Il sindaco prodigio

Enego, uno dei sette comuni dell’altopiano di Asiago, ha un nuovo primo cittadino, il ventitreenne Marco Frison, eletto a valanga con la promessa di una rivoluzione di velluto che trasformerà il paese e la sua economia.
GUIDO MOLTEDO
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[ENEGO, VICENZA]

Una villeggiante riconosce il sindaco, lo ferma e gli fa: qui non si riesce dormire, anche stamattina presto m’ha svegliato il gallo. E il sindaco: Eh sì, signora, siamo in montagna e qui i galli cantano… 

Ottocento metri d’altitudine, Enego è giustamente rinomata per i salutari benefici della sua aria fina e pura. Per la bellezza del suo paesaggio incontaminato. Boschi e prati a perdita d’occhio, un verde variegato, punteggiato qua e là solo dal bianco di mandrie al pascolo, un latte favoloso per l’insuperabile burro e formaggio del posto, pendii e monti che nascondono, pressoché sconosciute, due grandi torbiere d’alta quota, Palù di San Lorenzo e Palù di Sotto, aree acquitrinose di rilevante valore naturalistico.

Va riscoperta, Enego, un tempo centro turistico di una certa notorietà, specie per lo sci di fondo e per un’estesa rete sentieristica. E per essere stata epicentro di un’area cruciale della Prima guerra mondiale. Ai tempi d’oro era più frequentata di Asiago, oggi il centro più popoloso e più turistico dei sette comuni dell’Altopiano di cui Enego è parte. Ad aiutarci a riscoprirla è la sua massima attrazione di questi giorni. Un’attrazione che, chiariamo subito, non è turistica ma “politica”, un sindaco di 23 anni, il più giovane del Veneto e tra i cinque più giovani d’Italia, eletto a valanga due mesi fa. L’elezione del bocia, il pupo, ha il grande merito di aver rianimato la comunità di Enego e di aver riportato il paese al centro di ragionamenti e progetti sul suo futuro, che è un futuro condiviso da innumerevoli altre località di montagna, in tutt’Italia, mete turistiche e non, accomunate dal drammatico fenomeno dello spopolamento e dell’invecchiamento della popolazione residente, con una sempre più pesante ipoteca sul loro futuro. Sulla loro esistenza stessa. Se Enego riuscirà a invertire la tendenza, non sarà solo un successo per i suoi abitanti e per i suoi attuali amministratori, ma sarà anche un caso esemplare, da imitare e da replicare altrove

Giorno di mercato nella bella piazza del paese, dove troneggia l’austera torre scaligera. Al piano nobile del vicino municipio, un grande palazzo fine Ottocento, il ragazzo prodigio della politica italiana, il sindaco Marco Frison, è impegnato in una riunione informale con il vicesindaco e un paio d’assessori, tutti giovani, e tra un po’ si formerà la fila dei cittadini che vogliono incontrarlo, anche senza appuntamento.

Il nostro paese – dice – soffre di un grandissimo problema, come altri paesi di montagna o piccoli borghi: lo spopolamento.

E sintetizza in poche parole il senso del mandato ricevuto due mesi fa, a larghissima maggioranza, dai suoi compaesani, che è quello di dare un futuro al paese:

Se noi non investiamo nel far rimanere le persone qui, nel tenerle radicate nel loro territorio, se continua il declino demografico, nel futuro non c’è più Enego. Muoiono circa una quarantina di persone all’anno, ne nascono cinque, una decina i nuovi residenti all’anno negli ultimi due anni. Dobbiamo far rimanere qui le persone. Bisogna tutelarle da un punto di vista sociale. E quindi lavorativo. Investendo intelligentemente nel turismo, con la creazione di nuovi posti di lavoro, nei 365 giorni dell’anno. Solo così riusciamo a fermare qui delle famiglie.

Jacopo da Ponte, Santa Giustina in trono e i santi Sebastiano, Antonio Abate e Rocco, (1560 circa), Chiesa di Santa Giustina, Enego 

Frison ricorda la piattaforma della sua campagna elettorale, sostenuta con entusiasmo da un gruppo di giovani e meno giovani del luogo. In quel documento si disegna

una Enego che sappia guardare il futuro con audacia, una Enego che capisca, che guardi, che riscopra anche le proprie tradizioni, la propria storia, la propria cultura. E da questa riscoperta produca un progetto turistico culturale serio. Non andiamo in cerca di quello che non abbiamo, vogliamo valorizzare quello che abbiamo già. Abbiamo una rete di sentieri di tutto rispetto, che va dalla Piovega, dalla valle, fino alla cima dell’Ortigara. Pensiamo allo sviluppo di questa sentieristica per il nordic walking, per le bike o per chi va a cavallo.

Il nostro territorio offre già le strade, quelle che hanno costruito i nostri nonni e i nostri bisnonni, i nostri avi, noi andiamo solo a promuoverne un impiego intelligente, andiamo a valorizzare questi beni. Chi li ha resi usufruibili? illustriamo la storia di questi sentieri, cosa si trova, cosa si vede nelle camminate, i casoni a Marcesina, le torbiere, quella casa in cui una volta c’era il fabbro. Si va a far scoprire che animali abbiamo nel territorio, la varietà di piante… Tutto questo con un progetto, che è quello di riscoprire noi stessi, il nostro patrimonio. Anche in termini di beni culturali come la torre scaligera. E adesso, nel duomo, la “riscoperta” del quadro di Santa Giustina, dipinto di Jacopo da Ponte. Se siamo capaci di valorizzare opere così, non c’inventiamo niente di nuovo, ci occupiamo di un’opera che si trova in uno stato precario, la sistemiamo, la valorizziamo. Nella torre possiamo creare un centro culturale, una sala per mostre, insomma sistemiamo un’opera storica che abbiamo già e che identifica il paese.

Piazza San Marco, il cuore di Enego, vista dal palazzo comunale.

Marco ha l’entusiasmo del ventenne e misura le parole come un politico consumato, anche se nella politica è stato catapultato, d’improvviso, più dalle circostanze che da un suo disegno. Per la politica ha certamente passione, ma, da persona riflessiva qual è, aveva in mente un altro itinerario. Più graduale. In paese era conosciuto da tempo per il suo darsi da fare, nella parrocchia, come segretario del consiglio pastorale al fianco dell’instancabile don Federico Meneghel, guida spirituale ma anche grande animatore sociale, e alla presidenza della Pro Loco. Era insomma il leader riconosciuto di un nutrito gruppo di giovani desiderosi di una svolta per il loro paese, angosciati da una permanente staticità politica che sembrava condannare Enego a un inesorabile declino. Di fronte a un sindaco inattivo e incapace d’ascolto si era così formata un’opposizione civica che, alla prima occasione – il voto dello scorso maggio -, s’è trasformata in progetto politico per la conquista del comune e per imprimere un deciso cambio di passo al paese.

Marco vive la classica luna di miele con i suoi elettori, e anche con quei pochi eneghesi che non l’hanno votato. Incontenibile, riceve tutti, parla con tutti, un giorno lo vedi dirigere il traffico – zero vigili urbani – o sistemare una transenna, poi, in pantaloni corti nel suo ufficio è lì a disegnare la nuova pianta organica del comune. “Sono multitasking”, dice di sé, con la consapevolezza di doversi letteralmente rimboccare le maniche e dare l’esempio a quel centinaio di volontari che si sono offerti di aiutare la nuova giunta, alle prese con la scarsità di uomini e mezzi di cui dispone un comune montano di un migliaio di residenti reali che, con i villeggianti, arrivano a cinque-sei mila nel picco dell’alta stagione.

La sala del consiglio comunale

Terra leghista, alle politiche Enego ha votato al novanta per cento per la destra, ma Marco insiste nel dire che lui e la sua giunta non hanno un colore politico defiinibile secondo categorie consuete, perché “in un paese così destra e sinistra non hanno senso”. Il Wunderkind di Enego ha già molti contatti con i dirigenti politici che contano in Veneto, sa già come muoversi, ma respinge l’idea che l’attuale incarico possa essere il trampolino di lancio per una carriera politica regionale e poi nazionale. D’altra parte il suo programma – e le attese che ha suscitato – ha bisogno di un paio di mandati, di una decina d’anni perché non sia considerato l’ennesimo elenco di belle promesse irrealizzabili o non realizzate.

Evidente, nella scommessa di Marco e dei suoi compagni d’avventura, il rischio di puntare tutto sulla monocutura turistica, peraltro qui stagionale e di periodi brevi. Lo sanno benissimo, e infatti immaginano il turismo come risorsa ma anche come volano di altre iniziative economiche e come base della costituzione di un brand riconosciuto, un po’ come Asiago per il rinomato formaggio.

Grazie al turismo, un’altra parte di eneghesi può trovare altri sbocchi. Stanno aprendo delle fabbriche in valle, in Val Brenta, venti minuti in auto. Bisognerebbe investire nell’agricoltura, in un’agricoltura diversa rispetto al passato. Per esempio coltivando in altopiano la patata, o i piccoli frutti, mirtilli, lamponi, in un’ottica di sviluppo del territorio al di fuori del turismo.

La torre scaligera in primo piano in una vecchia cartolina di Enego.

Marco immagina anche un paese accogliente per gli smart worker, un posto ideale per il lavoro a distanza. Già alcuni nuovi residenti, lavoratori a distanza, sono qui e si trovano benissimo. La fibra va. I prezzi sono ancora bassi. Gli aloggi sono convenienti.

A proposito di alloggi, il sindaco progetta l’acquisto di un certo numero di appartamenti in città universitarie come Venezia e Padova come residenze per studenti eneghesi.

Vulcanico eppure realista, Marco è consapevole che presto da centometrista dovrà prendere il passo del maratoneta. Non sarà un’eterna luna di miele. Perché il governo di un piccolo paese montano è una grande sfida, specie per chi ambisce a sintonizzarlo con i tempi nuovi.

È difficilissimo. Non metto in dubbio che fare il sindaco di una grande città sia difficile. Ma spesso si dice che guidare un piccolo comune sia facile. Non dico che sia più difficile, ma è altrettanto difficile.

Il sindaco prodigio ultima modifica: 2023-07-21T17:02:11+02:00 da GUIDO MOLTEDO
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