Intanto Sánchez azzecca la prima mossa

Riapre la politica spagnola e il leader del Psoe incassa una trionfale presidenza del Congreso de los Diputados. La Spagna inizia la gara contro il tempo per evitare un ritorno alle urne
ETTORE SINISCALCHI
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Agosto politico bollente, come le temperature, per la Spagna nel pieno della difficile ricerca di un governo che eviti il ritorno alle urne. Settimane intense, teoricamente di vacanza, col rientro ufficiale adesso, quando in tanti hanno appena iniziato le ferie.

È la conseguenza del voto del 23 luglio. Le elezioni hanno donato a Feijóo una vittoria amara che è un’inattesa sconfitta personale, Pp primo partito ma senza seggi sufficienti per governare da solo e difficoltà a trovare appoggi parlamentari, e a Sánchez una dolce sconfitta che lo mantiene al centro dello scenario politico, con la possibilità di un rinnovo del governo pur se subordinato a una complicatissima costruzione di accordi parlamentari. 

Di fatto, è il Pp, malgrado il primo posto, a giocare in difesa, tentare di ostacolare accordi di altri gruppi col Psoe, provare a ottenere la presidenza del Congresso per rendere impossibile il cammino di un eventuale governo delle sinistre — col Senato e quattro tra le maggiori autonomie in mano ai popolari, per Sánchez diverrebbe impossibile governare avendo contro anche la presidenza del Congresso.

La frammentazione sovverte le consuetudini e ogni possibile governo, e presidenza del Congresso, passa per accordi finora giudicati impossibili. Numeri. La XV legislatura vede 11 liste con rappresentanza parlamentare. La maggioranza assoluta di 176 seggi è fuori discussione, si punta ai 172 voti. Il PP ne ha 137 (33,1 per cento, oltre otto milioni di voti), il Psoe 121 (32,7 con 330.000 voti in meno). Poi, 33 seggi Vox, 31 Sumar, 7 ciascuno per i catalani di Esquerra republicana de Catalunya (Erc) e Junts, quelli baschi, 6 EH Bildu e 5 il Partido nacionalista vasco (Pnv), 1 ciascuno per Coalición Canaria (Cc), Unión del Pueblo Navarro Upn) e Bloque Nacionalista Galego (Bng).

Francina Armengol (foto Psoe Congreso e Psoe)

L’appello di Feijóo al Psoe affinché “lasci governare la lista più votata” è stato respinto — senza imbarazzi, visti gli accordi locali con Vox che strappano governi alla lista più votata del Psoe e l’aver definito “illegittimo” il governo di Sánchez. Questi, da parte sua ha già dimostrato di saper trovare i voti per varare un governo di minoranza ma questa volta dovranno entrare nella formula anche i nazionalisti catalani di Carles Puigdemont, europarlamentare e ex presidente della Generalitat catalana ricercato dalla giustizia spagnola. Operazione difficile e delicata, ma con Junts parla anche il Pp, perché quel voto, o astensione, possono decidere se e chi guiderà un governo, o se si tornerà alle urne. 

Feijóo fa i conti con la sua vittoria di Pirro. Ha bruciato troppi ponti per tessere gli accordi necessari, coi nazionalismi periferici soprattutto; Vox è diventato un alleato scomodo, che impedisce di trovare altri appoggi, malgrado, o forse proprio perché, nei governi locali Pp e Vox macinano accordi, attaccano il plurilinguismo e tagliano servizi e politiche di inclusione sociale, di genere e quelli per le donne, compresi i servizi anti-violenza. Altra difficoltà, anche per il Psoe, un solo voto può essere decisivo: Coalición Canaria può consentire a Sánchez di accordarsi con Junts per la “sola” astensione o per un più impegnativo voto a favore o consentire al Pp di conquistare la presidenza del Congresso.

Equilibri tanto difficili da rendere un ritorno alle urne la più logica conclusione. Che, però, oltre a vedere contraria la comunità politica ed economica europea, costituisce un’incognita assoluta, nessuno sa come ne uscirebbe, se meglio o peggio. Vediamo il calendario entro il quale si dovrà dipanare l’ingarbugliata matassa.

Applausi dei parlamentari socialisti dopo l’elezione di Francina Armengol (al centro). Di spalle, da sinistra, Pedro Sánchez e Yolanda Díaz. (foto Congreso)

Oggi, giovedì 17, si sono insediati il Congreso de los Diputados e il Senato e votate le presidenze. Primo voto con maggioranza assoluta, dal secondo basta la semplice, è bastato il primo voto. Al Senato i giochi erano fatti, il Pp ha la maggioranza assoluta, tutto per aria invece al Congresso, unica camera a votare la fiducia al capo del governo, e un’inedita suspence sul risultato: solo durante il voto si è manifestato il trionfo di Sánchez, Francina Armengol eletta con la maggioranza assoluta, che incassa una vittoria che è mezzo cammino verso il governo.

Da venerdì 18, una volta costituita la Mesa, la presidenta andrà alla Zarzuela, la residenza reale, a presentarsi al re che da questo momento prende le redini del processo democratico e inizia il giro delle consultazioni con i gruppi parlamentari. Individuato un candidato a formare il governo gli conferirà l’incarico di presentarsi in parlamento. Tutto ciò dovrebbe avvenire, ragionevolmente, entro un mese. 

Attorno alla metà di settembre si terrà quindi la prima sessione di investitura, il candidato esporrà il programma di governo e chiederà il voto di fiducia. In prima votazione serve la maggioranza assoluta (176 seggi su 350), se non la ottiene può decidere di presentarsi a una seconda sessione nella quale basterà quella semplice. 

Se dovesse fallire, o rinunciare, il re potrà decidere di dare un nuovo mandato. Ma oggi è scattato il conto alla rovescia: se entro due mesi dalla prima sessione di investitura non si arriva a un governo — periodo in cui il re può in ogni momento proporre un secondo candidato —, si dovranno sciogliere le camere e, entro 47 giorni, richiamare la cittadinanza alle urne. Posta dunque la metà di settembre come inizio del processo, se ogni tentavo fallisse, gli spagnoli potrebbero votare nuovamente a gennaio.

Questa la critica situazione. Posizionamenti tattici, segnali, inviti, dinieghi, offerte, rifiuti, bluff e molti contatti riservatissimi hanno contrassegnato dall’indomani del 23J lo scenario politico. Ufficialmente Pp e Psoe non hanno rapporti con Junts. Per le sinistre è Sumar di Yolanda Díaz, col catalano Jaume Asens, già vicesindaco di Barcellona con Ada Colau e portavoce di En Comú Podem al Congresso, a dialogare col partito di Puigdemont, ma è certo il lavoro riservatissimo di sherpa in contatto diretto, e solo di quelli nel caso dei popolari. Coalición Canaria ha tentato un asse col Pnv, proponendo una presidenza basca e ottenendo il rifiuto di tutti gli altri partiti che potrebbero far nascere un nuovo governo Sánchez. 

Ieri, all’incontro coi gruppi parlamentari, un Sánchez molto sicuro di sé ha messo le carte sul tavolo. Impegno per far accettare in Europa le lingue co-ufficiali spagnole, Cristina Armengol, ex presidente delle Baleari esponente dell’ala federalista del Psoe, come candidata presidente al Congresso. Sembrava poco invece è bastato, l’accordo evidentemente è tutto negli incontri riservati. Al momento del voto la convergenza è arrivata, eleggendo Armengol in prima votazione con la maggioranza assoluta.

Una prova di forza per Sánchez, una brutta botta per Feijóo. L’elezione della Mesa del Congreso è la prova generale del varo del governo, misura gli accordi per il voto successivo; con questi numeri difficilmente il re potrà non tenerne conto al momento di dare l’incarico. Feijóo ricorda sempre che ha vinto, tanto insistentemente che pare doverlo dire soprattutto a se stesso e ai suoi, e che “il rappresentante del partito più votato deve avere l’investitura”. Per Sánchez la pretesa di Feijóo non sta in Costituzione e costituisce una “indebita pressione” sulla Casa reale. Il re deve scegliere il candidato con “maggiori possibilità” — e quello sono io, dice il sottotesto di Sánchez. Conferirlo a Sánchez costituirebbe una grave sconfitta per Feijóo, la presa d’atto dell’impossibilità di un governo del Pp e certamente partirebbero i lavori per la sua successione. 

Sánchez ha superato bene il primo ostacolo ma non ha ancora trovato il governo. Sul futuro di Feijóo arrivano nuvole nere, gli resta solo di provare a impedire un nuovo governo Sánchez e ritornare al voto. Feijóo ha 137 seggi, 33 di Vox, 1 di Upn, ha trovato oggi il voto di Cc ma questo non garantisce che non si accordi col Psoe, 172 in totale. Sánchez ha 121 seggi del Psoe, 31 di Sumar, 7 di Erc, 6 di Bildu, 1 dal Bng, e fanno 166. I 5 del Pnv ma soprattutto i 7 di Junts, sono determinanti. È una gara a cronometro quella scattata oggi, la Spagna ha due mesi per evitare il ritorno alle urne.

Intanto Sánchez azzecca la prima mossa ultima modifica: 2023-08-17T15:05:29+02:00 da ETTORE SINISCALCHI
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