Egregio prof. Brunetta, ringraziandola – da cittadina veneziana come Lei – per l’impegno che sta profondendo attraverso la Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità, le chiedo però se davvero il futuro e la sopravvivenza di Venezia dovranno dipendere dal progetto Città Campus da lei prospettato, cioè dall’importazione di migliaia di studenti universitari in transito temporaneo.
Le chiedo: lei vivrebbe in una città dove, accanto alle migliaia di turisti alloggiati in alberghi e appartamenti, i suoi vicini di casa siano prevalentemente studenti? Abiterebbe davvero in un campus in stile americano, dove strutture e servizi sono pensati esclusivamente a uso e consumo degli universitari? Dunque aule, auditorium, dormitori, pub, palestre e poco altro?
Io sinceramente no. Io vorrei poter continuare ad abitare in una città viva, fatta di famiglie con bambini, giovani studenti certo, e anche turisti (ma non così tanti). Vorrei una città di e per residenti: una città con negozi di vicinato, scuole e asili, ludoteche, parchi, ambulatori medici e tutti quei servizi che rendono un agglomerato di case una città – una civis – in senso pieno.
Venezia da questo punto di vista è in pericolo. Lo vediamo ogni giorno e non serve che lo dica l’Unesco. Ma per salvarla serve un progetto coraggioso. Persino visionario.
Partiamo da un paio di considerazioni. Tutto il mondo vuole venire a visitare Venezia. Magari non dovrebbero venire tutti assieme perché la visita oggi è disagevole per tutti (troppa calca, prezzi alti, servizi scadenti) e i tour operator internazionali se ne stanno rendendo conto.
Però tra i milioni di persone che desiderano venire a visitarla ci sono anche tante migliaia di persone che vorrebbero venire a viverci. Incoraggiamoli. Grazie al lavoro agile oggi molte barriere sono state abbattute. Si può lavorare “in” un luogo e lavorare altrove. Facciamo in modo di facilitare la residenza stanziale di chi vuole vivere per davvero in città con un “Piano Marshall” residenziale: investiamo risorse in alloggi da destinare in social housing a giovani famiglie veneziane, di nascita e d’adozione, lavoratori “smart” che intendano scegliere Venezia come luogo in cui vivere in modo stanziale, portandoci anche la famiglia (o creandola).
La sua Fondazione potrebbe farlo: ha tanti soci internazionali che qualche milione di euro lo potrebbero investire. Potrebbero aiutare la Fondazione a costituire un discreto patrimonio immobiliare da destinare ai futuri abitanti di Venezia. Indicando così la strada a tanti altri simili benefattori. Non che sia una novità assoluta: ai primi del Novecento l’investimento da parte di istituzioni pubbliche e private nel mattone fu massiccio e mai a scopo speculativo. Purtroppo nel tempo quegli stessi alloggi sono stati messi sul mercato e oggi alimentano la speculazione delle affittanze turistiche. Andrebbe ora fatto il percorso inverso riprendendosi parte di quel patrimonio per metterlo a disposizione di chi vorrà vivere a Venezia. Se sarà abitata per davvero, allora sarà una città vera, persino – come ambisce di fare la sua Fondazione – sostenibile.

Immagine di copertina: Il Giorno della laurea in piazza San Marco (da Università Ca’ Foscari, Veneza)

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1 commento
Complimenti per le tue parole chiare e dirette, hai espresso il sentimento veneziano e le esigenze di noi poveri cittadini di serie B. La speranza è quella che il tuo appello venga ascoltato da chi di dovere, anche se l’attuale amministrazione non ha certo a cuore il benessere della popolazione veneziana. Grazie comunque, e incrociamo le dita.