Ashes of laughter, the ghost is clear | Why do the best things always disappear? [da Ophelia, The Band]
Mi fu dato un disco in acetato, [Music from] Big Pink, – ero in Inghilterra allora – e mi scosse nel profondo. All’epoca ero nei Cream con già l’idea che non stesse andando nella direzione giusta, e pensai, be’, ecco cos’è. Sapevo chi era Robbie Robertson ma non mi rendevo conto che fosse il loro gruppo. Pensavo fossero appena apparsi sulla scena. Pensavo fossero tutti del Delta del Mississippi. Eric Clapton
Questa impressione di The Band – il loro evocare, vecchio stile/senza tempo, un Sud profondo del passato – è uno dei tratti distintivi di The Band, nel suo aspetto come nella sua musica. È affascinante notare, quindi, come questi pionieri di Americana fossero in realtà quasi tutti canadesi (Levon Helm era l’unico americano). Robbie Robertson, il principale cantante e autore della band, era nato a Toronto, in Canada, ma aveva un istinto innato per la musica americana e la cultura del sud.
Quando ho appreso della morte di Robertson, mi sono messo a pensare a cosa ricordavo di più di lui. Come molti di noi della mia generazione, sono cresciuto con la musica di The Band, e ovviamente sapevo che Robertson fosse lui il chitarrista e autore delle canzoni del gruppo. Piuttosto sono rimasto molto colpito dal fatto che ciò che ricordavo non era tanto il suo modo di cantare o di suonare quanto – cosa che mi ha stupito molto – la rapidità con cui sono stato in grado di ricordare interi brani dei suoi testi, canzoni a cui non pensavo da anni, direi decenni. Mi sono reso conto di quanto fossero incredibilmente memorabili questi passaggi e di quanto fossero evocativi.
Il primo passaggio che mi è subito venuto in mente è stato il contagioso Up on Cripple Creek:
Up on Cripple Creek
she sends me
If I spring a leak
She mends me
I don’t have to speak
She defends me
A drunkard’s dream if I ever did see one
– da Up on Cripple Creek
È interessante notare che esiste davvero un Cripple Creek in Colorado, un vecchio centro minerario, il tipo di paese in cui puoi imbatterti nell’ubriacone che barcolla insieme al suo compare di sbronza. L’intelligente strumentazione d’altri tempi ambienta perfettamente questa scena, e il testo – be’, basta ammirare l’insistente ripetizione di “she sends me – she mends me – she defends me”, “mi manda lei – mi rammenda – mi difende”. Davvero un “sogno da ubriacone”!
A proposito di testi memorabili, nel pantheon delle aperture che si possono riconoscere subito (e chi fa musica la può suonare e cantare all’istante) pochi possono reggere il confronto con The Weight: “I pull in to Nazareth”. Gli accordi: La Do#min Re La. Così semplice e così immediatamente identificabile. Ma quando leggi l’intera prima strofa, la sua essenziale americanità emerge nel dialogo (“Hey mister”), nell’azione (“Ha appena sorriso e mi ha stretto la mano”) e nel gergo (“Mi sentivo quasi mezzo morto”) – per non parlare della secca negazione dell’ospitalità (“No” fu tutto ciò che disse). Puoi solo presumene che il personaggio sia a Nazareth, Pannsylvania, non certo nell’antico Israele, dove una tale mancanza di ospitalità sarebbe stata inimmaginabile.
I pulled in to Nazareth
Was feeling ‘bout half past dead
I just need someplace
Where I can lay my head
“Hey, mister, can you tell me
Where a man might find a bed?”
He just grinned and shook my hand
“No” was all he said
– da The Weight
Fatalità, Robbie Robertson è morto il 9 agosto, lo stesso giorno in cui è morto Jerry Garcia, nel 1995. Anche se non mi risulta ci sia un qualche nesso diretto tra Robertson e Garcia, un collegamento musicale invece esiste. Penso a quella che considero una delle canzoni più avvincenti.
La Jerry Garcia Band, come molti altri artisti, ha eseguito una versione di The Night They Drove Old Dixie Down.
La cosa davvero sbalorditiva di questa canzone è il fatto che ritrae la guerra civile dal punto di vista di un contadino del sud. Robertson coglie un pezzo di verità in questa esperienza della guerra, onestamente e senza tono giudicante. Per persone come Virgil Caine (che nome del Sud!) e sua moglie, Robert E. Lee era un eroe:
Back with my wife in Tennessee
When one day she called to me
“Virgil, quick, come see, there goes Robert E. Lee”
Ancora più importante da notare è come Robertson racchiuda in poche righe un’istantanea culturale di questa famiglia del sud. Si noti la sottile affermazione a proposito della gerarchia familiare (“come mio fratello sopra di me”) e la sottomissione alla tradizione (“come mio padre prima di me”). Ma soprattutto è da notare il dolore umano nella frase “aveva appena diciotto anni, fiero e coraggioso”. Per me questa è l’universalità che Robertson coglie in ciò che è fin troppo disinvoltamente trascurato nel giudizio sulle ragioni per cui la guerra fu combattuta. Vivendo io stesso nel sud, posso anche non essere d’accordo con come è stato costruito (sulla schiavitù) né con i motivi della guerra mossa dalla Confederazione, ma sono sicuramente in grado di apprezzare come il dolore di tutte quelle vite brutalmente perse in guerra sia stato lo stesso da entrambe le parti.
Like my father before me, I will work the land
And like my brother above me, who took a rebel stand
He was just eighteen, proud and brave
But a Yankee laid him in his grave
– da The Night They Drove Old Dixie Down
La cosa ancora più sorprendente di questa canzone è il commovente ritornello/lamento sulla notte in cui “hanno buttato giù la vecchia Dixie” – “e la gente cantava, andavano, na, na na na na na na, na nana na na na na na na na.” No, non penso sia una celebrazione, è un lamento funebre.
Mi chiedo quante persone che nel corso degli anni hanno cantato insieme quel coro si siano rese conto che si stavano unendo a un lamento per la caduta del sud confederato.
Personalmente, l’ho cantato innumerevoli volte, e questo non mi era mai venuto in mente. Fino a oggi. Ora, proprio questo è un ottimo modo di scrivere canzoni.

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