In una città come Venezia il trasporto pubblico (PUBBLICO!!!) è qualcosa di più di un semplice vettore che dà mobilità alle persone. È una sorta di sistema integrato nella vita di ogni abitante e il motivo è molto semplice: il centro storico di Venezia altro non è che un assieme di 121 piccole isole collegate tra loro da 436 ponti. Senza contare le altre isole cosiddette “maggiori”: Murano , Burano, la Giudecca, Sant’Erasmo, Pellestrina, Lido e altre ancora. Le normali attività quotidiane sono indissolubilmente legate alla possibilità di muoversi sull’acqua; andare a lavoro e tornare a casa, portare i bambini a scuola, fare le spese, andare all’ospedale, uscire con gli amici… Naturalmente vi è la possibilità, (perché è la città stessa c’impone i suoi tempi), di godere di lei come andrebbe goduta: a piedi. Ma dove questo non è possibile? Si deve per forza di cose usufruire di un mezzo acqueo del trasporto pubblico, ma i calcoli che una persona fa nel momento in cui esce di casa, sono basati spesso sull’orario di passaggio del mezzo pubblico. Non ci sono alternative.
In linea di principio la rete e l’efficienza della rete di Tpl (Trasporto pubblico locale) in una città come questa dovrebbe calzare a pennello come un bellissimo vestito da sera su misura addosso a una bella signora.
Forse una volta…
Attraverso la puntualità dei mezzi pubblici ci si poteva regolare l’orologio (parola di Arrigo Cipriani), ma oggi sembra non essere più così o quanto meno non si può più dare questo per scontato. Si consideri ad esempio che, al pari della quotidiana invasione turistica, i tempi di percorrenza delle linee del Giracittà 5.1/5.2 e delle circolari 4.1/4.2 sono rimasti, per quanto riguarda il giro della città, di un’ora e venti (orario invernale) e non più un’ora e trenta (orario estivo).
Sembrano solo freddi numeri ma riflettetendoci una differenza di dieci minuti in considerazione dei tempi d’imbarco dei passeggeri, dell’alta densità di traffico e del resto, sarebbero più che ossigeno per evitare gli ormai inevitabili ritardi con la solita insensata conseguenza che le lamentele investono sempre e solo gli equipaggi e mai coloro i quali hanno preso dall’alto tali decisioni.
Actv s.p.a. Azienda del trasporto pubblico locale oggi appartenente alla Holding partecipata del Comune di Venezia Avm s.p.a., è “prigioniera” del sindaco-imprenditore Luigi Brugnaro, che, attraverso i vari assessori interessati e a un management in totale sudditanza, la sta letteralmente piegando ai propri voleri. Ne sta distruggendo la storia ma, quello che è ancora peggio, oltre al vile attacco al lavoro, mettendo sul piatto come alibi la pandemia, sta attaccando gli ultimi veneziani della “riserva”, sì, come al tempo degli indiani d’America.
Ma per forza di cose, allo scopo di avere una visione più ampia e chiara di ciò che sta avvenendo, dobbiamo fare un passo indietro fissando alcuni punti fondamentali.
La questione irrisolta e da sempre mal gestita del Tpl non inizia certo con la pandemia anzi… Le criticità sono sempre state molte ma, tolto il fatto che non si è mai avuta la lungimiranza civica di ottimizzarla rispetto alle dinamiche di vita della città, le reali necessità delle risorse finanziarie e infrastrutturali sono sempre state compensate dalle abnormi entrate economiche che, proprio attraverso la presenza massiccia del turismo di massa, in qualche modo hanno sempre “coperto”. Ma non solo. La navigazione di Actv in realtà è da sempre stata un enorme imbuto nel quale far confluire denaro sonante direttamente nelle tasche del Comune che a sua volta ha poi “distratto” in altri ambiti estranei paradossalmente proprio al Tpl.
In pratica il Comune ha introitato e introita i soldi da Actv usandolo come un Bancomat per “altro”, al quale non torna indietro un bel nulla. A volte forse solo gli avanzi. Ed è evidente.

PROMISCUITÀ
Ecco la parola-chiave per cominciare a comprendere meglio uno dei maggiori handicap che hanno trasformato nel tempo un servizio di trasporto pubblico d’eccellenza, spesso, invece, in convogli di carri bestiame: le linee 2 da P.Roma su Rialto e viceversa in determinati orari, e non solo, ne sono prova evidente, ma tanto a bordo di quei mezzi, dal sindaco all’assessore alle partecipate, dall’assessore alla Mobilità ai manager, non si vedranno mai. Il problema è sorto quando c’è stata l’impossibilità oggettiva di dare una mobilità dignitosa alla cittadinanza per consentirle di spostarsi in città in modo civile, contemporaneamente al dover trasportare migliaia di turisti touch&go verso le più importanti attrattive di Venezia e le conseguenti direttrici (Piazza San Marco, Murano, Burano, Lido di Venezia) tutti insieme uno sopra l’altro; i veneziani a lottare con carrelli della spesa, deambulatori, carrozzine per disabili, zainetti della scuola e i turisti che, proprio conseguentemente al fatto che immaginano di visitare un parco a tema, VeniceLand appunto, salgono a bordo dei mezzi Actv con lo stesso atteggiamento con il quale si sale a bordo di una giostra, a farsi largo per fare le foto ai meravigliosi palazzi, alle gondole, ai “topi” che trasportano le merci, alle idroambulanze che corrono per i canali a sirene spiegate. Nessuna politica sulla discriminazione dei flussi a terra e linee dedicate, nessuna idea sul come decongestionare i vaporetti e i motoscafi costantemente a pieno carico anche quando tutto ormai è diventato prevedibile, programmabile e pianificabile.
Devi avere la fortuna di salire a bordo di una linea 1 alla Ferrovia direzione Lido prima dell’arrivo di un treno a lunga percorrenza sennò sei fritto. È come se a Bologna, Firenze, Roma i turisti affollassero gli autobus di linea per farsi i giretti in città e questo non consentisse al normale cittadino di salire a bordo per le normali attività quotidiane. Arrivati infatti ai due capilinea, che siano il Lido di Venezia o P. le Roma, molti non vogliono sbarcare per il desiderio di farsi un altro giro sul “Brucomela” del Canal Grande…
Qualcuno potrebbe obiettare che nel Trasporto pubblico locale non si può discriminare il “cliente”. Tutti hanno diritto di salire a bordo e che quindi pianificare linee specifiche non è possibile. Però quando si vuole è possibile sperperare i soldi pubblici per obrobri agghiaccianti come i tornelli “Priority” che nel loro intento avrebbero dovuto consentire l’accesso prioritario ai possessori di Carta Venezia ma che in realtà si è trasformata in una vera e propria farsa.
Per non parlare di questo aspetto che non deve sfuggire: una famiglia di quattro turisti che hanno pagato quattro biglietti 48h da 35 euro a testa, (totale 140 euro), rispetto alla procedura dei tornelli, avranno diritto a imbarcarsi dopo un passeggero che ha pagato magari l’abbonamento mensile (1,20 euro al giorno). Per il residente isole ancora meno (0,67 centesimi al giorno!!!). E con il rischio di rimanere a terra. A Venezia si dice: “becchi e bastonai”. Senza contare la patente del “mi entro per l’uscita perché go l’abbonamento”. Hai l’abbonamento? Licenza di uccidere. E la cosiddetta “LINEA 3” per i veneziani, chi se la ricorda? Nata zoppa già al taglio del nastro in pompa magna.
Adesso un ex consigliere comunale di opposizione, all’epoca sulle barricate contro questa “ideona”, è da prima passato magicamente all’interno del Cda di Actv e poi, ciliegina sulla torta è diventato un muto assessore dell’attuale maggioranza comunale. Naturalmente adesso tutto va bene. Viva l’Italia.
Ma allora è possibile o non è possibile creare un qualcosa che oggi abbia un senso per come è offerta Venezia?
Inettitudine? Nella migliore delle ipotesi.
Si tratta invece di mero calcolo diabolico sull’investire il meno possibile riducendo al minimo le risorse per tenere in piedi una rete di Tpl ormai obsoleta e quantomeno da riconcepire. Tanto i turisti pagano e i veneziani anche. I lavoratori? Si arragino e ci ringrazino, di che cosa si lamentano?
Indossare oggi una polo con un logo Actv autorizza chiunque a insultare, ingiuriare, minacciare, augurare la morte per tumore ai figli, sputare, tirare calci e pugni, schiaffi a chi ha il “privilegio” di indossarla, con la garanzia nel 99 per cento dei casi di rimanere impunito. Nel tempo niente e nessuno ha messo in atto alcun deterrente per fa scemare questa pratica vigliacca e il messaggio implicito è proprio questo: fate pure. E la stampa locale, a questo ignobile “sport nazionale”, ha dato nel tempo il suo bel contributo.
Ma il personale del “movimento” non è per sua “fortuna” solo un pungiball o un gabinetto dove vomitare tutte le frustrazioni dei passeggeri, il personale, al bisogno, può fungere da trova-cose, psicologo, poliziotto, badante, maestro dell’asilo, facchino, cicerone, prenotatore di camera presso l’Hotel xy, soccorritore, rianimatore, e chi più ne ha più ne metta. Ah, e per lavorare deve chiedere “permesso”, unico posto di lavoro al mondo dove lo spazio tra lavoratore (marinaio) e “cliente” è pari a zero e se in 25 metri di barca il turista inebriato dalle bellezze cittadine mette le mani sulla bitta dove il marinaio deve lavorare, egli deve anche subirsi gesti di stizza…
L’inefficienza e l’inadeguatezza evidente dei “professionisti” nel gestire un asset strategico come il Tpl, si scarica e si è sempre scaricata sui lavoratori in frontline a rispondere di responsabilità che non hanno. Una sorta di Armata Brancaleone (la maggior parte della quale non abita nemmeno a Venezia) lautamente pagata a suon di premi sugli “obiettivi raggiunti”; l’obiettivo cioè di aver mandato avanti la baracca con il minimo indispensabile e con ciò che si è risparmiato ricchi premi e cotillon.
È qui che comincia il bandolo della matassa per comprendere l’equazione BENE PUBBLICO = PROFITTO e questa amministrazione sta dimostrando in ciò un’attitudine senza pari con l’arrogante strafottenza alla “io so io e voi non siete un c…”, come il beneamato Marchese del Grillo ci ha insegnato. Le elezioni le abbiamo vinte noi e si fa come diciamo noi. Altro che confronto democratico.

ARRIVA LA PANDEMIA (per quelli dalla memoria corta)
Il 21 febbraio del 2020 era un venerdì e a Codogno (LO) cominciò a succedere quel che successe. Il giorno dopo fu il turno di Casalpusterlengo (LO) e Vò (PD). Si attivarono i primi focolai e negli ospedali la gente cominciava a morire. E mentre l’Italia cominciava a chiudersi e la gente a blindarsi in casa, il sindaco-imprenditore Luigi Brugnaro pensava bene di non interrompere i festeggiamenti del Carnevale tanto che la domenica del 23 febbraio ventimila persone affollavano ancora Piazza San Marco mentre i primi pazienti venivano ricoverati all’Ospedale Civile di Venezia. Per fortuna Zaia mangiò la foglia, sennò, fosse stato per il sindaco, chissà… E lo si può evincere da quel micro video nel quale si vide lui e la moglie quasi prendere in giro tutti ridicolizzando la situazione.
Cosa facevano i lavoratori del Tpl mentre il mondo si chiudeva in casa e tutti facevano scorta di derrate alimentari e generi di prima necessità in puro stile guerra termonucleare globale? O mentre ogni giorno i telegiornali diramavano il bollettino dei morti come in guerra? Garantivano la mobilità a chi rimaneva sul campo: agli infermieri, alle Forze dell’Ordine, alle cassiere e ai magazzinieri dei supermercati, ai medici di famiglia, agli operatori Veritas e a tutti coloro che non potevano permettersi di proteggersi.
E mentre accadeva tutto ciò nei battelli via radio agli equipaggi veniva vietato di indossare le mascherine di protezione individuale (portate da casa) “per non creare disagio e panico a bordo tra i passeggeri”. E intanto la gente moriva. A centinaia. Tutti blindati a casa o in smart working e i lavoratori del trasporto pubblico fuori, soli, senza protezioni, a mangiare panini portati da casa sotto il ponte di Calatrava perché tutte le attività erano chiuse o nei pontili non ancora sanificati.
E i cari a casa? I figli? Le mogli incinte? I genitori anziani? Quanto di quello schifoso virus i lavoratori si sono portati in casa?
I lavoratori del Trasporto pubblico andavano a lavorare perché, come servizio essenziale, si doveva e perché, per quanto a molti farà comodo non crederci, i lavoratori Actv per far andar avanti la baracca, hanno sempre dato qualcosa in più.
Sarebbe bastata una pacca sulla spalla, invece, mentre il lockdown imponeva il divieto della libera circolazione e i decessi si calcolavano a camionate, i lavoratori erano fuori a fare il loro dovere.
C’era chi invece in quelle ore si fregava le mani perché dopo “l’aqua granda” era finalmente arrivata la “grande occasione” per sferrare finalmente il grande attacco speculativo al Tpl, né più né meno quello che hanno messo in atto gli avvoltoi della ricostruzione approfittando del terremoto in Centro Italia: l’avidità della catastrofe.
Come ringraziamento a questo senso del dovere dei lavoratori Actv si è pensato bene “visto l’evento pandemico” e l’insostenibilità del costo del personale e viste anche le “regalie” accumulate negli anni, di togliere senza se e senza ma dodici riposi nell’arco dell’anno, cinque giorni di ferie d’estate sui quindici previsti per legge, ridurre le soste fisiologiche, aumentare il carico lavoro nei turni, con l’obbligo a norma di DPCM governativo di far rispettare le regole sulla capienza dei mezzi ridotta al cinquanta per cento, tutto naturalmente senza aggiungere servizi aggiuntivi.
È stato un attacco alla città su due fronti: al Lavoro e ai Servizi ai cittadini, ma ciò che è più diabolico è stato il concepire “in laboratorio” una vertenza sindacale irricevibile da parte dei lavoratori così da addossare a loro le colpe dei disservizi. Sarebbe stato come dire alle cassiere della Coop e agli operatori ecologici che, siccome durante la pandemia hanno lavorato e gli altri no, da domani avrebbero dovuto prendere meno soldi, avere meno diritti e starsene anche zitti. Far trovare quindi meno merce sugli scaffali e addossarsene la colpa. Follia pura.
“Non vogliono firmare un nuovo accordo”; se non ci sono i battelli o se sono in ritardo è colpa dei lavoratori ed ecco spiegato il perché: si lavorava con tempi di percorrenza invernali e con conseguenti servizi ridotti (diktat di Brugnaro), comunque con un Paese in zona bianca e i logici disservizi erano addossati in maniera ipocrita a chi stava sul campo. Ovviamente a sostegno di tutto questo c’era la stampa locale che certo non è da premio Pulitzer e uno storico gruppo social su Facebook uso al dileggio e all’incitamento all’odio verso i lavoratori Actv, attivato ad hoc come scimmie ammaestrate al circo.
Il sndaco apre bocca “sciopero bianco”, “sabotaggio”, inventava le balle e immediatamente le scimmie gli facevano da coro aizzando il popolo. Il tutto condito da titoloni cubitali dai giornali locali. Imboscate in piena regola senza un contradditorio, senza un serio confronto sui contenuti, sapientemente e in modo codardo senza aver mai sentito “l’altra campana”.
Domanda: perché su 930 aziende del Trasporto pubblico locale in Italia che impegnano circa 124.300 addetti, Actv è l’unica in Italia sott’attacco? Consideriamo che il governo ha coperto lo sbilanciamento finanziario per il 2020 e per il 2021 a suon di milioni di euro e che per il 2020 Avm chiuse con un attivo di 150.000 euro. Di cosa stiamo parlando? Di PROFITTO!! Di violento attacco al costo del lavoro. Di pura mentalità imprenditoriale, de schei e basta, di business col deretano degli altri. Alla faccia del ruolo sociale che dovrebbe avere un sindaco e tutti i suoi sostenitori, che altro non fanno se non dire sempre sì con la testa come degli asserviti e bravi cagnolini da compagnia.
E adesso la parte più “edificante”: l’Azienda comunicò le sue intenzioni con una missiva datata 26 gennaio 2021. C’è la pandemia: si tagliano “doverosamente” diritti e servizi ma solo per i lavoratori e a caduta naturalmente anche per i cittadini, tanto questi ultimi daranno sempre la colpa ai lavoratori-plebei-privilegiati. Per i manager e per i quadri invece la pandemia non è esistita ed è per questa ragione che in pieno lockdown si spartiranno in ogni caso migliaia di euro a testa di premi per gli obiettivi raggiunti, in aggiunta l’ammontare naturale dello stipendio previsto per contratto di circa 180.000 euro l’anno.

E già che ci siamo, mentre i plebei andavano in cassa integrazione, furono assunti per chiamata diretta (naturalmente il giorno prima della cassa integrazione) quattro ingegneri esterni, uno dei quali, guarda caso, era appena stato eletto come vice-presidente del Consiglio della Municipalità di Venezia-Murano-Burano nella lista Brugnaro. Eh si, perché un’altra operazione post elezione è stata proprio quella di infiltrare con i suoi uomini varie partecipate del Comune.
La pandemia non ha colpito tutti allo stesso modo.
Ecco in realtà che cos’era stato il cosiddetto “sciopero bianco”: l’impossibilità tecnica di tenere un servizio dolosamente ridotto all’osso, dandone la colpa ai lavoratori, accusandoli oltremodo di essere degli ingrati privilegiati e dichiarando a mezzo stampa falsità riguardo ai loro reali redditi.
Qual è quindi oggi la sfida? Innanzitutto, scollare e separare le vere cause di un Tpl anacronistico, dall’infame attacco ai diritti ai lavoratori e a questa vertenza sindacale. Sono due facce della stessa medaglia: colpire i cittadini veneziani usando come sponda i lavoratori Actv. L’accordo non c’è ancora perché, alla fine dei conti, all’Azienda fa comodo che non si trovi. “Sciopero bianco”? Altro non è che il rispetto della legge. Tempi di percorrenza storicamente calcolati senza tener conto dei tempi di sbarco e imbarco, della densità di traffico, dei “speta n’atimo”, dei malori, dei “mi no pago el biglietto”, delle avarie, dei limiti di velocità.
Se un autobus non fa i 150 km/h in Corso del Popolo perché mai invece dovrebbe farlo un vaporetto in Canal Grande ?
In qualche modo questo imbuto di soldi continua a buttare e bisogna per forza tenere in piedi tutta la galassia di altre realtà di interesse comunale che con il Tpl poco c’entrano. Allora si chiudono i rubinetti agli operai e ai cittadini che ormai vivono nella riserva ma lo spettacolo deve continuare: e quindi Salone Nautico, grandi eventi, mutui del tram e compagnia, correzioni di altre partecipate in perdita, occasioni per gli amici, sprechi strutturali.
La pandemia avrebbe dovuto creare l’occasione, il treno da non perdere, per mettere in discussione un nuovo modello di sviluppo per la città che in tanti amano, e per i suoi concittadini consapevoli del luogo in cui abitano e lontani dalle logiche da pappone che usano le “bellezze” come attrazione per intascare facilmente denaro sonante. Sfruttandole.
L’occasione c’è stata e c’è ancora ma solo per un’accelerazione verso la grande operazione del “Parco Divertimenti”. L’entrata a VeniceLand sarà alle sue porte: Laguna Nord (accesso Hub San Giuliano), Laguna Sud (accesso ai Pili), grandi parcheggi, società private che non saranno certo Actv che trasporteranno frotte di turisti né più e né meno come le famiglie che entrano a Gardaland.

Un’azienda di Tpl più piccola perché di certo i veneziani saranno sempre meno e gli stipendi dei lavoratori rimasti saranno parificati al privato. E chi si lamenta fuori dalle scatole e avanti un altro. Sullo sfondo grattacieli che svettano da Viale San Marco in poi, stadi da mille e una notte, luci strobo, pseudo alberghi-dormitori-alveari per i morti di fame, ma se vuoi dormire in superlusso dentro Venezia ecco pronta una location apposita nell’area degli ex cantieri Actv. Nessuna politica sulla mobilità sostenibile e dignitosa, nessuna politica sulla residenzialità pubblica per famiglie e affitti agevolati, nulla sul verde, nulla su un’offerta sulla Sanità più su misura per Venezia e l’esempio collegato al Tpl è che l’unico ospedale veneziano è servito da un unico pontile Actv dove passano ben sei linee (quattro Actv, due Alilaguna). Questo è un altro elemento che aggiunge ritardi ai ritardi; sbarcare o imbarcare ultraottantenni in carrozzina o con difficoltà deambulatorie necessitano di tempi tecnici adeguati, senza calcolare, a maggior ragione, che quel pontile è al centro di tre istituti scolastici… però per mettere i pontili per i grandi eventi all’Arsenale o per il Redentore i soldi non mancano mai… con il Bancomat Actv. Già che ci siamo privatizziamo anche le scuole e dentro a ogni realtà dove questa amministrazione ha e sta mettendo i suoi tentacoli arriveranno contingenti di lavoratori sottopagati mandati dall’Umana. Con un vecchio stipendio di un lavoratore adesso ne paghi tre.
Fantascienza ? No realtà attualissima.
Mandanti ed esecutori di questo attacco agiscono strafottenti alla luce del sole. E se qualcuno si dovesse chiedere dove sono stati i sindacati in tutto questo la risposta è presto data con un’antica espressione ma tra le più eloquenti: “c’è ma non si vede”.
È evidente che dopo tre anni di “disdetta unilaterale” la situazione per i lavoratori non solo è peggiorata ma è ormai cementata come status quo. L’efficacia e la ricadute delle varie iniziative che a volte hanno portato (non tutti i sindacati) a un aspro confronto, si sono rivelate essere di fatto inutili. Le ragioni? Ai posteri l’ardua sentenza. Al di là delle dietrologie di certo è mancato il principio base di tutte le “rivoluzioni” o comunque il cardine che impedisce agli uomini di non abbassare la testa di fronte a tutte le forme di ingiustizia. Soprattutto quelle sociali: dire NO, e dire NO coralmente e in forma unitaria da parte dei cosiddetti “difensori dei diritti dei lavoratori”, è evidente che per adesso è pura fantasia.
Forse è già troppo tardi ma l’unica possibilità sarà forse quella di unire trasversalmente tutte le forze sul campo attente a quello che sta accadendo, e organizzare una “resistenza civile” per impedire l’inesorabile avanzamento di questa “grande abbuffata”.

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