32 settimane di sfida alla riforma “dittatoriale”

In Israele non si ferma la protesta contro Netanyahu e il suo governo di estrema destra. Il dissenso coinvolge anche i riservisti.
DAN RABÀ
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[TEL AVIV]

In carica ormai da sette mesi, il governo Netanyahu persegue ossessivamente un unico obiettivo, che è la riforma della giustizia, lasciando marcire problemi seri e gravi sul fronte economico e sociale e alimentando uno scontro sempre più drammatico con una parte consistente del paese, che contesta quello che considera un attacco ostentato e scellerato all’autonomia della magistratura, con il conseguente aumento illimitato e incontrollato del potere della politica, un oltraggio alla costituzione e ai valori fondanti d’Israele.

Tempi bui, dunque, per Israele, illuminati tuttavia dalla speranza di un’opposizione “dal basso” che non dà tregua al governo, e cresce, e che racconta la forza resiliente di un’altra Israele.

Centinaia di migliaia di israeliani sono usciti di casa in condizioni impossibili per protestare e avvertire, ma anche per ritrovarsi, anche se per poco, in un ambiente sensato, in un’atmosfera benevola,

ha detto di recente David Grossman. 

Sono 32 settimane che ogni sabato sera, in oltre centocinquanta località, si manifesta contro la Riforma. A Tel Aviv, le più partecipate, hanno anche superato le centomila persone. Si calcola che qualcosa come 250mila persone manifestano nel paese ogni settimana.

Nei giorni in cui si votava la legge alla Knesset, è stata indetta una marcia da Tel Aviv a Gerusalemme. Partiti in 400 si è arrivati in tre giorni a oltre centomila persone che si sono accampate in una tendopoli intorno al Parlamento. Si sperava che con una simile prova di forza la legge sarebbe stata sospesa: la coalizione ha votato compatta 64 voti contro 0 (l’opposizione non ha partecipato al voto). 

Va detto che il presidente della repubblica, Isaac Herzog, tenta da mesi una mediazione tra governo e opposizioni mantenendo una posizione super partes, ma i delegati alla trattativa non riescono a trovare un compromesso. Da una parte il governo procede senza remore, dall’altra parte i partiti dell’opposizione, che non sono uniti, temono il giudizio della piazza ormai apertamente decisa a che Netanyahu esca di scena. 

Il fatto più significativo in questo confronto è la protesta dei riservisti, in particolare nell’aviazione e in unità scelte. Sempre più riservisti annunciano il loro rifiuto di offrirsi ancora volontari, se passa la dittatura (che in sostanza è già passata con la legge votata in parlamento). L’esercito israeliano – va ricordato – è basato in grande misura sui riservisti, che sono i militari con più esperienza e occupano i posti più elevati (e i piloti per il settanta per cento sono riservisti). La protesta è cominciata in sordina e pian piano un numero notevole ha fatto saper pubblicamente di non voler “servire la dittatura“.

Sordo a queste pressioni, e come ignaro della loro portata e delle loro conseguenze in una situazione critica per la sicurezza del paese, Bibi ha ribadito la necessità di “tenere le divergenze politiche fuori dalle forze armate”. L’ha dichiarato al termine di una consultazione straordinaria al ministero della difesa con il capo del dicastero, Yoav Gallant, col capo di stato maggiore dell’aeronautica gen. Tomer Bar e con il consigliere per la sicurezza nazionale Zahi Hanegbi. Netanyahu – si apprende da una nota – “ha dato istruzione di preservare le capacità delle forze armate e di mantenere il loro stato di vigilanza di fronte a ogni sfida, sia in tempi di routine sia in casi di emergenza”.

La protesta contro Bibi all’inaugurazione della linea rossa, la nuova metro leggera, di Tel Aviv. “L’indipendenza del sistrema giudiziario è la nostra linea rossa”, urlano i manifestanti.

Alla riapertura del parlamento, dopo la pausa estiva, farà rumore la prossima grande battaglia, per tanti versi legata a quella contro la riforma della giustizia, la mobitazione contro la legge che consentirà ai giovani religiosi che studiano la Bibbia di essere equiparati ai giovani che fanno il servizio militare. Un disegno di legge che ha visto già cadere diversi governi, ma che questa maggioranza può finalmente far passare. In tal caso, è facile prevedere che le manifestazioni di piazza saranno ancora più massicce di quelle che si sono viste finora.

Un assaggio di quel che avverrà si è visto all’inaugurazione della nuova linea rossa della metro leggera di Tel Aviv, a Petach Tikva – punto di partenza della tratta –, quando il premier Netanyahu è stato duramente contestato da centinaia di manifestanti contrari alla chiusura della nuova metropolitana durante il riposo sabbatico, una decisione considerata dall’opposizione come un’ulteriore prova di sottomissione del governo al potere dei partiti religiosi che sono nell’esecutivo.

Significativo che alla cerimonia non abbia partecipato il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai, dal 1998 alla guida della città. Prima di ricoprire il ruolo di sindaco della metropoli, Huldai è stato pilota militare e comandante dell’aeronautica israeliana.

32 settimane di sfida alla riforma “dittatoriale” ultima modifica: 2023-08-19T11:50:17+02:00 da DAN RABÀ
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