I monumenti dei Dogi. Conversando con Toto Bergamo Rossi

Seicento anni di architettura, monumenti e scultura nell'ultimo libro del direttore di Venetian Heritage.
JOANN LOCKTOV
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Toto Bergamo Rossi, direttore  di Venetian Heritage, curatore, restauratore e autore di un nuovo libro epico, I monumenti dei Dogi (Marsilio), mette alla prova con una certa determinazione le nostre percezioni. Si tratta di un sontuoso tomo che ha la singolare missione di aiutarci a capire e ad apprezzare la scultura funeraria che conserva la memoria di 120 Dogi di Venezia e perché questo genere, così trascurato, merita attenzione e rispetto da parte nostra. Intrecciando la storia e il significato culturale del regno di ogni Doge col corredo di fotografie rimarchevoli, Venezia e i Dogi oggi propone una visione particolare, interiore, di quegli uomini che vissero la loro vita ponendosi in relazione con il modo in cui sarebbero stati immortalati nella pietra. 


Basilica dei Santi Giovanni e Paolo
Monumento ad Andrea Vendramin, di Tullio Lombardo, fine XV secolo.

Da dove ha origine l’ispirazione, il fascino che prova per i monumenti funerari dei Dogi veneziani? Ricorda la prima scultura funeraria che ha visto e l’impressione che le ha fatto?
Sono sempre rimasto attratto dalla scultura. Fin dai tempi antichi la scultura è stata la più ampiamente utilizzata tra le arti figurative per rappresentare nella perpetuità dei, imperatori e, in seguito, santi, virtù e notabili. Grazie ai materiali scelti dagli scultori – marmo, legno, bronzo e terracotta – queste effigi sono spesso sopravvissute fino ai nostri giorni pressoché intatte. Poi, nel XVI secolo, la pittura s’è guadagnata un posto di rispetto, rubando la scena alla scultura.

I monumenti dedicati ai Dogi di Venezia sono la migliore espressione di sculture, dal XIII secolo fino alla fine del XVIII secolo. Avevo 19 anni quando cominciai a studiare la conservazione della pietra. Nel giro di pochi anni ero in grado di restaurare alcuni di questi monumenti molto belli e apprezzare e studiare dai ponteggi, quindi da molto vicino. Il primo Rinascimento è stato sempre il mio stile preferito. La ricerca e l’interpretazione dell’antichità condotta da artisti veneziani di quel tempo sono uniche. Ricordo tuttora quando con occhio più maturo cominciai ad apprezzare Tullio Lombardo e il monumento dedicato al Doge Andrea Vendramin nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, edificata nel 1492/3 circa.


Basilica dei Santi Giovanni e Paolo
Monumento ad Andrea Vendramin, di Tullio Lombardo, fine XV secolo.

Nel suo primo sontuoso libro, Vivere a Venezia, contempla diversi monumenti funerari situati in diverse chiese. Ci si rende conto che l’elemento scultoreo di Venezia, spesso negletto, è fisso nella sua mente. Quando ha sentito per la prima volta l’illuminazione di scrivere un volume di lusso dedicato esclusivamente ai Dogi di Venezia e ai loro luoghi di riposo perpetuo?
Nel 1993 restaurai il monumento del Doge Nicolò Tron e nel 1997 quello del Doge Giovanni Pesaro, entrambi nella Basilica dei Frari a Venezia, e quando mi resi conto che non c’era neppure un libro dedicato a questo specifico tema, iniziai a studiarli e a prendere appunti. Ma solo durante la pandemia sono stato in grado di mettere tutto quel materiale insieme e dedicarmi a questo libro. Approfittando delle chiese vuote durante il lockdown, siamo stati in grado di produrre questa straordinaria campagna fotografica.


Basilica dei Santi Giovanni e Paolo
Monumento a Michele Morosini, tardo XIV secolo

Peter Marino presidente di Venetian Heritage ammette che “diversamente dalla pittura, la scultura non ha sempre ricevuto l’attenzione critica che merita”. Sembra una sfida a chi ha un apprezzamento dell’architettura, della scultura, delle lapidi create per immortalare i Dogi senza capirne le personalità, le conquiste e le caratteristiche del servizio reso a Venezia. Ecco perché la combinazione dei tratti  di ogni regno con i monumenti funerari riesce brillantemente nel libro. Pensa che parte della riluttanza a dare a questo canone di scultura un’attenzione significativa è perché la storia dei Dogi non è studiata come si dovrebbe così che le sfumature dei monumenti vanno perdute all’occhio dell’osservatore casuale?
Semplicemente la scultura non è stato il tema più studiato dell’arte veneziana. Va anzi detto che, mentre le guide sulla pittura italiana e sui lavori dei grandi maestri iniziano a essere pubblicate già nel XVII secolo, è solo negli ultimi decenni che studi di rilievo sono stati pubblicati sulla scultura nonostante l’importanza del genere.

Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, 
Monumento a Giovanni Pesaro, di Baldassarre Longhena, Giusto Le Court, e altri, metà XVII secolo.

Il suo libro contiene rivelazioni affascinanti. Era la prima volta che leggevo del Doge Giovanni Bembo che indulgeva al suo amore per il salame. Ed è stato dolcemente ottimistico apprendere che fu aggiunta una clausola che proibiva a un Doge di sposare una straniera senza il permesso del Gran Consiglio giusto in tempo perché l’ottantenne Giacomo Contarini prestasse giuramento. Non era forse un tentativo consapevole di contemplare i dettagli più intimi, rivelatori dei particolari curiosi di questi 120 uomini di potere e i loro obblighi?
Cerco di rendere il più possibile accessibile il patiomonio di Venezia e quindi cerco di condividere più informazioni possibile con l’intenzione di attrarre un vasto pubblico e non solo una platea accademica.


Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, 
Monumento a Giovanni Pesaro, di Baldassarre Longhena, Giusto Le Court, e altri, metà XVII secolo.

Allo stesso modo i dettagli fotografici sono rivelatori. Quando si è di fronte a molte delle sculture in situ, si può essere sopraffatti visivamente. Essere in grado di vedere dettagli così squisitamente eseguiti accresce il nostro godimento della bravura artistica che hanno richiesto. Come ha deciso quali elementi di ogni monumento dovessero essere fotografati?
Sono stati fotografati i dettagli dei monumenti più sorprendenti e peculiari. Grazie ai dettagli è possibile studiare e capire la mano dell’artista, il significato, il valore dell’opera d’arte e leggere la storia raccontata in quel monumento.


Basilica dei Santi Giovanni e Paolo
Monumento a Pietro Mocenigo, di Pietro, Antonio e Tullio Lombardo, fine XV secolo.

Mi sa che lei è un un ospite squisito e impeccabile. Avendo l’opportunità di invitare a cena nel suo meravigliosamente restaurato Palazzo Grandenigo chi sceglierebbe? Quale segreto le chiederebbe di rivelare. E cosa gli servirebbe a tavola?
Andrea Gritti, probabilmente inviterei lui, il grande Doge che decise la Renovatio Urbis di Venezia e invitò architetti come Jacopo Sansovino per ridisegnare piazza San Marco e altri importanti luoghi della città. Prima della sua elezione era stato Ambasciatore di Venezia presso l’impero Ottomano a Istanbul. Gli porrei domande sulle intricate relazioni politiche tra lui e il Sultano. Gritti era ben noto come un gourmand e quindi allestirei per lui un ricco banchetto. 

Si potrebbe trascorrere chissà quanto tempo indagando su tutte le chiese, l’architettura e le sculture del suo libro. Gran parte dei visitatori non possono soggiornare a lungo a Venezia. Data l’incredibile varietà di opere che possono ammirare, quale chiesa raccomanderebbe a un visitatore per iniziare a capire i monumenti funerari a Venezia?
Suggerirei la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, considerato il Pantheon di Venezia. Quello che più mi piace è che all’interno della chiesa è possibile apprezzare l’evoluzione della scultura veneziana dal XIII fino al XVIII secolo.

JoAnn Locktov ha ricevuto una copia del libro in omaggio da Rizzoli. Le osservazioni sono tuttavia interamente sue.

Immagine di copertina: Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Monumento a Francesco Foscari, di Niccolò di Giovanni Fiorentino, prima metà del XV secolo

Fotografie di Matteo De Fina ©

I monumenti dei Dogi. Conversando con Toto Bergamo Rossi ultima modifica: 2023-06-16T18:12:32+02:00 da JOANN LOCKTOV
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