi sul ripiano, dimenticati
accanto alla lampada, al saggio sul romanzo
che non si legge più, agli auricolari.
Questi oggetti occupano uno spazio
nella stanza, definiscono una funzione,
rimandano a un altro spazio e a un tempo,
che non può essere per davvero esistito,
se non come involucro, una forma
del pensiero e mai nella materia,
mai lombrico nel cielo, frattura nel legno.

Perché dopo gli anni, saranno oceani
le fiale nascoste tra i libri con in copertina
il cuore a raggiera, saranno le ossa
dentro la mattina, il peso di ogni capello
al posto delle polverose trascendenze,
un sonaglio di serpi assedierà l’androne
ritrovandoti ebete e scalzo dietro pareti
macchiate, la foto strappata in sei pezzi
accanto le fila scardinate dei suoi vestiti.

La gioia ha, per Brancati, una sua grammatica e così si lega in modo indissolubile l’emotività della gioia alle strutture del linguaggio, alle regole della comunicazione. La gioia è individuabile da quegli oggetti semplici («il lessico / povero come le conchiglie e i Buddha / di plastica inermi sul ripiano, dimenticati / accanto alla lampada, al saggio sul romanzo / che non si legge più, agli auricolari») che rimandando ad altre dimensioni dell’esistenza come le vacanze («conchiglie»), la religione («i Buddha»), la riflessione («il saggio sul romanzo»), lo svago («gli auricolari»). La gioia, sembra dirci Brancati, è sapere che ci sono altre strade oltre a quella che viviamo, sapere che, se anche la nostra vita è costellata dal dolore («un sonaglio di serpi assedierà l’androne»), la gioia ci ricorda la sua esistenza.

Grazie alla poesia di Brancati, poeta non scontato e che non tenta di conformarsi a una poesia sempre comprensibile e immediata, scopriamo la complessità della realtà e della ricerca della gioia, che ci ossessiona come obiettivo e che è assediata da numerosi imprevisti, che si svela e compare all’orizzonte in illusioni e rimandi e si vela di nuovo, per essere assorbita dall’ignoto.

L’assedio della gioia
di Francesco Brancati
Editore Le lettere, 2022
Prezzo: euro 16,00

Copertina: Foto di Jr Korpa su Unsplash

Per una grammatica della gioia ultima modifica: 2023-05-26T19:36:44+02:00 da MARCO PAOLI
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