Premio Ceppo Selezione Poesia – 2023, Pistoia
Il titolo più recente di Gabriel Del Sarto sembra echeggiare la tradizione ottocentesca, che nella forma metrica (odi, sonetti, versi sciolti) dichiarava la sua identità. Ma la determinazione aggettivale, “bianchi”, ci riporta alla contemporaneità e all’occasione da cui muovono i testi, ovvero l’attesa della nascita di un figlio in ospedale, le cui vetrate sono “bianco epos glassato”, mentre il neonato è “un volo bianco / spezzato e invisibile”. Nel sistema cromatico della raccolta, invero assai parco, spicca dunque il bianco di una “serie ospedaliera”, di un angelo che diventa uomo, che dall’invisibile vola al visibile, dall’intero si spezza venendo al mondo. Cromatismo e parabola che ricordano Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders.
E i sonetti, poi, a scanso di equivoci neometrici, non sono tali se non nel numero dei versi, mancando le partizioni strofiche, gli schemi rimici, la regolarità endecasillabica. Del Sarto, che in passato ha preferito la metrica libera dell’endecasillabo ipermetro, del verso lungo alternato anche a versi brevissimi, riprende qui una misura adottata in Esame dell’angelo, serie di sei sonetti pubblicata come inedito in Tenere insieme, Pordenonelegge-Samuele editore, 2021.
Come suggerisce il titolo, l’intento dell’opera era quello di “tenere insieme” le precedenti raccolte pubblicate (I viali, 2003, Sul vuoto, 2011, Il grande innocente, 2017), oggetto qui di un’ampia revisione e costruzione strutturale, al fine di realizzare un “classico canzoniere”. Ma quello che rimane è, in realtà, un insieme di “frammenti e temi giustapposti che, agglutinandosi improvvisamente, affiorano per poi disperdersi nuovamente”, come scrive l’autore stesso nella Nota al testo. Anche qui opera la nostalgia della tradizione e dell’intero, dunque.

Ma “tenere insieme” è anche una dichiarazione di poetica, come mostra la prosa di apertura di Sonetti bianchi, prosa narrativa, non lirica, che racconta la trafila di esami clinici e di ginecologi attraversata per appurare eventuali anomalie genetiche del feto. Dopo il responso, il camminare della coppia sul marciapiede richiama i “cammini” di Paul Celan: quello verso l’Altro, quello verso sé, quello della lingua verso se stessa. Da qui, “L’opera è questo sforzo: tenere insieme l’Altro, se stessi, la lingua, con il filo della ferita”.
Se la ferita di Celan era personale e collettiva, quella di Del Sarto è strettamente privata e familiare, e Sonetti bianchi la racconta e la elabora, scandendola in tre parti, ognuna introdotta da una prosa e costituite rispettivamente da 9, 3 e 9 testi poetici, con numerologia dantesca.
Il nucleo familiare è il centro più forte dell’esperienza esistenziale dell’io qui messo in scena: la donna, innanzitutto madre, (“solo le madri / hanno un limite sconosciuto, attraversate da venti cosmici come acque; lei, esperta / di cose luminose”), gli altri figli (“E ci siete ancora, figli, coi piedi nell’acqua, angeli di pochi/ anni nell’esplosione eterna e complice/ della luce”), il neonato e il suo accudimento (“avrai la compagnia lunga di tutta / la musica di un padre […] saremo visibili / […] sfavillanti di vita”; “Tutto quello che rimane negli anni…tutto questo…appare morto / se ti tengo in braccio, se ti porto / con me”; “Gli angeli sono anche carezze / di un padre sconosciuto, sono lunghi / riti stellari in cui osservare / la fioritura lenta e fiammeggiante / della tua danza.”).
Tutti accomunati dalla luce, che esplode, sfavilla, fiammeggia, in un paesaggio lessicale da Paradiso, se non fosse che la metafisica dell’Altro sfugge a ogni certezza e alla inesausta ricerca dell’autore. Il dettato è tramato di riferimenti alle Scritture: “Ma qui per noi, adesso / c’è la luce, l’alba sul lago…quel pane e i pesci…mentre Tiberiade / scorre, chiama, sarà altra acqua lontana.”; “Camminare è il solo nostro esorcismo / possibile, il più puro, il più vicino / alla croce.” Ma “Dio è distante, difficile”, come recita una citazione da G. Hill posta in esergo a Tenere insieme.

La salvezza non può venire dall’insegnamento ufficiale della Chiesa, delle Chiese:
Le cattedre non possono
mutare, per questo non da loro giunge
salvezza: è la vita inerme e più debole
a segnare il volto del Dio, quel nome
irraggiungibile che ci inchioda
al solo destino di tutti.
È dunque il figlioletto Giona, inerme, debole, prematuro, “speciale”, a portare il volto di Dio, a muovere la scelta etica o, meglio, l’istinto morale:
Nella notte è successo un fatto ancora,
lo chiamiamo amore adesso, col fiato…che rinnova il salto
della fede, la speranza di un senso…Penso questo
nei minuti fra una contrazione
e l’altra, una spinta, l’istinto senza
riserve, dare tutto, esserci, dare.
Se il nostro è un tempo senza profeti (“Adesso che sorge / non siamo pronti per la verità. / Nessun profeta e nessun esercito.”), che almeno il figlio, portando il nome di Giona, profeta a Ninive, sia la risposta affermativa all’interrogazione metafisica. E intanto, che almeno la parola poetica cerchi di colmare l’assenza o la lontananza di Dio, non solo con i referenti allegorici (in particolare gli angeli, tra cui Gabriel, nomen omen) e i riferimenti biblici, ma soprattutto con gli scatti analogici che continuamente, nel linguaggio di Del Sarto, connettono il quotidiano, minimo e parziale, al tutto assoluto del tempo e dello spazio: “se tutto chiama a questo essere qui, per te vivo […] se tutto inizia questo sorriso prematuro, quale grido / negli orli sentirò del cosmo? […] la stringa con dentro / la nostra nascita, il tempo e la luce”. O ancora: “Un tempo condensato in niente / …lente molecole / di un Dio smemorato e folle…pari / alle nubi trascorrenti e alle stelle / sconosciute. Pari a te, questa notte, / che dormi trasparente nel mio abbraccio”. O ancora:
Lo stormo, il flusso delle forme fredde
che ci chiudono, i punti di luce
nel cielo di notte: dovremmo ogni
giorno pensare alle galassie, ai gas
fra le rocce, l’unione delle coppie
…Come arbusti
marini, caro figlio mio, ignoriamo
le silenziose sinfonie stellari
che ci plasmano…te e me, che siamo svegli, siamo vivi
e verdi in una sfera che germoglia.
Con assoluta originalità nel panorama della poesia contemporanea (ma pensiamo all’interrogazione metafisica di Eliot, Montale, Luzi, Turoldo), Gabriel Del Sarto lega in un nodo destinale inestricabile esistenza, ricerca spirituale e ricerca poetica:
Ma la vita è anche la nostra metrica,
Giona, parole in fila come sangue
ininterrotto, preghiera del limite
che si allarga sull’altopiano raso
[…]
verso quella Ninive infinita
che ti chiamerà per sempre, che sempre
rivolgerà il suo dolore fragile
anche a me e ci spingerà riluttanti
ancora nei secoli a camminare.


Sonetti Bianchi
di Gabriel Del Sarto
Casa editrice L’Arcolaio, 2022
Prezzo: euro 8,00
Copertina: Foto di Roma Kaiuk🇺🇦 su Unsplash

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