Il Pp vince a valanga le elezioni amministrative. Pedro Sánchez scioglie le camere e indice le elezioni generali per il 23 luglio. Si riassume facilmente il voto spagnolo per il rinnovo di dodici comunità autonome su diciassette e di tutti i municipi del paese e altre amministrazioni locali.
Il voto municipale, che ha coinvolto tutto il paese e oltre 35 milioni di persone, si riassume in questi numeri. Vince il Pp col 31,5 per cento e 7.046.634 voti (nel 2019 erano 5.154.728, pari al 22,62 per cento); Psoe 28,1 per cento e 6.288.907 voti (6.695.553, 29,39 per cento); Vox ha il 7,2 per cento, e raddoppia voti (1,6 mln) e percentuale; UP, Comuns e Podemos hanno il 3,2 per cento (qui è difficile raffrontare con la galassia di sigle precedenti). Numeri che costituiscono lo scenario con cui si andrà al voto. Prestissimo, perché Sànchez, ancora una volta, ha rovesciato il tavolo e sciolto le camere, potere che il semi-premierato spagnolo assegna al capo del governo, come quello di nominare e revocare i ministri.
Assumo in prima persona la responsabilità dei risultati e credo necessario dare una risposta e sottoporre il nostro mandato democratico alla sovranità popolare. La cosa migliore è che gli spagnoli prendano la parola e si pronuncino senza attesa per definire la rotta politica del paese.
Le parole di Sánchez prendono atto della sconfitta personale, il Pp ha virato il voto in un giudizio sul capo del governo che ha accettato la sfida e l’ha persa. Il Pp conquista tutte le città più grandi, tranne Barcellona, Bilbao e La Coruña; consolida la sua supremazia andalusa, oramai ex granaio di voti socialista, conquistando Siviglia; si riprende il País Valencià, riconquistando València coi capoluoghi Alicante e Castellón; accerchia la Catalogna, strappando l’Aragona, con Vox, e riconquistando le Isole Baleari; sempre con Vox può governare l’Extremadura; conquista La Rioja e la città di Melilla; trionfa nella Comunità di Madrid e anche nel municipio, conquistando in entrambi la maggioranza assoluta.
Il Psoe mantiene la maggioranza assoluta per un pugno di voti solo in Castiglia La Mancia e manterrà in coalizione il governo nelle Asturie. Ha perso queste elezioni ma ancora di più hanno perso a sinistra del Psoe. Le grandi sconfitte del voto, dopo Ciudadanos, praticamente scomparso, sono innanzitutto Unidas Podemos e poi le liste di Sumar (il progetto politico per unificare le formazioni alla sinistra del Psoe attorno alla candidatura di Yolanda Diáz). Sumar no suma y Podemos no puede (copyright Enric Juliana).

Riassumiamo brevemente il voto per le Comunità autonome. Su dodici, nove vanno ai popolari. Madrid, la Comunità valenziana (strappata alle sinistre), l’Aragona (strappata al Psoe), La Rioja (strappata alle sinistre), Extremadura (strappata ai socialisti), le Baleari (strappate alle sinistre), la Cantabria (strappata a Partido regionalista de Cantabria e socialisti), le Canarie (dove governerà con Coalición Canaria) e La Murcia (confermata). Il Psoe mantiene Castiglia – La Mancia e le Asturie (dove ha perso la maggioranza assoluta) e la Navarra (con la Unión del Pueblo Navarro).
Il voto di Madrid, municipale e autonomico, riassume bene la situazione. In comune, il Psoe, malgrado una dimessa campagna, prende tre consiglieri in più e passa da 8 a 11. Más Madrid, la formazione uscita da Podemos, che fa parte di Sumar e era il primo gruppo dell’Assemblea, perde 7 consiglieri e passa da 19 a 12; Podemos non passa il quorum, il che ha consentito la maggioranza assoluta per il sindaco Almeida (diversi mancati quorum di Podemos sono stati fatali per le sinistre). Ciudadanos, che aveva 11 consiglieri, scompare. Voti che vanno al Pp, che passa da 15 a 29 consiglieri, la maggioranza assoluta, e qualcuno a Vox che passa da 4 a 5 consiglieri. Nella Comunità (il distretto della capitale ha rango di Regione) il trionfo di Isabel Ayuso è clamoroso, 71 consiglieri (+6, maggioranza assoluta 68), 47,35 per cento; Más Madrid, 27 (+3), 18,35 per cento; Psoe 27 (+3), 18,19 per cento; Vox 10 (-3) 7,31 per cento; Podemos non passa il quorum.
A Barcellona nella sfida a sinistra tra compagni di governo municipale, il socialista Jaume Collboni e la sindaca Ada Colau, vince Xavier Trias, ex sindaco candidato di Junts per Cat, che incassa anche il confronto nell’indipendentismo con Esquerra republicana de Catalunya, arrivata quarta con Ernest Maragall. Ridottissima la distanza tra Psc e Comuns, appena 134 voti (non è un refuso). Trias è stata la resurrezione di Junts, che sembrava sconfitta nella lotta per l’egemonia del campo indipendentista da Erc. Senza mai nominare l’indipendenza né Carles Puigdemont, Trias ha riportato il senso catalanista per il potere al successo. Ma vincere potrebbe non bastare, se Comuns, Psc e Erc si accordassero tra loro Colau potrebbe avere un terzo mandato (o Collboni un primo). Sembra difficile che i socialisti scelgano la paventata (da Colau) alleanza con Trias. Erc potrebbe aiutare Trias, ma sarebbe mettersi in una difficile posizione, o scegliere di affondare Junts, per cui quattro anni fuori dal potere municipale, dopo aver rinunciato alla Generalitat, sarebbero un duro colpo, anche economico. Un tavolo complicato in cui entra con forza anche la variabile del voto nazionale.

Sánchez ancora una volta reagisce ai rovesci alzando la posta. Audace, certamente, giocatore d’azzardo, forse. Anche calcolatore. L’immediatezza della comunicazione fa pensare a uno scenario almeno pensato, se non preparato. E certamente lo libera da molte pressioni.
Per prima cosa, domina ancora l’agenda, ora al centro c’è il voto nazionale non la sua sconfitta. Poi, disturba il Pp nella costruzione del percorso verso il voto. I mesi da qui a dicembre sarebbero stati un calvario per Sánchez (anche sul fronte interno) e una marcia trionfale per le destre. Adesso il Pp arriverà al voto nazionale mentre sta varando le giunte con Vox (che sarà certamente motivo per il richiamo di Sánchez al “voto utile e democratico”). Il Pp ha un problema in più, e molto tempo in meno, nella trattativa con Vox. Feijóo aveva tirato un sospiro di sollievo, Ayuso ha trionfato ma tutto il Pp è andato bene, garantendogli la candidatura a capo del governo dalle mire della presidente madrilena. Ma adesso ha solo due mesi, l’agenda non è più quella che credeva. E la necessità di vincere può tramutarsi in affanno. Il prossimo voto sceglierà il segretario del Pp come quello del Psoe.
A sinistra, Sánchez costringe Sumar e Podemos a mettersi d’accordo – e blinda il Psoe (unità davanti alle urne e poi il voto non è andato bene per i pochi baroni socialisti critici). Col voto a luglio ci sono appena dieci giorni per fare un accordo politico che consenta di presentare una lista unica alla sinistra del Psoe, il che, come sembra segnalare questo voto, pare l’unica strada perché le sinistre spagnole possano competere nelle prossime elezioni generali. Quella che poteva essere costruzione democratica è diventata un drammatica corsa contro il tempo, unico modo forse, per ricucire ferite di divisione su cui si è inferto a lungo, determinando quella delusione e smobilitazione che non è detto si riesca a recuperare.

Le analisi dei flussi elettorali faciliteranno l’analisi del voto ma già si può dire che, quasi certamente, la sinistra paga una forte smobilitazione del voto, pur in presenza di alte poste in gioco, i governi di prossimità, e davanti a destre molto aggressive. L’astensione sale al 36,09 per cento dal 34,80 del 2019. Il Pp ha avuto ragione a spostare il focus del voto su Sánchez e i temi nazionali e Sánchez ha sbagliato a stare al gioco ma, pur pesante, il distacco col Pp non è tale da ipotecare ogni possibilità, nel 2019 quello del Psoe sui popolari era circa il doppio dei voti. Cruciale sarà cosa accade, nei prossimi giorni, con Podemos e Sumar. Per Yolanda Díaz e Pablo Iglesias è il momento della verità. Adesso, anche la formazione dei governi locali, a parte forse Barcellona, passa in secondo piano. Davanti alla sconfitta e al prossimo confronto elettorale, Sánchez si è giocato la testa, tutto quello che ha. Inizia la battaglia in salita, la sua specialità. Ma questa volta non dipende solo da lui.
In conclusione, un appunto sul sistema elettorale spagnolo, nel mirino per circoscritte supposte frodi elettorali nel voto per posta, i cui sviluppi si vedranno in seguito. I tempi e la regolarità delle operazioni di scrutinio sono garanzia del processo democratico. E di certezza del risultato. A poche ore dalla chiusura delle urne si conoscevano grosso modo i risultati che sono arrivati attorno alla mezzanotte quasi definitivi. Da domani, tutte le home page delle testate on-line offriranno il servizio per vedere cosa hanno votato nella tua strada, partendo dall’indirizzo per vedere i risultati del tuo seggio.
Immagine di anteprima: Atlante Nacional de España

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