In Argentina la destra è “rockera”

Sorprendenti i risultati delle primarie argentine che hanno premiato l’anarco liberista di estrema destra Javier Milei, leader di La Libertad Avanza, che risulta il candidato presidenziale più votato con il 30,28 per cento.
CLAUDIO MADRICARDO
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Sono sorprendenti i risultati pressoché definitivi delle primarie argentine che hanno premiato l’anarco liberista di estrema destra Javier Milei, leader di La Libertad Avanza, che risulta il candidato presidenziale più votato con il 30,28 per cento, riuscendo a capitalizzare il diffuso malcontento per la situazione economica e sociale del paese. Milei ha avuto successo nei grandi centri urbani, in particolare nelle province di Córdoba, Santa Fe, Mendoza e Neuquén.  

Il candidato di Unión por la Patria, la formazione peronista di sinistra, il ministro dell’economia Sergio Massa, con il 21,31 per cento ha ottenuto il secondo posto in voti personali, mentre il suo schieramento ha ottenuto il 27,10 per cento, tenuto conto che Juan Grabois, l’altro candidato del peronismo, ha raccolto il 5,78 per cento delle preferenze. 

Terza si è piazzata la candidata di Juntos por el Cambio, l’ex ministra della sicurezza Patricia Bullrich con il 17 per cento, esponente della destra dello schieramento, che ha staccato di quasi sette punti di vantaggio il capo del governo di Buenos Aires, Horacio Rodríguez Larreta (11,24 per cento) che rappresentava una posizione più colloquiante. Juntos por el Cambio, la formazione della destra macrista, si posiziona al secondo posto con il 28,24 per cento, mentre Juan Schiaretti, di Hacemos por Nuestro País, ha ottenuto il 3,95 per cento. Al quinto posto la sinistra trotzkista non peronista del Frente de Izquierda, i cosiddetti Troskos, l’unica corrente significativa della sinistra che agisce oggi al di fuori della coalizione panperonista Unione per la Patria (UP). Myriam Bregman e Nicolás Del Caño hanno vinto la sfida interna, ma con un risultato debole e al di sotto delle previsioni. Nato nel 2011, il Frente recentemente ha assorbito altri gruppi e si è trasformato nel FIT-Unità (FIT-U). In tal modo l’Argentina, insieme alla Francia, è uno dei pochi paesi in cui il trotskismo ha un peso politico-culturale significativo nel campo della sinistra. Ma mentre in Francia i trotskisti stanno attraversando una forte crisi, in Argentina oggi sono “la sinistra” e hanno una rappresentanza parlamentare.

Sono solo cinque, quindi, gli schieramenti nazionali che hanno superato la soglia di sbarramento dell’1,5 per cento che gli consente di presentarsi al primo turno delle elezioni in ottobre: La Libertad Avanza, Juntos por el Cambio, Unión por la Patria, Hacemos por Nuestro País e il Frente de Izquierda. Nonostante il voto fosse obbligatorio, la partecipazione è stata del 68 per cento, diversi punti percentuali al di sotto dei precedenti nel 2011 e nel 2019. C’è da dire che nessun vincitore delle PASO è poi sceso al terzo posto nelle elezioni generali. È dunque probabile un secondo turno con Milei come uno dei due contendenti.

La stragrande maggioranza dei sondaggi gli davano circa il venti per cento di intenzioni di voto, dieci punti dietro le altre due coalizioni che, insieme, sono state protagoniste della cosiddetta “grieta” che ha diviso negli ultimi venti anni il paese. Il risultato di ieri, comunque, lo consegna come favorito delle elezioni generali del 22 ottobre, e a prima vista pare aver sottratto voti a JxC a fronte di un risultato del peronismo che è stato tra i più bassi dal ritorno alla democrazia.

Fautore delle totali libertà in campo economico, ultraconservatore quando sono in ballo diritti di donne e omosessuali, Milei ha le sue ricette sull’inflazione, pretendendo di eliminare il peso e dollarizzare l’economia, come è già avvenuto in altri Paesi latinoamericani. Una cosa già provata, del resto, con Domingo Cavallo quando fu introdotto il rapporto di parità tra il dollaro americano e il peso, tra il 1991 e 2001.

Se tale piano aveva ridotto l’inflazione da oltre il 1300 per cento, nel 1990, a meno del venti per cento nel 1992, fino a quasi lo zero nel resto degli anni Novanta, ha provocato però l’insolvenza del debito pubblico argentino e la rovina del Paese.

Delle varie versioni populiste che l’Argentina distilla, Milei impersona quella “rockera”, con il suo codazzo di giovani osannanti. E pensare che fino a due anni fa l’economista che ha posto al centro delle sue sortite intemerate le teorie di John Maynard Keynes, accusate di essere all’origine della corruzione dei politici, era un perfetto sconosciuto. 

La sua fortuna è stata quella di diventare il beniamino dei talk-show, in cui dispensava insulti a man bassa, finché non ha deciso di candidarsi nel 2021. 

In vista delle elezioni, ha presentato il suo “piano “motosega” che, tra l’altro, prevede la scomparsa dei ministeri dei Lavori pubblici, della Salute, dell’Istruzione, dello Sviluppo sociale, la libera vendita delle armi per la difesa dei cittadini, e anche il libero commercio degli organi umaniContro l’inflazione, auspica l’incendio della Banca centrale argentina, e via di questo passo. Si situa sulla scia di Trump (come l’ex presidente crede che l’elezione di Biden sia stata frutto di brogli) e di Bolsonaro. La sua fede nelle idee ultra-liberali è quanto di più ideologico esista nell’offerta politica argentina al momento. Trova però seguito nei delusi della politica, fa perno sulla frustrazione diffusa a livello sociale per la mancanza di futuro, mentre il suo messaggio punta ad azzerare tutto per poter ricominciare, spinto dal fallimento di Alberto Fernández e di Cristina Kirchner.

Crstina Kirchner: “Se vince Milei mi sparo un colpo”

A Tucumán, città del Nord, aveva candidato a governatore Ricardo Bussi, figlio di un ex militare condannato per crimini contro l’umanità. Chi sostiene Milei non necessariamente concorda con le sue proposte incendiarie, ma riconosce che i politici sono “una manica di criminali e ladri”. Lo appoggia chi appartiene a un elettorato per lo più giovane e della classe media – ma riscuote simpatia anche nei quartieri poveri della periferia di Buenos Aires di tradizione peronista. Il suo proposito è prendere “a calci in culo” l’establishment della politica. E il risultato di ieri sembra aver premiato la sua strategia.

La situazione in vista delle elezioni generali di ottobre costringerà le principali forze ad aggiustare il tiro. La sfida sarà principalmente tra Patricia Bullrich che disputerà a Milei il voto duro di destra e centro-destra. Quanto al peronismo, che rischia di non andare nemmeno al ballottaggio, la scommessa è quella di accaparrarsi parte dei voti del centro che ieri sono andati al moderato Rodríguez Larreta, oltre che pescare nei settori della sinistra che considerano il peronismo un “male minore” rispetto alle opzioni più radicalizzate di destra.

Immagine di copertina: Javier Milei ritratto da Luis Grañena (da CTXT)

In Argentina la destra è “rockera” ultima modifica: 2023-08-14T14:40:56+02:00 da CLAUDIO MADRICARDO
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