Milano. Abbattere un bosco non fa rumore. È in periferia

A rischio edificazione una rara ampia area verde in una metropoli con il primato nel consumo del suolo.
LUIGI CORBANI
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Non tutti sanno che nella zona San Leonardo – Gallaratese, in via Federico Falck, esiste un bosco con quasi settecento alberi, alcuni con più di ottanta anni di esistenza: querce rosse, metasequoie, platani, bagolari, cedri, aceri, acacie, carpini, noccioli, cipressi, faggi, ficus, cachi, frassini, ginko biloba, hybiscus, noci, ginepri, pioppi, ligustri, magnolie, liquidambar, ligustrum, mori, abeti, parrotia, pini, prunus. Nel bosco vi sono anche varie specie animali: pavoni, usignoli, cardellini, merli, cornacchie, picchi verdi, perucchetti, monachelle, pettirossi, passeri, gazze, ghiandaie, colombacci, mini lepri, scoiattoli. Qui, in questo bosco di via Falck, durante la tempesta di luglio, sono caduti solo due alberi, di cui uno già ammalorato. Ma gli altri verranno abbattuti grazie a Sala e ai suo fidi dipendenti, l’assessore alla degenerazione urbana Tancredi e l’assessora al verde (si fa per dire) Grandi.

L’area è cintata e ora è presidiata da guardie giurate: oltre al bosco, c’erano un campo di calcio, quattro di calcetto, uno di tennis e uno di basket, e gli edifici di proprietà della Fondazione La Madonnina, della Curia di Milano, che gestisce la “Casa del giovane” sin dagli anni Cinquanta, un luogo di accoglienza e che fino a ieri era utilizzato per servizi destinati a soggetti fragili, come i minori stranieri.

La Curia sta vendendo l’area di 63 mila metri quadrati a due fondi, che, con la benedizione del Comune, intendono costruire 57.000 metri quadrati di edilizia residenziale: due torri da sedici piani, tre da quattrordici piani, cinque da dodici piani e altri sei o sette edifici più bassi: 0,90 mq. di edificazione per ogni metro quadrato di terreno. Per avere un’idea, l’indice generale del piano generale del territorio di Milano è di 0,35 mq/mq. Sono circa 1.500 abitanti in più, tra edilizia libera ed edilizia residenziale sociale, (che sia chiaro, non è edilizia economica e popolare, ma quella con canone concordato probabilmente a un livello appena inferiore a quello di mercato). Ci sarà anche uno studentato (il business che viene avanti a Milano) e si prevede che la Casa Famiglia Gerico, Centro diurno che lavora con i disabili, torni in loco una volta ultimato il progetto.

Adesso, nel progetto presentato al Municipio 8, parlano di abbattere “solo” 136 alberi, comunque più di un quarto degli alberi abbattuti dalla tempesta di luglio. Ma perché non salvarli tutti? Parlano anche di piantare 715 essenze in loco e nelle zone limitrofe. E quanti anni ci vorranno perché le 715 “essenze in loco” diventino alberi e svolgano la funzione di quelli esistenti ? E che vuol dire restituire la zona a verde alla cittadinanza? perché non ridurre le volumetrie esclusivamente alla ex cava?

La parte nord di questa area è un bosco a tutti gli effetti ed

è quindi automaticamente soggetto al vincolo paesaggistico, mentre la parte a sud presenta una componente vegetale di rilevante interesse ambientale.

Così dichiara Alberto Guzzi, agronomo ed ex comandante del corpo forestale dello Stato, a cui è stata chiesta una relazione dal consigliere comunale Enrico Fedrighini (così riporta Milano Today).

Il Comune potrebbe tutelare l’interesse generale?

Ora, il Comune di Milano dovrebbe fare un’altra operazione: acquisire questa area e fare una permuta con altre strutture di proprietà comunale. Per esempio, alloggi e negozi sfitti in quartieri di edilizia popolare o di affidare la Cascina Colombè di Sopra Cascina di Calvairate, invece che alla Sogemi come annunciato. In questo modo si concilia “il diritto all’ambiente, e il diritto a continuare a fornire assistenza a chi ha bisogno nella nostra città”, come ha chiesto il Presidente della Fondazione La Madonnina, Giovanni Carrara.

Capisco l’esigenza di recuperare dei soldi, ma l’operazione edilizia sull’area di via Falck, come si vede dal rendering e dai dati, appare davvero eccessiva, tanto che ci è affidati a ben due fondi: la Investire sgr (59 per cento della Banca Finnat della famiglia Nattino, e 8,6 per cento della Fondazione Cariplo) e la Redo sgr (40 per cento Fondazione Cariplo, 30 per cento Cassa Depositi e prestiti, 10 per cento Intesa San Paolo, 20 per cento Investire sgr). La Redo, di cui è presidente l’avv. Carlo Cerami, se non erro, è anche coinvolta nella operazione Macello di Milano.

A proposito, il presidente della Sogemi, ovvero dei mercati all’ingrosso – rinnovato già per tre volte (ma non c’era il limite di due mandati nelle aziende comunali ?) – è uno specialista del settore immobiliare per cui è anche membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Lambriana, Ente per attività Religiose e Caritative della Diocesi di Milano, che è interessata all’area di via Falck.

Il primato di Milano nel consumo di suolo e nell’assenza di verde.

Capisco quindi la potenza degli interessati, che tuttavia non hanno ragione solo perché potenti. Certamente il Comune di Milano potrebbe iniziare in quella zona una politica di creazione di aree a verde, che recuperi il consumo di suolo. Milano è collocata negli ultimi posti per aree verdi (40,33 per cento) sul totale del suolo e solo terz’ultima per superficie vegetata su quella urbanizzata (35,12 per cento). Dopo Roma e Venezia è la città che, nel 2021, ha eroso più ettari di terreno. Nel 2021 (pieno Covid) Milano, ad esempio, si è mangiata altri 19 ettari. E come scrive Gianni Santucci il 23 marzo 2023 sul Corriere della Sera

Milano ha perso sei milioni di euro (e 138 ettari di nuovi boschi) per il 2022. E altri sei milioni di euro per il 2023. Fondi già disponibili, e che avrebbero avuto una destinazione vincolata e allo stesso tempo assolutamente vitale per contrastare l’inquinamento nell’aria e l’effetto “isola di calore”, che con i cambiamenti climatici rischia di diventare un’emergenza primaria nei prossimi anni. Quelle risorse sarebbero dovute servire per piantare 138 mila alberi l’anno scorso e altrettanti quest’anno, con l’obiettivo di riforestare e creare nuovi boschi su 276 ettari di territorio nella Città metropolitana. Si tratta di finanziamenti compresi nel capitolo «Forestazione urbana, periurbana ed extraurbana del Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dall’Unione europea. Da verifiche informali, sentita la stessa Città metropolitana ed alcuni dei comuni più grossi interessati, si è appreso che, alle condizioni del bando, è quasi impossibile poter aderire. L’Area metropolitana di Milano, infatti, ha un’altissima densità abitativa e risulta quasi impossibile procedere ad un’opera di rimboschimento di tre ettari (per le aree meno antropizzate si salirebbe a dieci ettari).

Semplicemente: tra città, industrie e agricoltura, tra Milano e provincia, non c’è più spazio per creare nuovi boschi.

E allora, già che ci siamo, si abbattono gli alberi e il bosco di via Falck.

La Giunta Sala fa più danni della tempesta.

Piangi, che ben hai donde, Milano mia.

Milano. Abbattere un bosco non fa rumore. È in periferia ultima modifica: 2023-09-10T17:32:57+02:00 da LUIGI CORBANI
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1 commento

Vitaliano Tiberia 13 Settembre 2023 a 16:19

Inammissibile! Ma alla Curia milanese non interessa più quanto ha realizzato il Creatore!?

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