[ATENE]
È un quartiere popolare al centro di Atene, si chiama Metaxourghio. Si trova a due passi da casa mia ma non lo frequento quasi mai. Talvolta ci passo attorno, lungo i viali, ma non entro nelle viuzze con i negozietti, le piccole case abbandonate e i tossicodipendenti ammucchiati di fronte a qualche cortile. Questa volta però c’era una performance di un’amica architetto, quindi ci siamo andati tutti insieme, un gruppo di tre amici.
Finita la performance, molto bella, ci siamo spostati nella piazzetta per adagiarci al tavolino del caffè sotto l’ombra degli alberi. Là, non so come, è nata una discussione sarcastica sul premier Mitsotakis, che ha annunciato la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Figuriamoci.
Le nostre battute ironiche sul fatto che non lo farà mai non sono durate neanche un minuto che dal tavolino vicino si sono sentite forti proteste. Era un uomo di circa sessant’anni portati malissimo, vestito praticamente di stracci, con capelli e barbetta bianca. Un vero povero. Ho visto che aveva finito il suo caffè turco e aveva già poggiato un euro e mezzo sul tavolino. Evidentemente era pronto ad alzarsi quando l’abbiamo solleticato.
Ci ha preso di petto e ha iniziato a strillare contro gli omosessuali. Non li chiamava così ma usava l’insulto in turco “pusht” diffuso in tutti i Balcani. Offesa pesantissima, vi sconsiglio di usarla in qualsiasi circostanza. Dopo aver inveito contro gli “anomali” ha cominciato a insistere sul fatto che “i greci non sono pusht e non lo sono mai stati”. Sbraitava con gli occhi fissi su di noi e forse ha colto il nostro sorrisetto ironico. “Cosa? Che volete dire? Che Alessandro Magno era pusht? Non è vero! Gli Spartani nelle Termopili tutti pusht? È una menzogna, una calunnia contro i greci!”

A proposito di “Spartani”, un amico della compagnia si è fatto avanti e gli ha chiesto sorridendo se ha votato la nuova versione dei nazisti di Alba Dorata, quella “Spartana”. Ci ha pensato qualche secondo e poi ha risposto di no. Ha mentito. Stava per dire che ha votato Mitsotakis ma poi si è fatto trascinare dalla rabbia:
Io sono greco! Un greco macedone! E Mitsotakis aveva promesso di annullare l’accordo proditorio di Tsipras con gli slavi di Skopje che hanno usurpato il nome di Macedonia. Ma non l’ha fatto! Traditore anche lui.
Ci siamo alzati, abbiamo pagato, l’abbiamo salutato e ce ne siamo andati. Il commento unanime è stato che ci siamo imbattuti in un esemplare rappresentativo di buona parte dell’elettorato greco. Semianalfabeta, grande consumatore di TV (la Grecia è al primo posto in Europa in ore passate davanti allo schermo), si ricorda vagamente la gloria antica insegnata con enfasi nazionalista alle elementari e ci si consola aggrappandosi alla patria e alla tradizione. Ci siamo chiesti quanti la pensano come lui. Sicuramente tutto quel venti per cento che è andato ai partitini di estrema destra e almeno la metà di coloro che hanno votato Mitsotakis la cui retorica non è molto diversa da quella dei nazionalisti.
L’indomani delle due elezioni successive molti mi hanno redarguito perché inveivo contro un elettorato rincretinito e lobotomizzato dalle Tv e dal degrado culturale del paese. Il povero “greco macedone” un po’ nazista senza volerlo mi ha dato ragione. Trent’anni fa lui era sempre un estremista nazionalista ultraconservatore ma si sarebbe vergognato di rivendicarlo in pubblico. Dopo una feroce crisi economica e una ancora più profonda crisi culturale, come quella che sta ancora colpendo la Grecia, grazie alla pratica neoliberista di svalutare tutto quello che non è denaro, il nostro eroe reagisce alzando orgogliosamente la sua bandiera e crede di salvarsi mentre si getta nel precipizio.

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