Informazione su Israele e autocensura

Senza un dibattito, senza ascoltare gli iscritti, l’Ordine dei giornalisti italiani, l’organizzazione che dovrebbe tutelare la libertà di stampa in Italia e i giornalisti, ha sottoscritto il documento dell’Ihra redatto dal governo israeliano.
ERIC SALERNO
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Hasbara (ebraico: הַסְבָּרָה) è una parola in lingua ebraica – leggiamo su Wikipedia – che

indica gli sforzi di pubbliche relazioni per diffondere all’estero informazioni positive sullo Stato di Israele e le sue azioni. Il governo israeliano e i suoi sostenitori usano il termine per descrivere gli sforzi per spiegare le politiche del governo e promuovere Israele di fronte all’opinione pubblica, e per contrastare quelli che vedono come tentativi di delegittimazione di Israele. È anche un eufemismo per propaganda.

Fino a qui, tutti d’accordo. 

Verso la fine del secolo scorso, quando per la prima volta Benjamin Netanyahu ascese alla carica di primo ministro di Israele riunì i responsabili dell’hasbara del ministero degli Esteri e spiegò loro come il primo obiettivo del governo israeliano era convincere il mondo che ogni critica a Israele – “allo stato ebraico”, “allo stato degli ebrei” – era una forma di anti-semitismo. Negli stessi anni – 1998  – fu fondata quella che sarebbe stata la base dell’IHRA, la International Holocaust Remembrance Alliance. Secondo la sua dichiarazione fondante, firmata anche dall’Italia, è necessario sostenere la “terribile verità dell’Olocausto contro coloro che la negano” e di preservare la memoria dell’Olocausto come “pietra di paragone nella nostra comprensione della capacità umana per il bene e il male”. 

“La comunità internazionale – è scritto – condivide la solenne responsabilità di lottare” contro “il genocidio, la pulizia etnica, il razzismo, l’antisemitismo e la xenofobia“. Non abbiamo assistito a molte lotte della comunità internazionale contro questi fenomeni ancora in atto in mezzo mondo ma nel 2016, in una riunione a Budapest si volle chiarire cosa poteva essere considerato antisemitismo nel mondo di oggi. 

Queste alcune delle considerazioni scritte nel documento ma parzialmente o totalmente contestate:

  • Accusare i cittadini ebrei di essere più fedeli a Israele, o alle presunte priorità degli ebrei nel mondo, che agli interessi delle proprie nazioni.
  • Negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione, ad esempio affermando che l’esistenza di uno Stato di Israele è uno sforzo razzista.
  • Applicando doppi standard richiedendogli un comportamento non previsto o richiesto da qualsiasi altra nazione democratica.
  • Utilizzare i simboli e le immagini associate all’antisemitismo classico (ad es. ebrei che uccidono Gesù) per caratterizzare Israele o gli israeliani.
  • Facendo paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei nazisti.
  • Ritenere gli ebrei collettivamente responsabili delle azioni dello stato di Israele.”
Per la ventiseiesima volta consecutiva, israeliani in piazza contro il governo Netanyahu, 1 luglio 2023

Queste definizioni di antisemitismo sono state contestate da molte organizzazioni anche ebraiche che si occupano dei diritti civili e recentemente, nonostante le forti pressioni israeliane e delle organizzazioni che rappresentano la destra degli ebrei Usa, l’amministrazione Biden non si è rifiutata di adottare la definizione operativa di antisemitismo dell’Ihra perché il documento fornisce undici esempi sei dei quali menzionano Israele.

La Casa Bianca ha affrontato la questione in punta di piedi. Gli Stati Uniti hanno “abbracciato” il documento Ihra, ma ha riconosciuto il fatto che esistono altre definizioni di antisemitismo, citando il Documento Nexus, redatto da una task force della University of Southern California, in cui si afferma che “la dura critica a Israele per le sue politiche e azioni” non è necessariamente antisemita. 

Esistono diverse definizioni di antisemitismo, che fungono da strumenti preziosi per aumentare la consapevolezza e aumentare la comprensione dell’antisemitismo,

si legge nella dichiarazione strategica dell’amministrazione Biden.

Una linea, quella della Casa Bianca che sembra salvare la libertà di stampa e sottolineare che criticare Israele non può essere una forma di antisemitismo, sopratutto di fronte alle circostanziate denunce della politica e delle azioni israeliane da parte di una fetta importante dei cittadini ebrei israeliani (compresi molti militari), degli ebrei americani e di numerosi ebrei della diaspora che osservano inorriditi mentre si compiono razzie e pogrom contro le comunità palestinesi nei territori occupati da Israele.

Come rappresentanti della comunità ebraica americana, non possiamo stare a guardare,

si legge nella dichiarazione firmata da gruppi ebraici progressisti tra cui l’Unione per l’ebraismo riformato, il New Israel Fund, J Street e il Consiglio nazionale delle donne ebree. Questa violenza

non è venuta dal nulla, ma è allineata con la più ampia agenda del governo Netanyahu di espansione degli insediamenti, approfondimento dell’occupazione e sfollamento dei palestinesi.

Di fronte all’atteggiamento di una parte delle comunità ebraiche americane e dello stesso presidente degli Stati Uniti sorprende come recentemente, senza un dibattito, senza ascoltare la base dell’Ordine dei giornalisti italiani, l’organizzazione che dovrebbe tutelare la libertà di stampa in Italia e i giornalisti, ha sottoscritto il documento dell’Ihra che, nella pratica, rappresenta una forma di autocensura. Va ricordato che i principali gruppi per i diritti umani, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, hanno accusato Israele di creare un sistema di apartheid nei confronti dei palestinesi. 

Informazione su Israele e autocensura ultima modifica: 2023-07-05T17:48:54+02:00 da ERIC SALERNO
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3 commenti

Gadi Luzzatto Voghera 10 Luglio 2023 a 16:31

Stimo Eric Salerno e la sua professionalità. Tuttavia l’articolo mi sembra in parte inesatto. Ne comprendo lo spirito. Una critica ai vertici dell’organismo di rappresentanza dei giornalisti per non aver fatto precedere l’adozione formale della working definition of Antisemitism dell’IHRA da un dibattito interno all’Ordine. Critica legittima. Ma: 1) nel titolo si scrive che il documento dell’IHRA è stato “redatto dal governo israeliano”. Non è vero, è il frutto di un dibattito durato molti anni e di una votazione fra i rappresentanti di una trentina di paesi aderenti all’IHRA nella conferenza plenaria di Bucharest del 2016. 2) L’ultima frase dell’articolo (relativa alle accuse di apartheid mosse da alcune organizzazioni verso Israele) non ha nulla a che fare con l’antisemitismo e con la dichiarazione IHRA, quindi non si capisce quale sia il nesso. 3) Si cita la dichiarazione Nexus che ribadisce il diritto di criticare l’operato dello stato d’Israele non considerando tale critica come antisemitismo. Tale indicazione è prevista anche nelle raccomandazioni alla working definition dell’IHRA, quindi non si capisce dove sia il problema.
A me sembra che l’articolo nel suo insieme sia fuorviante. Liberi di criticare le azioni del governo israeliano (ci mancherebbe), e anche liberi di dissentire da una presunta mancanza di dibattito nell’ordine dei giornalisti. Meno liberi di criticare nella sostanza (ma senza dare esempi e anzi diffondendo elementi non veritieri) la definizione IHRA sulla quale si basa la strategia di contrasto all’antisemitismo sia in Italia sia in Europa. A meno che non si ritenga irrilevante il fenomeno dell’antisemitismo.

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Eric Salerno 11 Luglio 2023 a 18:17

Purtroppo la working definizione di anti-semitismo si presta a diverse interpretazioni. E per questo motivo è stata contestata da più parti. Cominciamo, per esempio, da una delle voci che definiscono anti-semitismo :”Applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico”.
È uno dei termini più dibattuti. Quando organizzazioni come Human Rights Watch e Amnesty International parlano di un regime di apartheid instaurato da Israele nei confronti dei palestinesi nei territori occupati (Cisgiordania) e spiegano l’accusa, ci sono molte persone ed enti che difendono il comportamento del governo israeliano, respingono il termine apartheid e definiscono l’accusa un atto di anti-semitismo.

Pochi giorni fa, ai primi di giugno ad Amsterdam, l’European Legal Support Center (ELSC), organismo legale che si occupa dei diritti del popolo palestinese, ha denunciato “53 casi tra il 2017 e 2022” in cui “individui, gruppi e organizzazioni furono accusati di antisemitismo basato sulla definizione dell’IHRA”.

“Tutti gli accusati – si legge nel documento presentato anche alle Nazioni Unite – sono stati presi di mira per aver difeso i diritti dei palestinesi, denunciato le pratiche e le politiche di Israele e/o criticato il sionismo come ideologia politica. Quando contestate legalmente, la maggior parte di queste accuse di antisemitismo sono state respinte in quanto prive di fondamento.

“L’analisi dei casi rivela un modello altamente problematico in cui viene implementata la definizione IHRA. Nonostante sia pubblicizzata e promossa come “non legalmente vincolante”, la definizione è sempre più utilizzata da enti pubblici e privati ​​come se fosse legge. Di conseguenza, la definizione dell’IHRA raffredda la libertà di parola e limita la libertà di riunione, con conseguente autocensura di individui timorosi di affrontare accuse di antisemitismo.

“Come confermato dal rapporto ELSC, le accuse di antisemitismo che invocano la definizione IHRA sono rivolte in modo schiacciante a palestinesi, attivisti ebrei e organizzazioni che difendono i diritti dei palestinesi”.

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Gadi Luzzatto Voghera 12 Luglio 2023 a 7:54

La difesa dei diritti dei palestinesi deve fondarsi sui diritti stessi, non sul generico attacco all’ideologia sionista che si trasforma sempre in retoriche antiebraiche. Se organizzazioni come Amnesty International si occupasse veramente dei diritti dei palestinesi violati produrrebbe rapporti che comprendono (oltre alle innumerevoli violazioni praticate da Israele) anche le violenze del regime di Hamas, l’assenza di diritti per donne e LGBT, l’inesistenza di pratiche democratiche, l’assenza di libertà religiosa e di parola. La critica ideologica generica al “sionismo” è oggettivamente antisemitismo, perché è critica all’ideologia nazionale ebraica, e solo a quella. A meno che non si decida legittimamente di mettere sotto accusa tutti i nazionalismi, compreso quello (assai articolato al pari del sionismo) palestinese.
In ogni caso, poiché (giustamente) l’antisemitismo non è reato in nessuna legislazione conosciuta, la definizione IHRA rimane lo strumento più efficace per individuare espressioni e pratiche ideologiche che ricadono nella sfera della pratica antisemita.

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