Forse, Venezia

MARIA GAZZETTI
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In occasione del cinquantesimo anniversario del Deutsches Studienzentrum in Venedig (Centro Tedesco di Studi Veneziani) è pubblicato, in lingua tedesca, il volume commemorativo Deutsches Studienzentrum in Venedig. 50 Jahre Wissenschaft und Kunst. Brücken am Canal Grande, a cura di Marita Liebermann, Michael Matheus e Helen Geyer, edito dalla casa editrice Schnell & Steiner.
I trentuno contributi di scrittori e studiosi trattano varie ambiti e attività legate al Centro, dagli aspetti e valori architettonici e artistici della prestigiosa sede, Palazzo Barbarigo della Terrazza, ai contenuti oggetto di approfondimento in vari campi disciplinari, ai percorsi di ricerca realizzati. Tra i temi anche quelli riguardanti la storia dell’istituto, la politica culturale della Germania, le relazioni italo-tedesche, della realtà di Venezia.
Marita Liebermann, Michael Matheus, Helen Geyer sono i curatori del volume collettaneo.
Gli autori sono Mario Adorf, Hans Aurenhammer, Albrecht Berger, Armin Bergmeier, Klaus Bergoldt, Christoph Brech, Michaela Böhringer, Gabriele Clemens, Albrecht Cordes, Moritz Eggert, Martin Gaier, Maria Gazzetti, Andrea Gottdang, Annette Hüsch, Michael Klaper, Barbara Klemm, Barbara Kuhn, Clemens Kusch, Stefan Laffin, Marita Liebermann, Michael Matheus, Martin Mosebach, Claudia Märtl, Hans Josef Ortheil, Franz Oswald, Rolf Petri, Bernd Roeck, Giulio Salvati, Petra Schaefer, Stefan Schrammel, Manfred Schuller.
Qui di seguito siamo lieti di pubblicare, in italiano, il contributo di Maria Gazzetti, ringraziandola sentitamente e, con lei, Marita Lieberaman per averci concesso l’autorizzazione alla pubblicazione.

Versione originale in tedesco

Dal 2019 al 2021, con il poeta Jan Wagner e con Rainer Osnowski, fondatore del Festival della Letteratura di Colonia, ho fatto parte della giuria per borse di studio assegnate dall’Accademia Tedesca di Villa Massimo, da Casa Baldi e dal Centro Tedesco di Studi Veneziani di Venezia. Gli autori fanno domanda per una borsa di studio per soggiornare in Italia, in luoghi come Roma, Olevano o Venezia per un certo periodo di tempo, perché diventino il loro mondo e il loro laboratorio.

Roma e Venezia, un intrico di vie, viuzze e canali, l’una così meridionale e travolgente, ampia e vivace, l’altra, così settentrionale, teatralmente aggraziata e contenuta. Che tipo di viaggio in Italia desidera un artista, oggi, a Roma o a Venezia?

Si notavano, tra le domande per una borsa di studio per il Centro Tedesco di Studi Veneziani, diversi progetti con un riferimento specifico a Venezia. Che si trattasse di un romanzo familiare su una famiglia ebraico-tedesca, ambientata nel ghetto di Venezia, o di Olga, la compagna di Ezra Pound, o che si trattasse di un progetto di romanzo alla ricerca di certe tracce a Venezia, di lost places urbani – le roccaforti del turismo di massa diventate inabitabili – o del progetto di una graphic novel con motivi veneziani e gondole, erano progetti che, a differenza delle domande per altri luoghi di soggiorno, mettevano al centro la città di Venezia e la sua storia. Venezia era sorgente di motivazione o fonte d’ispirazione. Non si trattava tanto dell’immagine oggi in voga di Venezia come città statica, perennemente morente, città che si sta spopolando, città alienata da masse di turisti, ridotta oggi a offrire i suoi più bei palcoscenici quasi esclusivamente a sontuosi eventi anche in occasione delle diverse biennali d’arte.

E pensando così a Venezia, mi venivano in mente confronti con Roma, la città in cui ho ripreso a vivere da qualche anno.

Villa Massimo, Roma

Non ha senso paragonare le città, ma le città sono “stati d’animo”, e se ne può senz’altro parlare per come risuonano in ognuno di noi. Pertanto, per parlare di Venezia come luogo di soggiorno d’ispirazione per borsisti artisti, voglio iniziare con Roma.

Roma è molto più che una città, Roma è un “Weltwesen” (Ferdinand Gregorovius), un essere universale, e, più che una città, Roma è un’idea. Roma è stata l’Impero, la Chiesa, il Rinascimento, e questa idea continua a occupare un posto impareggiabile nella concezione dell’organizzazione del potere in varie nazioni europee, e non solo.

Adrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze romane, 1953

E l’immagine di Roma? Si può iniziare con la letteratura mondiale e terminare con il cinema, da Vacanze romane fino a La grande bellezza, in tutto il mondo se ne conoscono le immagini. La Roma quotidiana è quella della vita ordinariamente vorticosa per le strade, è la massa degli abitanti della grande città e dei turisti, è la Roma del panem et circenses dell’antichità, è l’esibizione prepotente del potere, del lusso, della povertà e del clientelismo, la Roma delle suburre nei quartieri più diversi, ma anche del cosmopolitismo. Qui vive ancora oggi tutto ciò che si conosce dell’antichità, perché è uno stile di vita che si può vedere a Roma dai tempi remoti fino a oggi. L’antichità è puro presente, per questo Roma è chiamata “la città eterna”. E così, sotto l’eterno cielo blu, con la luce qui particolarmente unica, intensa, chiara, con tutto il bello e il brutto, per strada, l’uno vicino all’altro, Roma è anche un enorme monumento di pietra davanti al quale in un primo momento si rimane incantati – e si guarda.

Per usare ancora le parole di Goethe,

negli altri luoghi è d’uopo ricercare queste [i luoghi più notevoli], e qui [a Roma], in tanta abbondanza, e cotanto vicine le une alle altre, si offrono quasi spontanee allo sguardo. […] Converrebbe avere cento mani, per poter descrivere tutto. A che cosa può servire una penna? Tanto più se si pensa, che si resta stanchi, quasi spossati dal continuo vedere ed ammirare. (Viaggio in Italia 7 novembre 1786, traduzione di Augusto Nomis di Cossilla, Rea edizioni 2021)

Da secoli, artisti da molti angoli del mondo visitano l’Italia, Roma soprattutto. In passato, erano mandati a Roma a spese delle loro Case regnanti; dal XIX secolo, sono state le accademie a mandare nella città eterna, centro della civiltà, artisti selezionati per studiare l’antichità. Col tempo, l’antico ha cessato di essere la motivazione di questo tipo di viaggi e premi, ma una borsa di studio a Roma è ancora desiderata dagli artisti e l’incontro con questa città, quindi proprio con l’antico, fa ancora un certo effetto, che lo si voglia ammettere o meno.

Roma è uno stile di vita che ricorda l’eternità di Roma, e gli artisti contemporanei che soggiornano qui nelle accademie straniere non possono reprimere la sensazione di non poter evitare gli antichi. Se vogliono sopravvivere come artisti devono far rinascere questi antichi rinnovandoli. A Roma non si sta senza avere propositi cosmopoliti, universali, disse una volta Theodor Mommsen.

Gli artisti che vengono a Roma lo sentono, e ce ne furono anche alcuni che a Roma dissero pubblicamente: Roma non m’interessa.

Una strategia di sopravvivenza comprensibile, anche se in un primo momento suona irritante. Perché camminare per Roma è un’esperienza profondamente sconvolgente che lascia di sasso davanti all’arte, anche se, per dirla con Ingeborg Bachmann, a Roma s’impara a “vedere e udire”. Anche Goethe voleva “imparare a vedere” a Roma, e ci riuscì. Rientrato a Weimar, poté dire di essere rinato come artista a Roma.

 Targa commemorativa a ricordo del secondo soggiorno veneziano di Johann Wolfgang von Goethe. La targa è collocata sulla facciata dell’edificio nel quale si trovava la “Locanda Della Tromba”, nella quale Goethe risiedette per quasi due mesi nella primavera del 1790.

Venezia: anche tutte le immagini di Venezia sono conosciute, dalle “pietre” di Ruskin alla Morte a Venezia di Thomas Mann. Sono sempre immagini di una città che continua a vivere in metamorfosi nella scomparsa eternamente prevista, “beltà lusingatrice e ambigua” (Thomas Mann). Venezia è davvero Venezia, ovunque, nella diversità degli stili architettonici, qui la città regna come un insieme architettonico, ma qui si entra costantemente in qualcosa di stabile, anche se in perenne movimento, per questo il corpo sa sempre come spostarsi. Essere a Venezia è soprattutto notare qualcosa con uno sguardo rivolto al futuro, essere stati resi produttivi in questo costante sottrarsi alla condizione della luce che scorre, è accorgersi di ciò che nasce nei nostri occhi e nelle nostre orecchie.

Nel suo libro Venezia è un pesce, lo scrittore veneziano Tiziano Scarpa ha descritto precisamente ciò che accade a Venezia, con gli occhi, con le orecchie, con i piedi, con il naso, con tutto il corpo. Ed essere a Venezia significa anche essere con se stessi, dover trovare un equilibrio nei riflessi, e anche essere specchio nello scintillio del sogno. Chi viene a Venezia è solo con se stesso, si perde per ritrovarsi in questo errare giocoso. E camminando così si ha un sentore di linee scomparse, si prova la meraviglia di un giorno luminoso. Così scriveva il poeta pietroburghese Joseph Brodsky, sepolto nel Cimitero di San Michele a Venezia, nel suo libro Fondamenta degli incurabili.

Si potrebbe anche dire: se Venezia è il luogo della potenzialità dell’arte, Roma rimane il luogo come idea, città delle rovine, delle antiche mostruosità imperiali, la città degli allucinanti marmi fascisti, delle piazze surrealiste, delle trovate dove domina l’istinto di trascinare giù tutto, idee, impulsi, progetti. Roma è ANCHE, innanzitutto, delirio d’immobilità, un artista si trova sempre di fronte alla sfida di dover prima superare tutto questo.

Venezia ha un Leitmotiv riconoscibile, lungo questo spartito di Venezia si può provare a essere artisti, nella laguna, con l’intreccio di calli, di suoni, tra acqua, aria e terra, sei tu che ti rigeneri sempre in essa. Essere a Venezia è trovare se stessi, può significare comporre musica ispirati da Luigi Nono, forgiare versi con Ezra Pound, sì, forse tutto questo accade a Venezia.

Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-1625

Si vaga e si assumono continuamente nuove pose nelle metamorfosi in questa città. Se Ovidio e Bernini furono a Roma, la metamorfosi continua a realizzarsi, senza sosta, a Venezia. “La notte, a Roma, par di sentire ruggire leoni” è l’inizio del romanzo Lorologio di Carlo Levi.

A Venezia, diceva Jean Cocteau, “volano i leoni”.

Sono due facce della stessa medaglia artistica che fanno parte del famoso viaggio in Italia, di quel mito dell’Italia che ancora oggi fa effetto e che, come ogni mito, ha molti volti e molte forme. Il Premio Roma, la borsa di studio di Villa Massimo, rimane il riconoscimento artistico più prestigioso tra i premi d’arte tedeschi, ma avere inclusa la città di Venezia nel programma di borse di studio per la letteratura è un valore aggiunto importante che arricchisce l’esperienza degli artisti in Italia e rende più profondo il loro incontro con l’Italia.

Quest’anno il Centro Tedesco di Studi di Venezia celebra il suo 50° anniversario. Auguro a questo Centro tedesco di Studi, così anticamente veneziano nel suo spazio, con la sua terrazza sul Canal Grande, di continuare il “Grande” lavoro e di vedere molti borsisti trovare ispirazione.

Traduzione dal tedesco di Sandra Paoli

Forse, Venezia ultima modifica: 2023-08-31T19:19:40+02:00 da MARIA GAZZETTI
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