L’isola dello spirito

Per la seconda volta, dopo l’esordio nel 2018, il Vaticano è presente alla Biennale architettura di Venezia. Nel posto più speciale. È in pieno bacino di San Marco, sull’isola di San Giorgio, all’interno del convento benedettino.
SANDRA GASTALDO
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Un padiglione per lo spirito. Per la seconda volta, dopo l’esordio nel 2018, il Vaticano è presente alla Biennale architettura di Venezia.
Non ai Giardini di Castello o all’interno dell’Arsenale, ma in uno spazio esterno a questi luoghi, seguendo una prassi che dissemina la città, dalla tarda primavera all’autunno inoltrato, delle significative testimonianze artistiche dei Paesi che non dispongono stabilmente di un proprio edificio espositivo.
Tra tutti i padiglioni esterni – allocati in palazzi, giardini, vasti magazzini o ex cantieri – quello Vaticano sta nel posto più speciale. È in pieno bacino di San Marco, sull’isola di San Giorgio, all’interno del convento benedettino.

Già la dislocazione rende la presenza vaticana speciale. Ma il vero valore sta nella concezione stessa di questa presenza che invita, sono parole del curatore, l’architetto Roberto Cremascoli, “a prendersi cura del pianeta come ci prendiamo cura dell’incontro”. 

Distribuita tra gli ambienti palladiani del convento e l’orto – giardino, tutt’ora utilizzato dalla comunità monastica, la presenza vaticana si ispira direttamente alle encicliche di Papa  Francesco Laudato si’ (2015) e Fratelli tutti (2020). Sotto le volte cinquecentesche sono esposte delle figure-scultura in legno – che profuma l’aria – disegnate dal grande architetto portoghese Álvaro Siza. Siza – Leone d’oro alla carriera alla Biennale del 2012 – nel 2016, in occasione della XV Biennale architettura, allestí alla Giudecca, proprio tra le case e il cantiere – nell’area di Campo Marte  in cui si era interrotta la costruzione di un suo progetto di edilizia popolare –  il padiglione portoghese che era un vero e proprio inno alle relazioni umane.

Con lo stesso intento sono state disegnate le statue ora a San Giorgio: sono sagome che paiono accogliere, abbracciare, indirizzare il visitatore verso l’esterno: il luminoso, colorato e odoroso verziere. Quasi una materializzazione dell’Hortus conclusus, simbolo del paradiso terrestre, che gli  sfondi di tante Annunciazioni – non ultima quella del Veronese alle Gallerie dell’Accademia – promettono. 

Quello di San Giorgio è un orto disseminato di aiuole ornamentali, percorso da filari di ortaggi, ombreggiato a tratti  da stuoie di canne e tettoie disposte con cura meticolosa per non privare della luce la vegetazione, ma favorire la sosta dell’uomo.

A disegnarlo, intervenendo senza tuttavia stravolgere il  giardino benedettino, è stato lo Studio Albori. Sono state integrate le essenze esistenti, create, dove possibile, delle aree geografiche con sezioni che accorpano le piante originarie delle Americhe o quelle di origine Mediterranea o orientale. I ripari per il riposo o la meditazione vengono invece dal riuso di materiali rimossi da un’abitazione montana.

Non è la prima volta che spazi conventuali e giardino si aprono ai visitatori. Dal 2013 la basilica palladiana di San Giorgio – e con essa una parte  degli spazi monumentali rimasti al monastero anche dopo il passaggio di ampia parte dell’antico vasto convento alla fondazione Giorgio Cini – accoglie iniziative culturali di grande valore artistico e con una forte connotazione spirituale. 

Ispirandosi alla regola di San Benedetto, i monaci della comunità hanno dato vita al progetto Officina dell’arte spirituale, operativamente gestita dalla ONLUS Benedicti claustra nata con la volontà di promuovere e sostenere progetti per la conservazione e lo sviluppo dell’arte e della ricerca artistica ma anche per favorire una rivalutazione dell’immagine dell’arte contemporanea nei suoi aspetti più intimi, legati alla ricerca spirituale.

Lunga la lista delle presenze significative e numerose le opere importanti accolte in isola. Tra queste, nel 2017 la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, opera al centro delle cronache in questi giorni, dopo la distruzione di una versione creata per piazza Municipio a Napoli. Oltre all’antologica di Pistoletto, impossibile non menzionare il colossale lampadario – del peso di 2700 chili – composto da duemila pezzi di vetro nero (La Commedia Umana) di Ai Weiwei, appeso lo scorso anno sotto la cupola centrale della chiesa e la complessa declinazione del pensiero artistico dell’artista cinese disseminata negli spazi del convento.

Quest’anno, sempre sotto la cupola centrale della chiesa, è stata collocata una installazione dell’artista austriaca Helga Vockenhuber. Si tratta di sette sculture in bronzo che compongono un’imponente corona di spine posizionata sopra una vasca circolare dal fondo nero che fa da specchio all’opera, alle architetture religiose e a quanti si soffermano in contemplazione. La mostra, intitolata  Belonging, si sviluppa inoltre nella sacrestia monumentale e nel coro della basilica.

La facciata della basilica di San Giorgio. Gli spazi dell’abbazia benedettina sono la sede del padiglione Vaticano alla Biennale architettura del 2023

L’accesso al padiglione Vaticano e all’esposizione Belonging è libero e gratuito. 

La prenotazione di una visita guidata è invece necessaria per accedere alle dieci cappelle disseminate nel bosco della Fondazione Giorgio Cini. Concepite e realizzate nel 2018 come  installazione in occasione della 16ª mostra internazionale di architettura, le Vatican Chapels sono rimaste, anche a Biennale conclusa, tra gli alberi e i prati che si estendono su circa un ettaro e mezzo e si affacciano sulla laguna. Il modello di riferimento per i dieci architetti di fama invitati a creare altrettanti luoghi di meditazione immersi nella natura è stato la Cappella nel Bosco costruita nel 1920 da Gunnar Asplund nel cimitero di Stoccolma. Il progetto della prima partecipazione vaticana a una Biennale architettura era stato curato da Francesco Dal Co e voluto dal cardinale Gianfranco Ravasi. La sequenza di cappelle intendeva essere un simbolico decalogo, un invito a una sorta di pellegrinaggio non essenzialmente religioso, ma certamente profondamente introspettivo, nella solitudine e nel silenzio di un bosco che allude al tempio cosmico. Tra i rami dei lecci e quelli dei pini marittimi, vicino a ogni cappella, è collocata ora – e fino al 26 novembre prossimo – una foto d’autore. Sono le opere di una mostra collettiva, ideata e curata da Marco Delogu, intitolata Sacred Landscapes. Poste sul terreno in prossimità di ogni cappella e lasciate all’azione degli agenti atmosferici, le immagini ritraggono paesaggi ed elementi naturali che si fondono con l’ambiente circostante, aprendo, tuttavia, squarci a nuove visioni.

Immagine di copertina: La cappella progettata da Ricardo Flores ed Eva Prats nel bosco dell’isola di San Giorgio.

L’isola dello spirito ultima modifica: 2023-07-15T13:34:54+02:00 da SANDRA GASTALDO
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